Slayer – Divine Intervention (1994)

Titolo: Divine Intervention
Autore: Slayer
Genere: Thrash Metal
Anno: 1994
Voto del redattore HMW: 8
Voto dei lettori: 10.0/10
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1991, Clash of the Titans. Gli Slayer affrontano un mastodontico tour mondiale con altri mostri sacri del metal come Anthrax, Megadeth, Testament, Suicidal Tendencies e Alice in Chains (questi ultimi un po’ meno metallari, ma sicuramente indiscussi dèi del grunge che hanno sempre strizzato l’occhio a sonorità più spinte). Chi c’era può ritenersi fortunato, chi non ha avuto l’onore di partecipare ad almeno uno di questi concerti può ascoltare la raccolta delle migliori performance di Araya e compagnia nel live album “Decade Of Aggression” (1991). L’importanza di questo evento è dovuta all’abbandono, a spettacoli terminati, di Dave Lombardo, uscito dalla band per alcuni dissidi con gli altri compagni di merenda.
I fans più ortodossi non hanno ancora digerito la dipartita del batterista cubano (che nel frattempo è tornato e ha successivamente riabbandonato il gruppo), anche perché con tale evento la storia della band è cambiata radicalmente, a partire dal sound, progressivamente incupito e arricchito di nuovi elementi compositivi.
Alcuni fan all’ascolto di questo album hanno storto il naso quando non hanno sentito che il riff della traccia 1 non era quello di “Raining Blood”: disastro! Ma a sentirlo bene questo cd, o meglio, a sentirlo senza pretendere di essere gli artisti che lo scrivono, ci lavorano e lo registrano, forse è anche meglio di quelli di prima. “Divine Intervention” inizia con un pathos niente male scandito dalla batteria del nuovo arrivato, Paul Bostaph, che dimostra di essere tanto preparato da non far sentire l’assenza dello storico uomo che stava dietro le pelli nei capolavori precedenti (non è un caso se lo avevano già chiamato a suonare per i Testament).
“Killing Fields” è il primo pezzo dell’album e si dimostra davvero ben articolato, con una grande abilità compositiva della band che si è dimostrata capace di spaziare musicalmente in nuovi ambienti senza cambiare il proprio marchio di fabbrica (e senza tentare di imitare i Nirvana per far soldi), fondamentale impronta il cui sound rende i brani ancora più cupi e spaventosamente belli (ascoltate “Fictional Reality”, che è di una violenza unica, e perdetevi con la mente nell’assolo di leve a partire dal minuto 01:40, con tanto di ritmica che ricorda i cari Black Sabbath).
Insindacabile il giudizio sulle chitarre, di qualità eccezionale, arricchita da un certo pluristilismo degno di nota. Per Tom Araya però è la lode principale, perché il suo timbro di voce è rimarcato e potente, tanto cattivo da piombare nei timpani di chi ascolta, segno di un ennesimo miglioramento delle abilità canore.
“Sex. Murder. Art.” è il pezzo da pogo assicurato, che aggiunge un tocco di pregevolezza in più, anche perché non si può non gridare “You’re nothing, an object of animation, a subjective mannequin, beaten in submission, raping again and again!” al momento del ritornello. Inoltre le tracce di batteria sono davvero superlative, l’uso smodato di doppia cassa e il riempimento del suono con il China regalano ai brani un senso di completezza che arricchisce la qualità dell’ascolto. Paul Bostaph è l’arma vincente dopo la grave defezione che sembrava poter sbaragliare la band.
“Dittohead” va ascoltata a tutto volume. Anche se non è per niente facile sopravvivere ai due minuti e mezzo di headbanging, ma in fondo sono piaceri a cui non si può rinunciare, quindi… Nothing to regret! Degne di nota sono anche le tematiche dei brani, soprattutto l’aspra critica politica di quest’ultimo, che inquadra e scalcia nel culo l’americano medio e il repubblicano medio (rappresentati da Rush Limbaugh, considerato un eccelso opinionista) con un’adulazione ironica che inganna talvolta il pubblico facendogli credere che a scrivere siano dei nazisti e repubblicani anche loro.
Stesso discorso vale per “SS-3”, brano criticato dai più per le tematiche appunto naziste (si parla del massacro di Lidice, vicino Praga, ad opera della Gestapo) nonostante Tom Araya abbia esplicitamente espresso come la band non può per natura (Lombardo e Araya sono immigrati negli USA) essere di quell’orientamento politico.
Mica fessi gli Slayer, non hanno da parlare solo di diavoli cattivi e bestemmie, anzi, il crudo realismo fa da padrone nei testi dell’album, più spaventoso di qualunque cosa si possa inventare per terrorizzare la gente. In “Divine Intervention”, la title track, ci si può davvero perdere, perché il brano è uno dei migliori e non è considerato un grande classico probabilmente perché troppo poco affine agli altri, ma è uno dei pezzi più riusciti della storia del gruppo, al quale seguono “Serenity In Murder”, pubblicato anche come singolo, dalle forti sonorità sperimentali a seguito di un’intro davvero potente e “213”, un pezzo macabro dal principio – con l’arpeggio iniziale che mette i brividi – alla fine. Anche perché questo brano parla, come fosse una canzone d’amore, di un altro pazzo serial killer necrofilo e cannibale, tale Jeffrey Dahmer.
“Circle Of Beliefs” è un brano veloce, potente e provocatorio in termini religiosi, per mantenere viva la buona tradizione della band, che ha anche inserito nel booklet dell’album il simpatico acronimo “Satan Laughs As You Eternally Rot”. Infine, a chiudere il cerchio il brano numero 10 dell’album, che non è “Raining Blood”, ma la devastante “Mind Control”, il cui testo criptico sull’alterazione dello stato mentale ha lasciato aperta ogni possibile interpretazione (quando a scrivere sono King, che era lo studente migliore del liceo, e Araya, i testi sono complicati e articolati a scapito della rima baciata, che però rende tutto più pogabile).
Ascoltato tutto, questo album crea dipendenza, e dimostra che gli Slayer ci sanno fare anche nel 1994, quando altri si tagliavano i capelli e facevano musica da MTV. A proposito di televisione, può bastare accenderla per scrivere un capolavoro come questo? Secondo Tom Araya sì, anche se in aggiunta bisogna odiare la vita per un po’. Buona lezione per tutti gli aspiranti musicisti, che però devono assicurarsi che il proprio produttore faccia bene il suo lavoro quando mixa e si occupa del mastering, l’unica pecca dell’intero disco che abbassa il voto complessivo da un 10 per la bellezza, la creatività, la provocazione e anche la simpatia perché siamo i fans ufficiali a un bell’8 comunque meritato, perché “Divine Intervention” è un album da amare, se non si è tedeschi.

Tracklist:

1. Killing Fields
2. Sex. Murder. Art.
3. Fictional Reality
4. Dittohead
5. Divine Intervention
6. Circle of Beliefs
7. SS-3
8. Serenity in Murder
9. 213
10. Mind Control

Line-up:

Tom Araya – Vocals, Bass
Paul Bostaph – Drums
Kerry King – Guitars
Jeff Hanneman – Guitars

Sito ufficiale: http://www.slayer.net
Facebook: https://www.facebook.com/slayer

Recensione realizzata da Lorenzo Latino di Slaytalian Army

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