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Benvenuti al “Dark side of Santa Claus”, un’altra manifestazione targata Bologna Rock City, che ha visto i milanesi Macbeth impegnati come headliner. Le righe che seguono sono il frutto della conversazione avuta con Morena, voce femminile della band, nella pausa tra il soundcheck e l’esibizione sul palco del Kindergarten, e ha avuto luogo nel backstage dalle pareti multicolori del medesimo locale. Nonostante la precarietà della situazione, i contenuti del dialogo sono risultati estremamente interessanti…
Allora, Morena, i Macbeth hanno da poco superato i dieci anni di attività, ci puoi fare un breve riassunto della vostra attività?
I Macbeth si formano nel lontano 1995, e producono una prima demo con una vecchia formazione; attualmente i Macbeth hanno una formazione diversa rispetto alla demo e al primo album. Poi hanno subito firmato un contratto con la Dragonheart, per tre dischi. Con la vecchia formazione esce “Romantic Tragedy’s Crescendo”, che vende parecchie copie, e soprattutto si forma in un periodo in cui il gothic era di moda, stava esplodendo in quel periodo, poi ha avuto un attimo di discesa. Poi ci sono diversi cambi di line up, siamo entrati io e Andreas, abbiamo sostituito i vecchi cantanti, il basso viene sostituito da Sam, e registriamo “Vanitas” nel 2001. Dopodichè abbiamo avuto ancora un po’ di problemi sempre di line up… è difficile lavorare in gruppo, soprattutto il gruppo funziona se tutti hanno il medesimo obiettivo, e se qualcuno è un po’ altalenante va male. Comunque, siamo arrivati a questa formazione, che è la formazione più duratura. Secondo me ciò che ci caratterizza maggiormente è quello di avere creato e raggiunto un sound che è Macbeth. Con “Malae Artes” è così, soprattutto con l’entrata di Max, che è il chitarrista. Anche lavorare per creare nuovi pezzi risulta più facile, più immediato, quindi siamo entrati in studio, abbiamo lavorato su “Malae Artes”, che è un po’ il CD che ci caratterizza, ci ha uniti e ci ha portati a fare anche nuove esperienze all’estero: una tournée in Messico, un live in Beirut e in Belgio. Attualmente stiamo registrando un nuovo album, che uscirà la prossima primavera, e poi ci sarà anche il nostro primo video clip.
Voi avete avuto una fase di esordio molto positiva, il mini “Nocturnal Embrice” nel 1997, la firma con la Dragonheart nel 1998 e il debut album “Romantic Tragedy’s Crescendo” nello stesso anno, che vi ha permesso tra l’altro di suonare insieme agli Amorphis. Secondo te in questo inizio di carriera può essere mancato qualcosa per “decollare”, anche se un po’ mi hai già risposto?
Con gli Amorphis io non c’ero, non ero ancora con loro. I cambi di line up hanno influito, anche perché il gothic è una musica difficile, soprattutto in Italia, dove si ascolta più musica commerciale, musica facile da vendere. Adesso secondo me sta arrivando questa tendenza nuova, grazie soprattutto ai Lacuna Coil, che hanno portato questa nuova corrente, stanno avendo successo, quindi di conseguenza le altre persone cercano di ascoltare dei gruppi che gli somiglino, oppure che facciano lo stesso genere, quindi ci stanno aprendo la strada. Questo è positivo, anche per l’Italia, ci sono tantissimi gruppi validi, anche ora.
Infatti, voi siete spesso associati ai Lacuna Coil per provenienza, per stile musicale e per immagine. Questi paragoni vi fanno piacere o alla lunga potrebbero essere fuori luogo?
Possono diventare antipatici, perché ovviamente ci sono due cantanti, una voce maschile e una voce femminile, il genere è lo stesso, proveniamo dalla stessa città, quindi è normale; però noi attualmente, con la formazione che abbiamo, abbiamo un sound nostro che ci caratterizza. Noi siamo i Macbeth, e i Lacuna Coil sono i Lacuna Coil, quindi siamo diversi. È ovvio che l’accostamento sia normale, però andando avanti può essere un po’ fastidioso, perché facciamo pezzi diversi, le chitarre sono suonate in modo diverso, le voci sono diverse. Ad esempio la voce di Andreas, rispetto a quella di Andrea è più versatile, e questo secondo me è quello che ci distingue soprattutto da loro. Poi ovviamente ci fa anche piacere per loro, stanno avendo successo, siamo contentissimi.
Ma vi conoscete?
Ci conosciamo, sì.
Dall’anno di fondazione della band fino ad oggi, che cosa è cambiato secondo te nel panorama del gothic metal italiano?
Dunque, in questi ultimi due anni, dal 2005, e da quest’anno in poi secondo me ci sono dei cambiamenti, si sente proprio nell’aria, poi sono aumentati i fans italiani. Noi abbiamo sempre avuto più fans stranieri, mentre invece anche in Italia sta arrivando un’ondata positiva, e questo ci fa piacere. Secondo me questo succede perché noi suoniamo molto più dal vivo, e anche questo è positivo; ci facilita anche internet, quindi abbiamo Myspace, abbiamo trovato più strade per farci pubblicità e per farci vedere. Secondo me è solo l’inizio, sono ottimista su questa cosa.
Voi avete recentemente suonato, oltre che all’Evolution nella giornata dei gruppi italiani, in vari Paesi, fra cui il Libano e il Messico. Che tipo di esperienza è stata, e che differenze avete riscontrato fra l’Italia e l’estero?
L’esperienza più bella è stata secondo me a Beirut. Non che in Messico non sia stato bello, anzi è stato bellissimo, però il Libano è un Paese molto particolare. I gruppi italiani che hanno suonato in Libano sono stati pochissimi, e noi abbiamo avuto questo onore. L’accoglienza è stata bellissima, non ci aspettavamo così tanta gente, l’organizzazione impeccabile, e anche i suoni erano ottimi. E poi è stato particolare perché dopo una settimana dal nostro rientro in Italia è scoppiata la guerra. Non sapevamo assolutamente se il Paese fosse o meno in crisi, loro sono stati molto gentili con noi. Poi il fatto che vai in Libano e ti ritrovi davanti più di 3000 persone che cantano i tuoi pezzi, è una sensazione bellissima. Ora siamo rimasti in contatto con qualche ragazzo, ma ovviamente la maggior parte di loro se ne sono andati, hanno lasciato il Paese. Però è un Paese forte, abituato a questo; ogni tanto penso che se dovesse succedere in Italia una cosa del genere, non riusciremmo mai a riprenderci, perché non siamo abituati a buttarci tutto alle spalle e a ricominciare da capo. Questa cosa mi ha fatto riflettere, infatti ci sarà anche un testo nuovo dedicato a questo aspetto, che è una cosa che ci ha toccato molto.
Per quanto riguarda il Messico, secondo me i messicani sono stati il pubblico più caldo in assoluto. Questa è stata la mia prima esperienza di un tour lungo, abbiamo fatto cinque date, in città anche grandi, coma Guadalajara e Città del Messico… uscivo con la guardia del corpo. Dall’Italia in Messico non potevo uscire da sola, perché la gente mi riconosceva! Caspita, dall’altra parte del mondo, un pubblico caldissimo, che infatti ci ha emozionato molto! In Italia purtroppo non so, secondo me abbiamo un pubblico che è un po’ esterofilo, e questa cosa io non la riesco a capire e non me la spiego. Cioè, se viene un qualsiasi gruppo straniero, tutti sono molto più caldi verso gli stranieri che verso una band italiana che fa gothic, che fa metal, che fa un genere che non è rock italiano, e io questa cosa non me la spiego. L’ho visto all’Evolution, anche se eravamo carichi, abbiamo detto: “No, caspita, la stessa carica che ci mettiamo per concerti all’estero mettiamocela anche in Italia, perché è giusto che facciamo vedere come siamo realmente”. Però si fa fatica; secondo me si tratta di abitudine, cioè se noi ci abituiamo a mostrarci dal vivo, quindi ad avvicinare il pubblico, secondo me sarà solo una questione di tempo; comunque i fans italiani ci sono, però sono freddi, non sono pronti, sono fiduciosa.
Parlando un po’ della tua carriera di cantante, mi vorresti dire come è nata la tua passione per il canto, che studi hai fatto, e che metodi usi per curare la tua voce?
La passione è nata sin dalle elementari, quando ci sono le classiche recite di scuola, i concertini. Ho iniziato a prendere lezioni di canto dopo la terza media, e mi sono indirizzata subito verso il canto lirico, quindi con molto uso del diaframma, tecniche della respirazione, due anni di solfeggio, dopodichè ho detto basta. Ho formato una band musicale, solo fatta da donne, e mi sono avvicinata al rock moderno, facevamo cover dai Guns and Roses con la voce femminile, poi ci siamo raffinati un po’ e ho scoperto un’artista che adoro e a cui mi ispiro tantissimo, che è Tori Amos. Lezioni di canto le ho sempre prese fino a quattro anni fa perché servono, però è l’esperienza che ti permette di creare una tua voce, un sound tuo, un modo di cantare tuo, un’espressione tua. Serve l’impostazione, dopodichè ci si butta nella mischia. Prima di ogni concerto mi scaldo la voce con tecniche di respirazione, faccio gorgheggi e basta, mi aiuto però molto spesso con il nuoto, perché aiuta tantissimo il diaframma.
Oltre a Tori Amos hai altre cantanti a cui ti ispiri?
Mi piace tantissimo P.J. Harvey, poi Alanis Morrisette non mi dispiace, tra le voci femminili. Poi i Placebo, i Muse… ascolto un po’ di tutto, non solo metal, poi è bello prendere spunto da altri generi, vario. Mi piace qualcosa dei Nightwish, ma preferisco i The Gathering, adoro Anneke… Sono le classiche domande che sai che ti fanno, poi non sai cosa rispondere… Mi piace la musica inglese comunque, perché è più sperimentale. Non mi piace Bjork invece, troppo sperimentale, difficile da ascoltare.
Ho un’ultima domanda, che è più che altro una mia curiosità. Ho la sensazione che il metal sia un mondo per maschi, dove dalle donne ci si possa aspettare alcune cose, ma non altre. Anche una donna che scrive di metal, per esempio, è una cosa anomala. Hai mai questa sensazione, che sia un mondo maschilista, in cui le donne sono viste un po’ come delle bestie rare, che possono fare alcune cose ma non ne possono fare altre?
Sì, e lo sarà sempre. Ci sarà sempre questa differenza tra le cose che possono fare le donne e le cose che possono fare gli uomini. Secondo me la capacità che abbiamo noi donne, cosa che non hanno gli uomini, è quella che riusciamo ad adattarci in tutti i tipi di ambienti, mentre invece gli uomini non lo sanno fare. Noi abbiamo questa capacità, e quando lo facciamo ne usciamo vincenti, cioè ce la facciamo, è perché comunque abbiamo la femminilità per stare in un mondo di maschi, la grinta, e poi anche la voglia di far vedere che insomma, io sono una donna e posso stare al tuo stesso livello anche se fai metal come lo faccio io. Secondo me è proprio una cosa che ci caratterizza, il fatto che ci adattiamo tranquillamente; questo li spaventa terribilmente, e allora ci attaccano. Io ho imparato a difendermi: prima me la prendevo, invece adesso no, lascio perdere, dimostro che cosa so fare, e poi state a giudicarmi, se vuoi fallo, se no niente, assolutamente, se no non te la cavi più.
Ti ringrazio, lascio a te l’ultima parola per i lettori di Entrateparallele!
Saluto tutti i ragazzi di Entrateparallele, e spero di avere l’occasione di fare un’altra intervista, magari per l’uscita del prossimo album!
Si ringrazia Alessio Montàgano per la disponibilità.
Immagini tratte dal sito della band www.macbeth.it