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Parto subito dicendo che ho avuto non poche difficoltà a mettere per iscritto quest’intervista, dal momento che è stato qualcosa di completamente differente dal classico “botta e risposta”, bensì la definirei molto meglio come una “tranquilla chiacchierata tra amici”, sui Gotthard e sulla musica a 360 gradi, con protagonisti assoluti dei Leo Leoni e Steve Lee davvero affabili e in gran spolvero.
Legenda:
SL= Steve Lee
LL= Leo Leoni
D= Domanda (nostra o di qualcuno degli altri giornalisti presenti)
SL: Finalmente ce l’abbiamo fatta a tornare in Italia! Purtroppo con lo stress di un lungo e continuo tour a volte capita soprattutto al cantante di beccarsi qualche malanno e di non riuscire ad essere pronto a salire sul palco! (facendo riferimento alle quattro date italiane annullate e sostituite da una sola data a Milano) Purtroppo io non posso cambiare le corde come fa Leo Leoni con la sua chitarra (ride) e in Italia vogliamo suonare bene quindi abbiamo preferito rimandare. Oltretutto pare che soprattutto a Roma le prevendite fossero state piuttosto scarse e quindi di venire giù per fare anche magari un concerto mediocre non ci è sembrato il caso. Sembra che l’hard rock stia tornando in voga, ci sono un sacco di reunion di gruppi storici, però noi in Italia abbiamo ancora bisogno di un po’ di aiuto, abbiamo bisogno ancora di gente che ci crede, che creda nei Gotthard.
D: Il problema è forse anche nella reperibilità dei vostri dischi?
SL: Sì certo, in passato abbiamo avuto un po’ di problemi a riguardo con la BMG che ci aveva messo in un cassetto. Ora però con la Nuclear Blast la situazione sembra cambiata, ci siamo trovati con nuovi canali aperti e finalmente i dischi si trovano un po’ più facilmente in giro per i negozi. All’inizio avevo un po’ paura che le radio vedendo il pacchetto Nuclear Blast l’avrebbero etichettato come “metal” e quindi snobbato in partenza, invece vedo con piacere che le cose stanno andando diversamente…
In questo momento entra anche Leo Leoni che inizia subito a scambiare battute divertenti e rende l’atmosfera ancora più rilassata se mai ce ne fosse stato bisogno! :)
SL: Dicevo che la Nuclear Blast ha fatto un gran lavoro su di noi, soprattutto in Germania dove ci hanno venduto come una band più pesante di quanto non fossimo, infatti le nostre scalette cambiano di parecchio fra la Svizzera dove siamo conosciuti più per le nostre ballate e la Germania dove invece suoniamo i pezzi più “duri” del nostro repertorio. A loro piace così per cui ben venga!
D: Riguardo ai pezzi più “duri”, trovo che l’ultimo album (“Domino Effect”) abbia dei pezzi più aggressivi e più “cupi” rispetto al vostro passato e forse qualche fan del lato più soft può non averlo accolto al meglio, che ne dite?
LL: Penso che le vendite stiano dimostrando che l’album è stato accolto bene da varie tipologie di ascoltatori. Comunque in “Domino Effect” c’è di tutto, sia le ballate che pezzi più tirati, c’è sempre il marchio di fabbrica dei Gotthard. Il problema è entrare nei circuiti delle radio che purtroppo non sono abbastanza ricettivi nei nostri confronti. Purtroppo ci sono realtà consolidate come etichette potenti che pagano per promuovere i loro “protetti”, quando uno fa musica rock come la nostra sa già che si troverà a scontrarsi con queste realtà.
D: Non si capisce come mai l’Italia possa accettare e portare anche ad un grosso successo delle “rock band” (le virgolette sono d’obbligo! :) ) come quella di Vasco Rossi o Ligabue e invece non possa fare lo stesso per i Gotthard.
LL: Beh, su questo si potrebbe parlare a lungo. In realtà artisti come Vasco, Ligabue, i Litfiba e anche la PFM al suo tempo, hanno contribuito ad aprire la mentalità del pubblico italiano, quindi qualcosa si è evoluto e oggi c’è comunque maggiore interesse verso un certo tipo di musica più “rock” se si può dire. Comunque rimangono certe realtà che filtrano e che selezionano quello che può salire al gradino superiore e diventare un prodotto di massa.
D: Potrebbe essere forse anche un problema della lingua?
SL: Mah, non direi che si tratta di un problema di lingua. Mi viene in mente che in Svizzera qualche anno fa ci fu un vero e proprio boom di gruppi che cantavano in svizzero tedesco, che praticamente è una specie di dialetto, però comunque il disco più votato era il nostro, quindi un disco anglofono per un paese che anglofono non è.
D: In effetti in Svizzera ormai siete una realtà consolidata che a Lucerna è stata in grado di radunare 10.000 persone, come mai qua in Italia ci sono più difficoltà?
LL: Forse è un problema di cultura italiana riguardo la musica dal vivo. Io penso che il rock e la musica andrebbero portati nelle piazze, cosa che noi in Svizzera per fortuna siamo riusciti a fare: dall’acustico all’Hallenstadion di Zurigo per il dvd “Made In Switzerland”, un sogno ed un obiettivo che avevamo da tempo e per fortuna ce l’abbiamo fatta.
D: Pensate forse che il fatto che sia difficile passare “al gradino più alto” possa dipendere anche da un problema d’immagine?
D: Beh, hanno anche pubblicato un dvd con in copertina due mucche che trombano!
LL: No, quello non l’ha capito nessuno: in realtà la mucca dietro è ferita e quella davanti la porta in spalla (risate generali).
D: E’ vero Steve, perché non ti fai una cresta come il cantante dei Tokyo Hotel?
SL: Non mi pare il caso dai! (ride) Ad ogni modo speriamo che la gente non si fermi all’immagine ma ascolti il disco. Di cambi a livello di immagine non ne abbiamo fatti ma in ogni disco si sente quello che avevamo dentro in quel momento: dietro il successo di “Lipservice” c’è probabilmente proprio la voglia che avevamo di liberarci dal passato e dalla presenza di alcuni “personaggi” che ci davano “consigli” e abbiamo ricominciato ad andare per la nostra strada proponendo musica nostra, fresca e vera.
LL: Sì, noi non abbiamo mai digerito imposizioni e pressioni da parte di nessuno, ogni volta abbiamo valutato le opportunità che ci siamo trovati e abbiamo affrontato i rischi di ogni scelta: per esempio con “D-Frosted” (il live acustico) abbiamo pensato che fosse una buona scelta e ci siamo buttati, anche se per esempio abbiamo perso un po’ di consensi in Germania e Giappone, che avrebbero preferito magari un nuovo disco un po’ più “duro”.
D: Basta che non facciate una cosa “kitsch” come il disco sinfonico degli Scorpions! (ride)
Ecco che interviene Freddy Scherer, il secondo chitarrista, con notevole difficoltà e corretto ogni tanto da Steve poiché a differenza degli altri parla molto poco l’italiano :)
FS: Io credo che dipenda dai tempi che corrono: negli anni settanta c’erano gruppi come i Led Zeppelin che avevano un sound molto nuovo e tutti gli altri gruppi cercavano di proporre qualcosa di originale. Oggi forse c’è troppa mentalità chiusa e la gente tende a guardare di cattivo occhio le novità.
LL: A me in realtà è piaciuto il disco degli Scorpions, così come quello dei Metallica. Alla fine i vari compositori del ‘700 come Wagner, Beethoven erano un po’ le “rockstar” di quel tempo e quindi è bello avvicinare questi due mondi, l’importante è farlo con passione.
SL: A me invece quello degli Scorpions non mi ha fatto impazzire, in compenso c’è una grande novità oggi: Freddy ha parlato in italiano! (risate)
D: Dall’uscita di “Lipservice” siete praticamente stati sempre in tour: trovate ancora stimolante fare questo tipo di vita?
LL: Finché ci saranno giornalisti come voi disposti a farci domande e gente che riempie i palazzetti o le sale concerti come questa, la voglia non ci mancherà mai. Certo, se la gente non viene più e nessuno vuole più sapere niente dei Gotthard allora immagino che dovremo smettere e tornare a casa dalle nostre famiglie!
D: E poi forse anche il poter scoprire nuovi paesi dove portare la vostra musica può essere un grande stimolo.
SL: Certo! Noi siamo in giro ormai già da 17 anni e ciò nonostante troviamo ancora pubblico per il quale noi siamo una novità, per esempio in Spagna e Portogallo, o la stessa Italia… tutti paesi che ci hanno accolto molto calorosamente di recente e che quindi ci spingono a continuare e a crederci.
D: Da questo punto di vista quali sono i paesi che vi danno più soddisfazioni? E che mi dite dell’Italia a riguardo?
LL: Purtroppo l’Italia è uno dei paesi dove abbiamo più difficoltà a fare presa. Come dicevamo prima, finché veniamo qua a Milano dove siamo quasi “di casa” non c’è problema e in genere riempiamo, ma come hai visto a Roma è stato più difficile vendere dei biglietti. I fan ci sono ma ci vorrà ancora del tempo. Per quanto riguarda i paesi che ci hanno accolto meglio, come diceva Steve, abbiamo avuto una piacevole sorpresa in Spagna e Portogallo, poi ci sono le solite Svizzera e Germania e poi vorrei citare il Brasile dove sembra che abbiano tutti una gran voglia di andare a vedere delle band europee dal vivo; abbiamo avuto anche un pubblico di 30.000 persone: impressionante!
D: Prima parlavi di obbiettivi raggiunti: riempire l’Hallenstadion, suonare a Locarno in piazza, suonare di spalla agli AC/DC in Italia… quali sono i prossimi?
LL: Che gli AC/DC facciano di spalla a noi! Chiedo troppo forse? (risate generali) Diciamo che prendendo d’esempio l’Hallenstadion di Zurigo, ci piacerebbe poter riempire palazzetti tipo questo anche in altri paesi.
D: Fra l’altro volevo proprio chiedere di quell’ormai storico concerto con gli AC/DC (Stadio Delle Alpi di Torino, 4 Luglio 2001), visto che mi è capitato poco fa di intervistare gli Hardcore Superstar che erano insieme a voi quella sera sul palco. Com’è stata l’esperienza?
SL: Innanzitutto volevamo tagliare la gola a quello che ha dimenticato lo striscione con il logo della band! (risate) Chissà quanta gente si è chiesta chi cavolo eravamo visto che non c’era scritto niente! Beh, devo dirti che la sensazione di suonare prima degli AC/DC ci aveva dato un po’ a tutti non poca “strizza” (in realtà usa un’altra espressione molto più ticinese, qualcosa tipo “squagia” :) ), però alla fine è andato tutto bene ed è stata una grande esperienza.
D: Steve, cosa mi puoi dire riguardo la tua collaborazione con Arjen Lucassen per l’ultimo disco degli Ayreon?
SL: Ancora purtroppo non sono riuscito ad ascoltarlo per bene e a farmene un’impressione precisa. Comunque io ho sempre preferito concentrarmi sul progetto Gotthard piuttosto che impegnarmi in mille progetti paralleli come fanno molti altri artisti. Per esempio circa 20 anni fa sembrava che dovessi diventare il cantante dei Vengeance, il vecchio gruppo di Arjen, però con Leo eravamo ancora impegnati ad iniziare il progetto Gotthard e non mi sembrava il caso di fare altre cose. Poi negli anni siamo rimasti in contatto, finalmente l’anno scorso in un momento di pausa mi sono deciso e abbiamo fatto questo esperimento sicuramente interessante perché mette a confronto un sacco di artisti dai background differenti. Comunque il mio di background rimane sempre l’hard rock dei Gotthard e rimane il mio unico impegno principale, non sono mai stato abituato a collaborazioni esterne, eccezion fatta per i produttori con i quali abbiamo lavorato per i dischi dei Gotthard. Possono venire fuori anche delle cose interessanti. Per esempio Ronald Prent, con il quale abbiamo collaborato per “Lipservice”, ci ha proposto in prima persona di tirare fuori quella ritmica che c’è all’inizio di “Lift U Up”, magari senza la sua idea quel pezzo non sarebbe mai venuto fuori. Comunque preferisco che il tutto rimanga dentro l’universo Gotthard e magari chissà, la mia presenza sul disco di Arjen servirà ad avvicinare alcuni nuovi fans alla nostra musica.
D: Riguardo ai testi: il rock si dice che dovrebbe essere carica, donne e divertimento, invece nell’ultimo album ci sono dei testi più intimisti e più cupi, come mai?
LL: In passato è capitato di dover mangiare tanta me**a ma ci siamo sempre rialzati, è normale comunque che a volte i testi descrivano diverse sensazioni e non solo i cliché.
SL: Sicuramente ho passato anche un periodo non bellissimo ed è possibile che alcune esperienze traspaiano dai testi che scrivo, d’altronde quando uno mette sè stesso nel lavoro che fa è normale che questo sia visibile da fuori. Ad ogni modo negli anni ci siamo comunque presi le nostre soddisfazioni e quindi guardiamo con fiducia al futuro.
Ecco che interviene il bassista / tour manager Marc Lynn che si scusa per l’interruzione ma richiama all’ordine la band: è ora del soundcheck, così ci salutiamo con i ragazzi che sono stati simpaticissimi e loquacissimi. Rivolgo un’ultima domanda/richiesta a Steve del tutto personale prima di togliere il disturbo:
D: Visto che fate spesso delle cover dal vivo, se per caso pensate di introdurne qualcuna nuova vorrei suggerirvi “Ain’t No Love In The Heart Of The City” dei Whitesnake: per me andrebbe benissimo per la tua bellissima voce! :)
SL: Dici? Beh grazie per il complimento, ci penseremo, anche se non vorremmo che la gente ci battezzasse troppo per le cover, comunque grazie per il consiglio! (ride)
Si chiude così questa piacevole chiacchierata, ringrazio ancora una volta la mia dolce consorte per la compagnia e i Gotthard per essersi dimostrati delle persone così piacevoli e alla mano.
Sito ufficiale: www.gotthard.com
Myspace: www.myspace.com/gotthardband
Live report del concerto del 9 febbraio 2008: http://www.entrateparallele.it/modules/articles/article.php?id=234