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Gli Opeth sono un gruppo molto particolare, capace come pochi di unire i fans provenienti dai generi del metal (e non solo del metal) più vari. Questo perchè, unita ad una tecnica sopraffina, l’arte del gruppo nordico affiora dalle note e dalle atmosfere arrivando fino al cuore dell’ascoltatore. Al bravo Fredrik Akesson il compito di spiegarci qualche “segreto” di questa ottima band!
Ciao Fredrik e benvenuto! Ti metto subito in guardia: ho molte domande che spaziano all’interno di tutta la carriera degli Opeth e tu sei nella band da nemmeno due anni, quindi spero che tu abbia studiato!
Ahahah!
Dunque, gli Opeth sono ormai 14 anni di carriera e sempre suonando un tipo di musica piuttosto difficile da descrivere, mentre in genere il pubblico fa molta fatica ad apprezzare cose a cui non si possa dare una “etichetta”. Come pensi che questo sia stato possibile?
E’ stato piuttosto sorprendente in effetti poiché penso che la musica degli Opeth non sia facilmente digeribile o comunque non certo definibile come “mainstream”, anche e soprattutto per la lunghezza delle canzoni (che passano spesso gli otto o dieci minuti), in effetti sarebbe lecito non aspettarsi un grande successo. Tuttavia credo che gli Opeth abbiano sempre avuto un sound unico nel suo genere al quale i fan si sono col tempo abituati. Anche i vari passaggi di mood all’interno degli album, dalle parti soft acustiche arrivando alle parti più aggressive e intricate… in sostanza credo che quello che ha premiato gli Opeth sia l’unicità e la diversità del proprio sound, una musica che non trovi in altre band.
Come descriveresti dal tuo doppio punto di vista, prima come fan e ora come membro della band, l’evoluzione nel sound degli Opeth? Quali pensi che siano stati i momenti salienti nella carriera nei quali ci sono stati i più evidenti passi in avanti nel vostro modo di fare musica?
Credo che dal momento dell’uscita di “Still Life” sia veramente successo qualcosa a livello di songwriting, ma mi piace dire che in ogni album ci sia stato qualcosa di nuovo che prima non c’era e che a poco a poco ha fatto evolvere il nostro sound. Anche “My Arms Your Hearse” prima ancora aveva segnato un cambiamento, poi con l’arrivo di Per (Wiberg, il tastierista N.d.R.) grazie al suo modo di suonare e proprio ai tipi di suoni che ha aggiunto ha dato un notevole tocco in più, anche alle canzoni più vecchie che non avevano tastiere ha aggiunto il suo sound in un ottimo modo. E poi è il modo di scrivere di Mikael che si è molto sviluppato negli anni, fin dal primo album “Orchid” dove c’erano davvero delle belle cose. Dal punto di vista della notorietà poi è ovvio che il nostro primo grosso salto di qualità si è avuto con “Blackwater Park”, grazie al quale abbiamo raggiunto molti più ascoltatori rispetto a prima.
Eri già in contatto con la band prima di farne parte ufficialmente? Com’è avvenuto il tuo “reclutamento”?
Credo fosse qualcosa come sei anni fa circa quando conobbi Mike, ero in un qualche pub a suonare cover di King Diamond e parlammo per la prima volta, più che altro riguardo a chitarre e alle varie tecniche che preferivamo. Più tardi invece ci siamo incontrati in qualche festival quando suonavo con gli Arch Enemy per il Gigantour (nel 2006 N.d.R.). Insomma ci eravamo già conosciuti prima, poi a gennaio 2007 abbiamo jammato per la prima volta e penso che in un qualche modo mi stesse già facendo una sorta di “audizione” per entrare negli Opeth. Ancora non era ufficiale ma probabilmente Peter (Lindgren, l’ex chitarrista N.d.R.) stava già pensando di smettere con gli Opeth e Mike stava quindi pensando ad un sostituto.
A proposito di Peter: si sa già da altre interviste che lo split con gli Opeth è stato del tutto pacifico, volevo però sapere se sapevi se Peter fosse coinvolto in qualche altro progetto musicale e se eri in grado di darci qualche anticipazione…
Per quello che so io al momento non c’è nulla in cantiere da parte sua, probabilmente Mike ne potrebbe sapere qualcosa di più.
Riguardo all’esperienza “live”: sei arrivato negli Opeth in un momento in cui vi si sono aperte le porte per i più grossi festival mondiali e quindi avete provato sia il suonare di fronte a grandi platee e a volte anche in pieno giorno (come l’Evolution Festival quest’estate), così come i classici club più contenuti (come l’Alcatraz il mese scorso) con il buio e un’atmosfera più intima. Quali sono i concerti che preferisci?
E’ sicuramente vero che musica come la nostra starebbe meglio quando è buio però soprattutto nei festival questo a volte non è possibile. Ad ogni modo la reazione col pubblico è sempre stata ottima, specialmente in Germania quando abbiamo suonato durante una tempesta e la gente era tutta sotto il palco a fare headbanging, oppure anche all’Evolution da voi quest’estate ci è capitato di suonare proprio poco prima di un’altra tempesta ancora più forte (che infatti ha fatto terminare il concerto N.d.R.), c’erano le prime luci del tramonto offuscate da delle nuvole molto minacciose, è stato molto bello. Comunque è chiaro che preferisco suonare quando è buio.
In effetti il suonare in pieno giorno è un “problema” di molte band che hanno un lato atmosferico importante come voi stessi o come i My Dying Bride, cosa magari un po’ diversa dalla tua esperienza con gli Arch Enemy dove le canzoni più veloci invogliano a fare del sano headbanging a prescindere dal fatto che ci sia il sole o il buio! (ride N.d.R.) Voi come lo affrontate?
Le volte che ci capita di avere uno “slot” nei festival che ci vede suonare di giorno e magari abbiamo anche un po’ meno tempo per suonare ci concentriamo sui nostri pezzi più veloci e aggressivi, che comunque non mancano nel nostro repertorio. A Milano recentememente abbiamo suonato da headliner per circa un’ora e mezza, così abbiamo potuto inserire anche i momenti più calmi e i pezzi più lunghi.
Nelle vostre ultime scalette vi siete giustamente concentrati molto sulle ultime produzioni, sarà così anche in futuro?
Il fatto è che abbiamo dei pezzi molto lunghi per la maggior parte, per cui è difficile includere molte canzoni anche dai primissimi album. Comunque cerchiamo sempre di fare qualcosa da ogni album anche se a volte è impossibile. Nella data del mese scorso a Milano abbiamo cercato di coprire il maggior numero di album possibili e la scaletta è stata piuttosto diversa da quella dell’Evolution della scorsa estate. Di sicuro per un po’ non suoneremo niente dai primi due album, toglierebbe troppo spazio alle canzoni nuove.
In effetti se suonaste “Black Rose Immortal” (canzone da 30 minuti presente nell’album “Morningrise” N.d.R.) toglierebbe da sola circa metà tempo!
Ahah! E pensare che la gente ce la chiede di continuo, sentiamo sempre dalle prime file che chiedono a gran voce quella canzone ma come hai detto tu dovremmo rinunciare ad almeno tre canzoni solo per suonare quella che pure è molto bella.
Una domanda sul vostro modo di comporre: si tratta di un lavoro esclusivamente di Mike come una specie di progetto solista oppure tu e gli altri nuovi arrivati date una mano e contribuite con le vostre idee?
Ovviamente Mike scrive la maggior parte del materiale come ha sempre fatto, però è sempre molto aperto per idee e suggerimenti da parte di tutti. Anche se sono arrivato da poco ho già avuto modo di scrivere un riff per “Porcelain Heart” nel nuovo album. Nel futuro si vedrà, per quanto riguarda “Watershed” quando sono arrivato io l’album era già praticamente tutto pronto quindi non ho composto molto altro a parte quel riff e qualche assolo. Ad ogni modo io considero Mike un genio nel suo modo di scrivere; quando sono arrivato gli ho chiesto se accettava idee dagli altri e lui ha detto “certamente!”. Una bella canzone è una bella canzone, non importa chi l’ha scritta quindi tutti possiamo contribuire al risultato finale. Sono molto contento per il momento di aver potuto dare il mio contributo all’album, negli Arch Enemy per esempio il songwriting era tutto nelle mani di Michael Amott quindi in confronto qui negli Opeth sono molto più coinvolto.
E comunque, nonostante i vari cambi di lineup e il fatto che tutti possano contribuire, gli Opeth sono sempre riusciti ad evolvere il loro sound senza mai perdere le caratteristiche delle origini, aiutati forse dal filo conduttore rappresentato da Mike, giusto?
Sì, sono d’accordo, gli Opeth sono cambiati molto ma Mike è sempre lui e benché non si neghi di sentire il parere degli altri è sempre riuscito a mantenere coerente il sound della band.
Nel tour appena concluso avete suonato con una vera e propria leggenda del metal degli anni ’90 riunitasi l’anno scorso: i Cynic, che hanno pubblicato il loro primo (e fino a poco fa unico) album proprio un anno prima del vostro debutto, con il quale hanno di fatto segnato la storia di un certo modo di fare metal. Com’è suonare da headliner dopo una band di questo calibro?
E’ stato un onore avere i Cynic in tour con noi, sono dei ragazzi fantastici e tutto il tour ha ricevuto davvero delle meravigliose vibrazioni da parte del pubblico. Anche i The Ocean hanno fatto davvero un’ottima figura.
In effetti quando ho visto per la prima volta il bill del concerto, Opeth + Cynic, mi sono detto che era qualcosa assolutamente da non perdere! Anche perché Cynic e Opeth sono due delle poche band che suonano davvero “uniche”, nessun’altra band suona come voi e questo ha reso il vostro tour davvero speciale.
Si, il tour ci ha dato davvero tante soddisfazioni, ogni sera si creava un’atmosfera unica. In Italia siamo sempre stati accolti molto bene, già da quest’estate all’Evolution avevo avuto modo di notare il calore del vostro pubblico e anche a Milano le cose sono andate alla grande. Poi a Milano a dicembre eravamo al chiuso, quindi pericoli di tempesta come quelli della scorsa estate erano scongiurati, ahah!
Visto che parlavamo di Cynic riuniti, riguardo alle reunion: sembra che tutte le band in ambito rock/metal si stiano una dopo l’altra riunendo facendo nuovi dischi, tour, ecc… E’ un fenomeno che ti piace o non ti piace? Quali reunion ti sono piaciute di più e quali di meno?
Dipende… E’ logico che quando vedi una band annunciare un “farewell tour” e poi li vedi riuniti solo due anni dopo allora può sembrare un po’ ridicolo. Comunque in generale non mi dispiace il fatto in sè, ad esempio ho molto apprezzato le reunion di Heaven & Hell e Judas Priest, anche dei Black Sabbath con Ozzy Osbourne. Riguardo a quelle che mi sono piaciute di meno… (ci pensa a lungo N.d.R.) non saprei dire, non me ne vengono in mente. Una risposta diplomatica, ahah!
Nel frattempo è arrivata Barbara Francone di Roadrunner Italia (che ringrazio) che ci ricorda che Fredrik deve andare, quindi ci salutiamo e mi metto a caccia di Mike che, anche se non sono riuscito ad intervistare personalmente non si libererà facilmente del sottoscritto: ho dei cd da fargli autografare e almeno una foto da fare!
Sito ufficiale: www.opeth.com
Myspace: www.myspace.com/opeth
Live report concerto Opeth + Cynic qui