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Dai bellunesi Delirium X Tremens mi aspettavo un nuovo album di un certo livello, dato che il debutto “CreHated From No_Thing” aveva già messo in chiaro le qualità della band veneta. Questo “Belo Dunum, Echoes From The Past” soddisfa in pieno le mie aspettative e va addirittura oltre, regalandomi una delle migliori uscite – non solo tricolori – del 2011 da poco concluso. Emozionante e personale, fiero e severo, l’album è un viaggio che racconta delle Dolomiti e della sua gente: chi meglio del vocalist alpino Alberto “Ciardo” Da Rech poteva soddisfare le nostre curiosità su questo nuovo, spettacolare capitolo musicale dei Delirium X Tremens?? Buona lettura!
Ciao Ciardo, bentornato sulle nostre pagine! Sono passati almeno quattro anni da quando realizzammo l’intervista successiva all’uscita di “CreHated From No_Thing”. Oggi torni su EntrateParallele.it attraverso il nuovo e bellissimo “Belo Dunum, Echoes From The Past”, un disco orgogliosamente legato alla terra d’origine dei Delirium X Tremens: come e quando ha preso forma l’idea di raccontare delle Dolomiti e dei suoi figli?
Ciao a tutti!
Sì, ormai sono passati quattro anni dall’uscita di “CreHated From No_Thing”, album che ci ha dato grandi soddisfazioni da ogni punto di vista e del quale siamo tuttora molto orgogliosi.
Qualche tempo dopo la sua uscita ci siamo rimessi in moto a livello compositivo e ci siamo trovati ad un bivio: o continuare nello stesso concept lirico o, altrimenti, cambiare totalmente direzione. Dopo alcune attente riflessioni, abbiamo deciso di andare a ritroso nel passato della nostra terra e di riscoprire le tradizioni dei nostri avi.
Volevamo portare alla luce storie ed episodi di una terra (quella bellunese) che la gente ancora non conosce o che ha dimenticato.
Rispetto a “CreHated From No_Thing” il concept che abbiamo sviluppato è sì molto diverso, ma i punti di contatto non mancano: nel precedente album parlavamo dell’odio nei confronti della tecnologia e dell’uso che l’uomo ne fa, in “Belo Dunum, Echoes From The Past” cantiamo di un periodo nel quale la tecnologia che conosciamo oggi non c’era e dove la vita era più dura e selettiva.
Quanto è importante, secondo te, conservare e tramandare la memoria di uomini, fatti e leggende del proprio territorio? Mi piacerebbe sapere, inoltre, quanto è ancora “sentita” dalle tue parti una sciagura come quella del Vajont e come la percepisci tu che, come me, cinquant’anni fa non c’eri!
Personalmente credo sia fondamentale che la memoria dei nostri avi rimanga viva in noi, soprattutto in un periodo come quello odierno, dove la gente sta perdendo sempre più il vero valore delle cose e dove è sempre più importante quello che si ostenta di quello che si ha veramente, mentre un tempo non era così.
La tragedia del Vajont è un episodio tuttora molto sentito in tutta la provincia di Belluno oltre che nelle zone colpite del Friuli.
Ogni anno le commemorazioni del disastro sono molteplici e la partecipazione ad esse è sempre molto numerosa e sentita, è una tragedia che ancora oggi fa stringere i cuori e mette il groppo in gola a più di una persona.
Personalmente la ritengo una sciagura immane e senza precedenti che dimostra (cinquant’anni fa come oggi) che l’uomo non ha alcun rispetto per gli equilibri che la natura impone, e questo solo in nome del proprio senso di onnipotenza e del dio denaro.
Ho nominato il Vajont, ti andrebbe di raccontarci gli altri argomenti di cui trattate nei brani? Tra l’altro, su “I Was” avete citato il folle scienziato la cui ricerca della vita eterna costituiva il concept del precedente “CreHated From No_Thing”: come avete legato questa “presenza” al testo della canzone?
Sostanzialmente il nuovo album è il diario di un alpino morto nelle trincee delle Dolomiti durante la prima guerra mondiale: egli racconta le storie e le leggende che hanno riempito la sua vita oltre che eventi ai quali ha assistito come spirito errante nelle valli dolomitiche visto che alcuni episodi sono successivi alla sua morte.
“I Was” è sostanzialmente l’introduzione a tutto questo e l’alpino introduce ciò che ascolteremo in seguito.
La figura dello scienziato protagonista del precedente disco è una di quelle cose che lui vede come spirito nel suo peregrinare.
“Tevèron – The Sleeping Giant” narra la storia del gigante Tevèron tramutato in montagna da un gruppo di streghe che lui stesso aveva scacciato, “The Legend Of Càzha Selvarega” canta della leggenda di un demone a capo di un orda di cani infernali che inseguivano le anime dei peccatori.
“Artiglieria Alpina” è un tributo ai coraggiosi alpini caduti sulle Dolomiti per difendere il suolo italiano.
“The Guardian” è un ode al Basilisco, animale mitico, guardiano appunto delle Dolomiti e raffigurato anche nello stemma araldico della città di Belluno.
In “33 Days Of Pontificate (Vatican Inc.)” raccontiamo della misteriosa morte di Papa Luciani (Giovanni Paolo I) deceduto dopo solo 33 giorni dalla sua elezione al soglio pontificio in circostanze sospette.
In “An Old Dusty Dreams” parliamo di un incubo che infestava le notti dell’alpino.
Ed infine il disco si conclude con una trilogia dedicata appunto al disastro del Vajont.
Rispetto al vostro esordio, “Belo Dunum, Echoes From The Past” ha un sound generale decisamente più tradizionale – cosa che personalmente ho apprezzato tantissimo – con meno synth e meno effetti: credo che questa sia stata una scelta naturale visti i temi che affrontate, giusto? Come vi siete regolati per la stesura dei brani? Avete scelto prima quello di cui parlare o, come mi raccontavi a suo tempo, siete partiti dalla struttura di chitarra?
E’stato appunto, come hai detto tu, abbastanza naturale abbandonare l’utilizzo di suoni elettronici in favore di strumenti più tradizionali.
Tutto questo per tornare ancora più prepotentemente alle nostre radici, non solo a livello lirico ma anche musicale.
La stesura di musica e testi è stato un processo molto fluido che è andato di pari passo, tutto è nato come sempre dalle parti di chitarra (ormai siamo soliti comporre così), ma poi tutti gli arrangiamenti sono stati creati in funzione del messaggio che volevamo trasmettere con i testi.
Un altro aspetto che ritengo vincente nel vostro disco riguarda l’oculato utilizzo di strumenti come fisarmonica, flauto e contrabbasso, che caratterizzano molto le vostre composizioni, così come i cori alpini: tutti elementi atipici per il genere, mi piacerebbe sapere quali reazioni hanno generato negli ascoltatori più “duri e puri”!
Guarda, se posso essere sincero, quando abbiamo iniziato a lavorare sugli arrangiamenti e sugli strumenti classici ci siamo chiesti cosa la gente ne avrebbe pensato, ma poi ci siamo resi conto che per trasmettere certe sensazioni questi strumenti erano assolutamente necessari.
A conti fatti la scelta si è rivelata vincente, tutti quelli che hanno ascoltato il disco hanno apprezzato la nostra scelta soprattutto perché tutti gli ascoltatori hanno compreso che musica e testi, in questo disco, sono due elementi fusi in un’unica opera.
Cito le mie stesse parole: “..death metal feroce e pesante come un macigno dolomitico, ammantato da un alone di gelida malinconia ed in cui si annidano passaggi meno tirati ma ugualmente carichi di tensione emotiva; in questo senso, voglio sottolineare come una delle caratteristiche migliori dei Delirium X Tremens sia la capacità di coinvolgere l’ascoltatore e trasmettere costantemente delle emozioni..”. Siete tra le pochissime death metal band che riescono a scuotermi emotivamente: quanto lavorate sulle canzoni prima di considerarle pronte? Di quelli presenti in “Belo Dunum, Echoes From The Past”, c’è stato qualche brano che vi ha dato filo da torcere prima di soddisfarvi appieno?
Grazie per le tue parole!
La tua domanda è molto difficile: non c’è un tempo standard di lavoro, quando una canzone è conclusa ce ne accorgiamo in modo naturale ed è proprio la musica stessa a farci capire che se andassimo oltre rischieremmo di rovinare quanto fatto fino a quel momento.
Forse la canzone più difficile da comporre è stata “I Was”, perché è stata la prima sulla quale abbiamo lavorato dopo “CreHated From No_Thing” e per focalizzare tutti gli elementi adeguati ci abbiamo messo parecchio tempo.
Sono un grande sostenitore del cantato in italiano e qui voglio dichiarare ufficialmente che “Artiglieria Alpina” è il pezzo che più apprezzo di tutto l’album. Nel disco sono presenti altre piccole parti in italiano e all’inizio di “Life Before Nothing” compare il dialetto, che presumo sia bellunese. Avete incontrato qualche particolare difficoltà nell’utilizzare testi in italiano sulla vostra musica? Che cosa hai provato nel cantare in italiano e qual’è il tuo punto di vista sul metal con i testi nella nostra lingua?
Hai pensato bene, la parte che introduce la seconda canzone sulla tragedia del Vajont (“Scream Of 2000 Screams”) è in dialetto bellunese: “Longaròn no la ghe n’è pì…”, ovvero “Longarone non c’è più..” , sono le parole che mia nonna sentì alla radio la mattina dopo il disastro, il testo in dialetto era perfetto. Cantare il testo di “Artiglieria Alpina” in italiano è stata una scelta quasi obbligata, in quanto non c’è traduzione per la parola “alpino”, o meglio, si può anche tradurre in inglese ma perderebbe il suo valore, e in ogni caso era giusto cantare le gesta dei nostri vecchi soldati nella loro lingua madre. Sono e siamo fieri di avere composto questa canzone nella nostra lingua, sono orgoglioso di averla cantata. Il cantato in italiano, secondo il mio parere, non si presta molto alla musica metal in generale, la metrica e le parole non sono molto adeguate, la canzone deve essere strutturata appositamente per il testo… l’inglese è molto più incisivo, diretto e versatile. Credo proprio però che nelle prossime composizioni l’italiano lo useremo ancora!
Non è solo la parte audio del disco ad essere curatissima, ma anche la parte visiva: mi sono comprato la versione in digipack e devo dire che è davvero bella, così come il libretto è davvero ben fatto! Ho apprezzato molto la scelta di mettere, per ogni brano, la relativa traduzione: penso di saperlo ma te lo chiedo lo stesso… quali sono i motivi di questa scelta?
Fin dall’inizio della lavorazione del disco volevamo creare qualcosa di davvero completo a tutti i livelli, volevamo che il vestito fosse adeguato al tappeto musicale e lirico che avevamo creato e abbiamo studiato l’artwork nei minimi particolari, così come le foto che sono state fatte in più momenti e in posti pensati e adeguati al concept.
Quando poi abbiamo rifinito il tutto abbiamo inserito anche i testi in italiano perché volevamo che chiunque potesse entrare al 100% nel concept sul quale tanto abbiamo lavorato e perché vogliamo che tutti possano conoscere in modo approfondito gli argomenti che trattiamo, ai quali siamo molto legati.
Con “Belo Dunum, Echoes From The Past” volevamo creare un opera da ascoltare, leggere e guardare e credo che ci siamo riusciti appieno.
A centro libretto c’è una bella poesia: vuoi parlarcene più approfonditamente e presentarci il suo autore, Mauro Corona?
Beh, Mauro Corona credo che sia uno scrittore che ormai in pochi non conoscono.
E’ un autore di Erto (paese devastato dall’esondazione del Vajont) in Friuli, autore di numerosi libri oltre che vero uomo di montagna e alpinista.
Conosciamo da tempo le sue figlie Marianna e Melissa e mentre pensavamo ad una collaborazione speciale per il disco ci è venuto in mente lui.
Lo abbiamo contattato telefonicamente, gli abbiamo spiegato di cosa avrebbe parlato il disco e gli abbiamo chiesto di scrivere qualcosa per noi.
Dopo quella telefonata per un paio di mesi non ricevemmo nessuna notizia, un giorno però aprendo la mail della band trovammo la sua poesia così come la puoi leggere nel libretto.
Era assolutamente perfetta, con due parole aveva capito quello di cui avevamo bisogno.
E’ uno scrittore per il quale abbiamo grande rispetto perché le sue opere sono semplicemente VERE.
Concludiamo le domande sulla parte visiva con le foto che vi ritraggono: sono costumi tradizionali delle vostre parti quelli che indossate, giusto? So che li avete utilizzati anche al concerto di presentazione di “Belo Dunum, Echoes From The Past”, li utilizzerete anche nei vostri concerti futuri o sarà una cosa più sporadica?
Hai indovinato, nelle foto ci puoi vedere vestiti come erano vestiti i boscaioli e la gente delle nostre valli negli anni ’30.
Come hai detto, li abbiamo utilizzati nella presentazione e da ora in poi li utilizzeremo costantemente in tutti i live, è un ulteriore modo per portare sul palco quello che vogliamo trasmettere alla gente e permettere al pubblico di entrare nello spirito del nostro disco.
Un paio di curiosità: “Belo Dunum, Echoes From The Past” gode del patrocinio della Provincia di Belluno, lo avete fatto ascoltare a qualcuno che lavora in quegli uffici? Quali commenti avete raccolto da loro e, più in generale, come sta andando il disco tra critica e fans?
Il disco è stato ascoltato dall’ex presidente della Provincia di Belluno Giampaolo Bottacin, che ci ha concesso il patrocinio in quanto ha ritenuto che il nostro disco fosse un tributo alla nostra terra, inoltre le traduzioni dei testi sono opera di una nostra amica e segretaria del presidente stesso.
Per noi ricevere il patrocinio è stato un grande riconoscimento, perché ci ha fatto capire definitivamente che avevamo creato un vero e proprio tributo alla nostra terra.
A livello generale il disco sta andando davvero bene, sia a livello di recensioni che di vendite, e fino ad ora abbiamo ricevuto solamente critiche positive che a volte hanno superato le nostre stesse aspettative.
Per noi è una grossa soddisfazione aver vinto una sfida così grande, perché la differenza con quanto fatto in passato è considerevole e non eravamo certi che tutti avrebbero capito le nostre intenzioni.
Il 2012 è appena iniziato: che progetti avete per quest’anno, oltre a sopravvivere alla profezia Maya?
Siamo montanari e della profezia dei Maya ce ne freghiamo altamente!
I Maya avrebbero fatto meglio a bersi due grappe invece che star la a tirarsi le storie…
I nostri progetti a breve termine sono incentrati sui live e sul portare on stage il nostro album per farlo conoscere a più gente possibile.
Più a lungo termine invece, stiamo iniziando a lavorare su alcune nuove idee musicali ma per il momento non mi voglio sbilanciare molto, siamo certi che chi sta apprezzando “Belo Dunum…” non potrà far altrimenti anche in futuro.
Quali sono le soddisfazioni più grandi che vi siete tolti come Delirium X Tremens e quali vi piacerebbe togliervi?
Soddisfazioni ce ne siamo tolte molte negli ultimi anni, dividendo il palco con band che abbiamo sempre considerato tra i nostri eroi musicali.
La soddisfazione più grande che ci siamo presi è quella di aver suonato sempre e solo quello che piace a noi, senza farci mai influenzare dal giudizio di nessuno e senza scendere mai a compromessi.
Quella che più ci piacerebbe toglierci, ora come ora, è quella di fare un tour come si deve e di riuscire a suonare all’estero.
Una domanda personale: cos’è, cosa rappresenta e come vive il suo rapporto con la montagna Alberto “Ciardo” Da Rech?
Non so come spiegartelo, ma ci provo anche se so che non ci riuscirò. Per me è una cosa viscerale a livello emotivo, quando contemplo una montagna sono colpito da un turbine di emozioni, dove le sensazioni predominanti sono commozione e malinconia, mescolati con un gran senso di serenità. Provo una grande ammirazione per i monti, nella loro immensità, nella loro severità, nella loro semplicità. La montagna mi fa riflettere e mi affascina. Quando mi allontano da Belluno e vado in luoghi dove non ci sono montagne, luoghi di pianura aperta o anche nelle grandi città, ho come un senso di soffocamento e tristezza che svanisce subito non appena torno nella mia città, tanto per farti capire il legame che mi unisce ai miei posti. Le montagne, spettacolari, le imponenti scogliere del cielo dove si infrangono nuvole di tempesta… Sono un montanaro e un alpino, rispetto la montagna come la mia vita. Tutto qua…
Siamo arrivati alla fine Ciardo! Non posso che ringraziarti per la pazienza con cui hai risposto alle mie domande, ma soprattutto voglio ringraziare i Delirium X Tremens per lo splendido “Belo Dunum, Echoes From The Past”! E’ un onore averti potuto ospitare, ancora una volta, sulle nostre pagine! Come consuetudine, l’ultimo spazio è tutto tuo! Ciao!
Grazie a te per il supporto e per le belle parole che hai speso per la nostra musica, ci fa piacere quando qualcuno entra in sintonia con noi e capisce fino in fondo le emozioni che si nascondono nella nostra musica.
Se volete ascoltare il canto delle solenni Dolomiti e sentire il vento che spira da esse non esitate ad ascoltare “Belo Dunum, Echoes From the Past” e a contattarci, visitando il nostro sito www.deliriumxtremens.com o inviandoci una mail a info@deliriumxtremens.com !
Sito ufficiale: www.deliriumxtremens.com
Myspace: www.myspace.com/deliriumxtremens
Etichetta Punishment 18 Records – www.punishment18records.com
Recensione di “Belo Dunum, Echoes From The Past” su EP qui