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11/05/2013 : Metalitalia Festival 2013 – Live Club Trezzo sull’Adda (MI)
In due sole edizioni, il Metalitalia.com Festival sembra essersi cucito un posto di tutto rispetto nel panorama concertistico nazionale dedicato alle sonorità più dure. Anche la seconda edizione dell’evento si è svolta al Live Club di Trezzo sull’Adda, struttura in grado di offrire sufficiente spazio anche ad espositori di dischi, a rappresentanti di etichette discografiche indipendenti e ad alcuni giornalisti della carta stampata del settore.
Il nostro viaggio all’interno del metallo comincia con i giovani thrashers norvegesi Tantara intravisti dal nostro PaulThrash che in questa giornata è stato impegnatissimo nel duplice ruolo di standista sexy e di redattore di questo portale.
[Pol] A differenza del buon Max, ancora una volta mi presento al locale in mattinata, per dare inizio ai preparativi per la lunga giornata; oltre alle band ed ai fonici, che stanno allestendo il palco per l’inizio delle danze, pochi giovani che già bivaccano in attesa dell’apertura vera e propria della giornata. Disposto quanto d’ordinanza, attendiamo solo che il tempo passi ed arrivi l’ora dell’inizio dei concerti. Sono da poco passate le 13:00 quando i TANTARA, quattro giovani norvegesi col pallino del thrash, si catapultano fuori dal tour bus appena in tempo per saltare sul palco, dopo uno stop forzato presso la dogana svizzera che ha fatto sì che loro, Gama Bomb, Torture Squad ed Artillery arrivassero per il rotto della cuffia cinque minuti prima dell’inizio del festival. Questo ha comportato l’esecuzione di soli tre brani da parte degli opener, che hanno lasciato comunque il segno, scaldando gli astanti con la loro inquadrata proposta condita da un solismo dal sapore neoclassico del chitarrista Per Semb, la classica marcia in più (per la cronaca, il chitarrista ha lasciato la band alla fine del tour).
Un linecheck corposo per inquadrare tutti gli strumenti di cui si avvalgono, che inevitabilmente “ruba” tempo prezioso all’esibizione, precede lo show dei FUROR GALLICO; i folk metallers lombardi cominciano a raccogliere consensi da subito, sintomo che l’interesse verso la loro proposta sta crescendo con la consapevolezza da parte degli stessi dei propri mezzi. Solo cinque i brani a disposizione, tra cui “La Caccia Morta”, vero e proprio inno della band, ed una versione “alternativa” del classico “Breaking The Law”. Applausi per i Nostri, ormai entrati nel cuore di molti italiani (e non solo), una nuova conferma per una band che ha ancora molto potenziale da mostrare.
[Max] L’arrivo del sottoscritto al locale è coinciso con l’ingresso sul palco degli HELLSTORM, che ho già avuto occasione di vedere dal vivo in due occasioni di supporto a Voivod ed Helstar. Anche in questo contesto ho potuto apprezzare la veemenza e la carica della band italiana, che dal vivo di certo beneficia della capacità del proprio frontman Hurricane Master di catalizzare tutta la rabbia espressa dalla violenza sonora del gruppo (pensate ad un mix dei Venom più estremi con i Possessed). Un thrash death senza fronzoli non molto originale ma che colpisce duro come un diretto in pieno volto quello della formazione meneghina, che ha già dato alle stampe il disco di debutto “The Legion Of The Storm” seguito a giugno 2012 dal secondo capitolo discografico “Into The Mouth Of The Dead Reign”, pubblicato dalla Punishment 18 Records. L’acustica non è ancora delle migliori e purtroppo non sono riuscito a fare alcuno scatto fotografico a questo concerto, abbandonato dalla batteria della fotocamera. Se amate il thrash old school più estremo ed “in your face”, date una chance agli Hellstorm.
La successiva ora per me è stata una delle più surreali degli ultimi tempi. “Alla ricerca della batteria perduta” potrebbe essere il titolo di un ipotetico cortometraggio sull’ora trascorsa nel centro di Trezzo sull’Adda per negozi (almeno quattro), seguendo le indicazioni di una gentile edicolante ed incontrando personaggi un po’ strani sul mio cammino fino ad arrivare in un gigantesco centro commerciale a pochi km da Trezzo. Qui, non prima di aver percorso un paio di km come posseduto dal diavolo (sicuramente un metallaro doc) facendo lo slalom speciale tra fiumi di persone, ho acquistato la tanto agognata batteria. Il risultato di questo vagare surreale per la periferia milanese è stato l’aver perso i successivi due gruppi che invece vi racconterà il nostro Paul, così come i sempre divertenti Gama Bomb (visti e fotografati anche da me).
[Pol] Si cambia nuovamente registro, per tuffarsi nel metal eroico, epico e battagliero degli ICY STEEL, dalla Sardegna con furore (e col furgone), usciti nel 2012 col nuovo full length “Kronothor” per My Graveyard Productions. Terzo sigillo in casa Icy Steel, che oltre a confermarsi dei buoni songwriters, inquadrati ma decisamente accattivanti, si dimostrano dei veri animali da palcoscenico per quanti come il sottoscritto non avevano mai avuto modo di vederli dal vivo. Pelle e metallo che sprizzano da ogni poro per il quartetto, con la potente voce di Stefano Galeano a suggellare una proposta musicale fiera e potente; chiude la loro esibizione l’apparizione di Rhino Earl, un nome che i fan dei Manowar non sembrano aver dimenticato, per proporre insieme ai Nostri “Metal Warriors”. C’è tempo anche per un assolo di batteria, che va a concludere l’ottima prova dei sardi; promossi appieno!
Ennesimo avvicendamento, ennesimo cambio radicale di proposta (che sarà il leit motiv dell’intero festival): sale on stage il trio dei TORTURE SQUAD, dal Brasile per festeggiare con noi la loro carriera ventennale. Thrash death senza fronzoli, che non fa prigionieri nè sconti di pena, per una brutale mezz’ora a surriscaldare i presenti. Gli amanti del genere sembrano gradire in toto l’esibizione dei Nostri, che purtroppo non usufruiscono di suoni all’altezza, poco nitidi e molto caotici; forse è tradizione di un genere estremo come il loro, peccato sia difficile dare un reale parere a quanto ascoltato da esterno e nuovo alle loro composizioni. Da rivedere in altri frangenti, magari un piccolo club potrebbe giovare al proposito…
Dal Brasile all’Irlanda del Nord, ritorna il quintetto thrash dei GAMA BOMB, qui invitato a presentare live la nuova fatica “The Terror Tapes”, senza tralasciare materiale dalle precedenti uscite discografiche. I Nostri si riconfermano più inquadrati che mai, con una proposta che se non è mai stata gradita, andrà avanti a non esserlo, sia da studio che dal vivo; certo non si può dire che il combo non sia abile mattatore, visto che le prestazioni sul palco sono sempre all’insegna del divertimento, sia per gli stessi musicanti, che per il pubblico. Tra una bordata e l’altra, con tanti ragazzi che sembrano gradire particolarmente e si lanciano scatenati nel pit, l’atmosfera si riscalda sempre più; c’è sempre spazio per il siparietto anti-fascista prima dell’esecuzione di “Mussolini Mosh”, che in Italia ha il suo posto fisso in scaletta, fortunatamente in questo caso senza ripercussioni sul buon esito della vicenda. Un nuovo plauso anche a loro, alla faccia dei detrattori meritano la notorietà di cui godono attualmente.
[Max] Gli SCHIZO dal vivo furono davvero una piacevole sorpresa in occasione del Rock Hard Festival del 2011 (quello che vide i grandi Coroner headliner), quando vennero descritti da molti come una delle rivelazioni nonché una delle esperienze live più intense di quella giornata. Musicalmente si può parlare di rivelazione relativamente ai technical thrashers catanesi solo se si è completamente all’oscuro della qualità dei loro tre dischi. Il frontman Nicola Accurso, con tanto di passamontagna da brigante, è uno dei più carismatici vocalist della nostra scena thrash. Ricordo ancora un singolo uscito a metà degli anni ’90 (che posseggo ancora), “Tones Of The Absolute”, che mostrava la band proporsi in un modo più tecnico e sperimentale rispetto all’old school dell’esordio discografico. Quegli anni furono davvero difficili per la band e queste sonorità ed il ritorno in auge del thrash ha certamente ridato al gruppo un’altra meritatissima chance. E’ triste fare discorsi della serie “se questi fossero stati americani o tedeschi…”, ma la verità è che con un supporto maggiore e con un pubblico nostrano meno esterofilo, questa formazione avrebbe raccolto molto di più. Anche dal vivo questi musicisti sono davvero validissimi ed hanno un tiro davvero invidiabile. Da diversi anni (nel 2007 e nel 2010 sono stati pubblicati due dischi nuovi), la formazione pare tornata a “tritare” old school thrash come dallo storico “Main Frame Collapse”. L’assaggio del nuovo disco si chiama “Hysterical God” e fa decisamente ben sperare, anche se sono i vecchi cavalli di battaglia “Violence At The Morgue” e “Main Frame Collapse” ad esaltare di più gli appassionati di questa dotatissima formazione siciliana. Orgoglio italiano.
Attendevo il concerto dei DEMON come un vero “evento nell’evento” e sono lieto di dire che la band ha confermato per la seconda volta (dopo lo Steel Fest di Bologna qualche anno fa) di possedere davvero qualcosa di speciale anche in sede live. Se con gli Schizo si parlava di una band che ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato, beh, i Demon sono forse nel podio delle bands più sottovalutate della storia del metal. Con la loro sfortuna forse arriverebbero quarti. Poco male, perché se parli con il loro leader Dave Hill, l’unico membro originale della formazione ma anche mente del gruppo, sembra che sia straordinariamente in pace con sé stesso e ben felice anche nel ruolo di frontman di una delle più versatili ed ispirate melodic metal bands della storia. Con i Demon gli appassionati delle sonorità melodiche cominciano veramente a riscaldarsi le ugole e a battere il tempo con il classico headbanging. Con pezzi come “Sign Of The Madman”, “Night Of The Demon” o “The Spell” i tanti fans della NWOBHM hanno di che gioire e le ovazioni tributate all’act britannico, meritatissime, si susseguono a ripetizione. Il nuovo disco “Unbroken”, l’ennesima gemma di una discografia lunghissima e senza punti davvero bui viene rappresentato dalla frizzante “Fill Your Head With Rock” e da una titletrack che chiaramente si collega al pezzo più noto ed amato della band, quella “Don’t Break The Circle” annunciata da uno dei riffs più ipnotici della storia del rock duro. Il suo chorus è cantato all’unisono da centinaia di persone e l’effetto è straordinario. Sembra la fine dello show ed è un tripudio di applausi. Prima del concerto avevo richiesto a Dave un pezzo piuttosto amosferico, “Life On A Wire” da “Breakout”, un’assoluta gemma del periodo più melodico della formazione e la risposta era stata “we’ll see, we dont have time to play many songs”. Nonostante sia molto controproducente suonare un pezzo rock molto tranquillo (suonato un po’ rallentato è quasi una power ballad) dopo il tuo pezzo più noto ed acclamato la formazione si ripresenta sul palco ed attacca proprio una struggente “Life On A Wire” come bis preceduta da un assolo di chitarra carico di feeling. Si tratta di un pezzo che, di norma, non è mai suonato in chiusura di un concerto. Ma i Demon sono tutto tranne che una band normale. Indimenticabile.
[Pol] Chi negli ultimi 4/5 anni non ha visto almeno una volta dal vivo gli ARTILLERY, in occasione delle loro visite italiche in promozione ai due album più recenti? Almeno quanti provengono dal nord della Penisola, difficilmente se li saranno lasciati sfuggire… se li avevamo visti pochi mesi prima (settembre 2012) sempre nella stessa location del Live per il Rock Hard Festival, questa volta i Nostri si presentano con una nuova formazione, avendo da poco sostituito il precedente vocalist Søren Nico Adamsen col giovane Michael Bastholm Dahl. Molti e discordanti i pareri che ho colto al termine della loro esibizione, la maggior parte dei quali poco inclini a valutare positivamente il nuovo arrivato; onestamente, il precedente Adamsen faceva la sua figura in studio, ma dal vivo aveva vistose lacune, che Dahl sembra invece coprire con una voce versatile. Il detto che recita “gallina vecchia fa buon brodo” trova ancora una volta riscontro nell’esibizione degli Artillery, supportati anche dalla prova sopra le righe dell’altro recente acquisto dietro le pelli, Josua Madsen. A titoli più recenti, si alternano le hits del passato che non possono mai mancare, e “The Challenge”, “By Inheritance” e “Khomaniac” servono giusto per veder brillare gli occhi dei meno giovani presenti e far nuovamente prendere vita, seppur timidamente, a “movimenti sussultori” in direzione palco. Come recitava non molto tempo fa una nota pubblicità, “a me me pia(s)ce”, o quantomeno da fan boy ho rivisto una formazione che ha ancora molto da dire e non ha alcuna intenzione di limitarsi nel farlo nell’immediato futuro.
[Max] I VICIOUS RUMORS stanno vivendo una sorta di seconda giovinezza che è cominciata con l’arrivo di James Rivera dietro al microfono per il disco “Warball” ed è proseguita alla grande con lo splendido “Razorback Blade” ed il quasi altrettanto bello recentissimo “Electric Punishment”, una doppietta di pregevoli lavori discografici che ha visto l’ingresso nella band del talentuoso vocalist Brian Allen. Brian ha dovuto affrontare problemi familiari e allora James Rivera, nel frattempo completamente riappacificatosi con il chitarrista e leader del gruppo Geoff Thorpe (che gli aveva “amichevolmente” spaccato una bottiglia in testa qualche anno fa..) è tornato in sella con la sua peculiare voce acutissima per queste date europee. Capisci che una band storica è in un momento di grazia quando rinuncia a suonare storici anthems del livello di “Soldiers Of The Night” o “Digital Dictator” per lasciare spazio ai nuovi classici “Murderball”, “Blood Stained Sunday”, “Razorback Blade”, “I Am The Gun”, “Electric Punishment” e così via… I Vicious ora credono nel loro nuovo materiale perché si tratta di metal di alto livello che anche dal vivo, tra la potenza sprigionata dal drummer Larry Howe, gli assoli fulminanti di una delle coppie migliori di chitarristi della scena (Thorpe sa scegliere sempre bene i suoni compagni) e le linee vocali assassine del frontman di turno che ci mostrano una eccellente band che per una serie di motivi non ha mai raggiunto lo status di grande nome della scena metal mondiale. Il maiuscolo show, dopo una sfilza di brani nuovi, viene reso più epico dalla riproposizione dei vecchi classici “On The Edge” e “March Or Die”. In mezzo tanto sudore, una tecnica maiuscola, il ghigno grintoso di Geoff, la voce assurda di James Rivera ed una band che macina riffs e cambi di tempo con una scioltezza ed una compattezza che hanno pochi pari. Una delle poche bands storiche che ha sostituito la celebrazione della nostalgia della decade ottantiana (che pare alla base dell’esistenza di così tanti vecchi acts) con un nuovo glorioso corso. Cuori impavidi.
Che i SADIST siano una band di caratura superiore i loro appassionati e gli addetti ai lavori lo sanno benissimo. Tuttavia, nonostante il generale disprezzo che gli estimatori delle sonorità più soft e melodiche generalmente riservano al cantato estremo (senza nessun riferimento al valido e simpatico Trevor) sentire i neutrali complimenti dei fans degli Uriah Heep alle peripezie tecniche di Tommy, Andy ed Alessio è davvero piacevole. I Sadist sono una mosca bianca nel panorama metal italiano. Una delle poche formazioni nostrane davvero originali che ha ben presto forgiato un sound veramente personale senza seguire costantemente le impronte sonore di uno dei grandi nomi della scena, un difetto congenito di molte band del nostro paese (e non solo). Il geniale uso delle tastiere da parte di Tommy Talamanca è da sempre l’arma in più della band, il trademark di un gruppo che fa della grande tecnica e del gusto compositivo una caratteristica quasi innata. Per l’occasione vengono celebrati i venti anni del primo disco “Above The Light” riproposto quasi integralmente salvo lo spiacevole taglio (per assurdi motivi di tempo) dell’ultimo pezzo “Happiness ‘N’ Sorrow”. La novità della serata è la presenza di un quartetto d’archi a dare ancora maggiore atmosfera a brani già carichi di melodie evocative. La cosa curiosa è che, nonostante la presenza di violini, viola e violoncello Tommy Talamanca rimane sempre il catalizzatore sonoro dello spettacolo. La sua intuizione di inserire partiture di tastiera che ricordano i Goblin e certi gruppi prog anni ’70 in un contesto death progressive è stata grandiosa. Se aggiungete a questa idea la tecnica necessaria per suonare assoli del calibro di quelli di “Enslaver Of Lies” capirete che siamo davanti ad un musicista metal davvero fantastico. Al solito Trevor è un cerimoniere di grande livello, anche quando si tratta di dare il giusto merito ai validissimi musicisti sul palco. Se la band volesse riservare lo stesso trattamento dal vivo al capolavoro “Tribe”, a mio avviso il miglior disco della band, farei di tutto per esserci. Sarebbe sadico non farlo.
Da una band sperimentale ad una che non cambia quasi nulla da un disco all’altro. Il metal è anche questo. Anzi, per certi versi, il modus operandi dei teutonici DESTRUCTION rispecchia almeno l’ottanta per cento dei gruppi thrash metal che fanno della coerenza assoluta il loro lifestyle dal punto di vista musicale. La band capitanata dall’imponente bassista e vocalist Schmier è tanto poco originale quanto incredibilmente solida ed efficace quando si tratta di picchiare duro e sfornare old school thrash in salsa crucca. Dall’ultimo disco “Spiritual Genocide” viene proposto anche un brano come “Carnivore”, un mid tempo più accessibile rispetto ai soliti canoni del panzer tedesco, non a caso utilizzato pure per un videoclip. La stage presence di Schmier è innegabile, così come la professionalità e l’abilità del gruppo di tenere sempre alta la tensione dello show durante l’ora abbondante di durata. La scaletta tocca almeno sette uscite discografiche e i pezzi che la platea di thrashers dimostra di gradire di più sono “Nailed To The Cross”, “The Butcher Strikes Back” e l’animalesca “Bestial Invasion”. Il meglio i Destruction lo riservano però per il finale. Dopo aver fatto intonare ai presenti un improvvisato “Happy Birthday” dedicato al chitarrista Mike Sifringer (che oggi fa 48 candeline) i nostri si congedano con quello che forse è il loro migliore pezzo, una “Curse The Gods” dai riffs straordinari e dal testo molto diretto e semplice ma anche molto meno blasfemo e più socialmente impegnato di quel che il titolo lascerebbe supporre. Immarcescibili questi thrashers tedeschi. Thrash till Death!
Dopo tanto thrash, un po’ di death ed una cospicua porzione di melodic metal, fa forse strano ritrovarsi gli URIAH HEEP come headliners. Gli Heep sono una band leggendaria in ambito hard rock, meritevoli di essere considerati se non alla stregua di Black Sabbath e Deep Purple almeno molto vicini ai due più celebri nomi del rock duro britannico. Parlare di questo concerto della band di Mick Box a pochi giorni dalla scomparsa dello storico bassista Trevor Bolder mette una certa malinconia. Durante i quattro concerti che ho avuto la chance di vedere con Trevor in formazione ho ricordi di un bassista dalla carica contagiosa, dalla perizia esecutiva innegabile e dalle backing vocals davvero efficaci. Se pensate che Trevor era il bassista di David Bowie ai tempi del capolavoro “The Rise And Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars” allora potrete immaginare meglio di che razza di perdita (anche dal punto di vista umano ovviamente) si tratti. In questo tour Trevor era stato sostituito da Dave Rimmer. Questo tour ha visto il ritorno alla voce, solo per poche date, del vocalist John Lawton, già dietro al microfono con gli Heep per tre dischi dal 1976 al 1979 e già singer originale in classici pezzi come “Free Me” (non eseguita questa sera ma suonata nella data successiva a Padova) e “Sympathy” rispettivamente estratte da “Innocent Victim” e “Firefly”. Lawton ha ancora una voce rock calda e bellissima, adattissima sia alle canzoni più bluesy e soft che a quelle più tirate grazie ad un’ugola ancora in eccellente condizione anche sulle note alte. Dietro alle pelli Russell Gilbrook si conferma un powerhouse drummer dalla potenza incontenibile, fin esagerata quando si tratta di puntellare con delicatezza le parti musicali più lente. Per il resto, detto di un Phil Lanzon che è ormai da molti anni una garanzia di qualità alle tastiere (anche se non sarà mai influente come lo straordinario organista-pianista storico della formazione Ken Hensley) va lodata anche la prova dell’evergreen Mick Box alla chitarra. Mick, con il suo stile inconfondibile, con il suo tocco caratteristico, rimane l’unico vero elemento insostituibile della band, quasi come Tony Iommi nei Black Sabbath. Il pubblico è davvero caldo e si esalta oltremisura per la sfilza di classici che parte con “Gipsy”, prosegue con “Look At Yourself”, “July Morning” e “Lady In Black” per arrivare a chiudere il sipario sull’intero festival dopo i bis di “Free ‘N’ Easy” (con tanto di ragazze scatenate sul palco con la band) e con l’inno “Easy Livin'”. Applausi. Al prossimo anno.
Di seguito altre foto della giornata, realizzate da Massimo “Max Moon” Guidotti:
Gama Bomb:
Schizo:
Demon:
Artillery:
Vicious Rumors:
Sadist:
Destruction:
Uriah Heep:
Altre foto della giornata: