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28/08/2013 : Nine Inch Nails + Tomahawk (Mediolanum Forum, Assago (MI)
Il rock industriale e l’alternative rock-metal più sperimentale hanno conosciuto tempi migliori. Non sono più delle novità in termini di sound, avendo espresso il meglio del repertorio negli ormai lontani anni ’90 e non beneficiano nemmeno del traino delle nuove leve che sembrano orientate su ben altri lidi sonori. Tuttavia due personalità del calibro di Trent Reznor e Mike Patton hanno ancora molto da dire e dare al mondo della musica dura e ce ne hanno dato l’ennesima dimostrazione a fine agosto, in un Forum d’Assago quasi gremito per il ritorno dei grandi Nine Inch Nails.
E’ l’originale alternative metal dei TOMAHAWK di Mike Patton ad aprire le danze, con il frontman degli straordinari Faith No More ad impressionare il pubblico per l’eccellente forma vocale e per il suo solito istrionico carisma. Patton è stato sposato per sette anni con una ragazza di Bologna e parla piuttosto bene l’italiano, alla sua maniera, quasi imitando le voci cinematografiche del classico italoamericano malavitoso. I Tomahawk sembrano dei Faith No More ancora più sperimentali con contrasti tra le strofe groovy e talvolta atmosferiche ed i ritornelli con alzata di tono e di solito una bella sferzata metallica resa ancora più epica dalle maestose tastiere. Un numero contenuto dei presenti sembra conoscere buona parte dei pezzi suonati, in particolar modo quelli estratti dal debutto discografico del 2001 come “God Hates A Coward”, “Flashback”, “POP 1” e “Point And Click” mentre dal nuovissimo disco “Oddfellows” rilasciato quest’anno sono state eseguite la titletrack, “I.O.U.” e “Southpaw”. C’è anche tempo per un pezzo più soft con Patton a gigioneggiare egregiamente supportato da una band che lo segue in ogni momento. Un grandissimo antipasto.
I NINE INCH NAILS non hanno bisogno di presentazioni ed evidentemente neanche di intro speciali o che si spengano le luci prima di arrivare sul palco. Quando Trent Reznor fa il suo ingresso on stage a luci accese e quasi senza preavviso capisci subito che la serata sarà solo basata sulla musica ma non per questo l’aspetto visivo verrà tralasciato. Tra le luci apparentemente minimali ma molto sofisticate e la proiezione delle ombre dei membri della band proiettate su pannelli abilmente mossi dalla crew dei NIN dalle retrovie sembra quasi di assistere ad una pièce teatrale sperimentale che fonde il rock elettronico mai così pop e danzabile della band con un uso sincronizzato di elementi che servono quasi ad animare la band anche quando ogni musicista se ne sta composto dietro al proprio strumento (di solito batteria elettronica o sintetizzatore). Si arriva anche a distorcere l’immagine di Trent e compagni con apposite telecamere munite di filtro, e tutto contribuisce a ricreare un’atmosfera sintetica, artefatta, modificata. Reznor si ripresenta al suo pubblico in grande forma fisica, muscoli guizzanti ed una formazione live di cui fanno ancora parte lo storico Robin Finck ed Alessandro Cortini rinnovata dall’innesto di Josh Eustis.
Il concerto parte subito alla grande con tre validissimi estratti dal nuovo disco “Hesitation Marks”. Se “Copy Of A” ci ricorda che tutto o quasi è una sorta di copia di qualcosa che lo ha preceduto e possiede un beat ed un chorus tanto semplici quanto irresistibili, “Came Back Haunted” è anche meglio ed oltre ad essere orecchiabile ha un ottimo groove. Il nuovo corso dei NIN sembra decisamente votato alla melodia con l’elettronica a farla da padrona sulla componente rock della band. Un altro pezzo nuovo come “Find My Way”, dall’indubbia vena pop, farebbe la sua bella figura anche in un disco dei grandi Depeche Mode. Ovviamente i fans si aspettano di esplodere da un momento all’altro ed il lato più “fisico” della band viene fuori con la sempre terremotante “March Of The Pigs”. La differenza con il passato sta nel fatto che i pezzi più vecchi un tempo suonavano quasi pericolosi, più violenti e feroci, con un Trent Reznor ancora più scatenato on stage. Ora la carica rimane ma è quasi come se fosse volutamente più controllata, il sound è perfetto e la nuova line-up già affiatatissima. Oltre ai classici vecchi e nuovi “Piggy”, “Terrible Lie”, “Gave Up”, “Wish”, “Survivalism” e via dicendo i nostri ci propongono una bella cover di “I’m Afraid Of Americans” dal repertorio del “duca bianco” David Bowie e la meno suonata “What If We Could?” anche se l’incontentabile sottoscritto avrebbe gradito risentire la classica cover di “Dead Souls” dalla seminale soundtrack de “Il Corvo”. La chiusura dello splendido concerto è esplosiva grazie ai classici “The Hand That Feeds” e “Head Like A Hole” prima del commiato con le emozioni regalate da “Hurt”, una delle slow songs più ispirate ed affascinanti mai scritte sulla sofferenza. I Nine Inch Nails sono tornati.
Di seguito altre foto della serata, tutte realizzate da Massimo “MaxMoon” Guidotti.
Tomahawk:
Nine Inch Nails: