Exhorder – Slaughter In The Vatican (1990)

Titolo: Slaughter In The Vatican
Autore: Exhorder
Genere: Thrash Metal
Anno: 1990
Voto del redattore HMW: 8,5
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Sembra assurdo ma ancora oggi ci sono metallari che credono che il debutto discografico dei Pantera sia avvenuto nel 1990 con il rivoluzionario “Cowboys From Hell”. Peccato però che esistessero addirittura dal 1981 e che prima di quell’album ne avessero già pubblicati ben quattro (i primi tre di stampo glam metal sulla scia dei vari Mötley Crüe e compagnia; il quarto, il primo con Phil Anselmo alla voce, più heavy/power metal). E, anche se la cosa è ormai diventata di dominio pubblico, c’è qualcuno che ancora non ha mai sentito nominare gli Exhorder, da cui i Pantera “rubarono” (edulcorandolo un po’) il suono facendo così nascere il cosiddetto groove metal, cioè la branca “ballabile” e “tamarra” del thrash. Ciò significa che gli Exhorder, nati nel 1985 e amici degli stessi Pantera, potrebbero essere considerati i veri progenitori del groove metal, ma d’altro canto sono durati pochissimo e fra l’altro il loro debutto “Slaughter In The Vatican” uscì nel mese di Ottobre 1990 per conto della piccola Roadracer Records (una sussidiaria della Roadrunner Records) mentre “Cowboys From Hell” nel Giugno dello stesso anno per la major Atlantic. E così adesso la gente adora i Pantera e ignora gli Exhorder. Un motivo in più per riscoprire un album incredibilmente innovativo per l’epoca ma purtroppo passato inosservato.
Dopo questi pallosi ma comunque necessari convenevoli, devo dire subito che “Slaughter In The Vatican” mostra un gruppo con le palle cubiche, capace di bordate violentissime condite magari con un riffing isterico come di tempi medio-lenti spesso in un selvaggio mosh, offrendo così un thrash dinamico ma tremendamente poco incline alla melodia. Sorprende infatti l’immensa cattiveria vomitata dagli Exhorder, visto che, tanto per dire, certi riffs come certe intro lente e oscure (“Desecrator” e “The Tragic Period”) rimandano molto al death metal (che proprio allora stava emergendo definitivamente dall’underground, e non a caso l’album venne registrato ai Morrisound Studios di Tampa, Florida, ergo dietro alla console troviamo nientemeno che Scott Burns). Ma a rendere così cattiva la musica ci pensa moltissimo anche Kyle Thomas, una sorta di Phil Anselmo decisamente più aggressivo e invasato abile a sputare dei bei grugniti ma anche qualche urlo come delle linee vocali assurdamente folli e particolari che dovete per forza sentire per credere, anche perché qui e là ci sono delle sovraincisioni utili a rendere l’assalto ancor più malato.
Un po’ curiosa è la struttura dei pezzi: questo perché alcuni di essi presentano dei brevissimi e talvolta strambi stacchi nei quali spesso emerge una chitarra rumorosa. Il batterista, invece, riesce a dar movimento all’intero discorso attraverso delle partiture anche non esattamente convenzionali offrendo in ogni caso una prestazione dinamica e ben equilibrata fra tempi veloci (solitamente degli up-tempo belli furiosi) e più lenti. E fate conto inoltre che ben tre canzoni sono lunghe almeno 6 minuti, con il picco di 7 e 20 circa della conclusiva titletrack, e quindi non è proprio una passeggiata ascoltarle pur non essendo assolutamente cervellotiche.
Numerosi i momenti memorabili: per esempio, sono da menzionare gli improvvisi blast-beats dell’iniziale “Death In Vain”, unico caso in cui ci sono ma è solo un (peraltro piacevole) attimo; oppure il finale violentissimo (con un Kyle rabbioso più che mai) di “Desecrator”, il quale precede una parte dove il ritmo diventa gradualmente sempre più veloce (e ‘sta canzone è pure l’unica del lotto a non avere neanche un assolo); o ancora l’attacco di batteria impazzito di “Anal Lust” (che ha un testo veramente delirante, in pieno Exhorder-style del resto) come l’inquietante finale della psicotica “The Tragic Period” o (e dopo questa basta!) il rallentamento brusco di “Homicide” che fa partire un secondo assolo subito dopo il primo, suonato durante un incontrollabile assalto in tupa-tupa. Memorabile, ma purtroppo in tutt’altro senso, è la canzone autocelebrativa, perfetta fino al finale che invece la rovina un po’ proponendo una prolissa parte veloce che forse sarebbe uscita meglio se ci fosse stato l’apporto vocale di Kyle, qui stranamente silenzioso.
Per farla breve, “Slaughter In The Vatican” è forse uno dei dischi thrash metal più violenti di sempre, senza menzionare la sua atmosfera, tutta folle e particolare. E paradossalmente, è anche un disco che, grazie ai suoi momenti più groove metal, fa sufficientemente ballare l’ascoltatore. E’ proprio in questi momenti che le similitudini, spesso palesissime, con i Pantera vengono a galla ma ciò, è bene sottolinearlo, non significa che Anselmo e soci fossero una copia-carbone degli Exhorder, e inoltre loro non hanno mai nascosto di essere stati influenzati da questi ultimi. Pensate, anche la produzione pulita di “Slaughter In The Vatican” è simile a quella di “Cowboys From Hell”. Ma devo ammettere che non mi piace per niente il suono “plasticoso” del rullante (ecco, sentitevi il finale della già citata titletrack e poi fatemi sapere).
A ogni modo, dopo l’album di debutto, gli Exhorder pubblicarono nel 1992 il più groove “The Law”, dopodichè si sciolsero per ritornare, dopo vari tentativi andati a vuoto, nel 2008 (seppur se ne siano perse recentemente le tracce… chissà che stanno facendo adesso?).

Tracklist:

1 – Death in Vain
2 – Homicide
3 – Desecrator
4 – Exhorder
5 – The Tragic Period
6 – Legions of Death
7 – Anal Lust
8 – Slaughter in the Vatican

Line-up:

Kyle Thomas – voce
Vinnie LaBella – chitarra/basso
Jay Ceravolo – chitarra/basso
Chris Nail – batteria

Sito ufficiale: http://exhorder.com
Facebook: https://www.facebook.com/pages/Exhorder/51192188776

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