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02/06/2016 : Gods Of Metal (Monza)
RAMMSTEIN
KORN
MEGADETH
SIXX:A.M.
GAMMA RAY
HALESTORM
THE SHRINE
JEFF ANGELL’S STATICLAND
PLANET HARD
OVERTURES
L’evento metal più grosso e conosciuto del nostro paese, il festival a cui ogni bravo metallaro è stato almeno una volta nella vita, ritorna dopo qualche annetto di pausa condensando in un solo giorno una bill promettente sotto diversi aspetti per quanto eterogenea.
L’unico giorno di metallo italiano cade in un periodo di piogge torrenziali e giornate di giugno che sembrano fine novembre. Fino alla sera prima consulto almeno dieci diversi siti di meteo nella vana speranza che qualche prospettiva ottimista faccia capolino, ma il responso è sempre lo stesso: pioggia e temporali su Monza, tutto il dannato giorno.
La mattina partiamo dunque attrezzati di ombrello, impermeabile, cambio vestiario per non restar dodici ore fradici, e ovviamente anche crema a protezione solare. Sì, perché a me piace essere previdente e/o perché conosco bene l’assurdità del fato.
Arriviamo a Monza con una ventina di minuti di ritardo rispetto alla tabella di marcia, un ritardo rispettabilissimo considerata la macchina così composta: ben quattro donne e un solo uomo.
Riusciamo a parcheggiare piuttosto vicino all’entrata e già mi sento ottimista: “ormai è fatta, sono riuscita a non perdermi i primi gruppi” – penso tra me e me.
Peccato che quaranta minuti dopo io sia ancora per strada, a far parte della transumanza umana di poveri metallari costretti a farsi un circuito chilometrico per aggirare il parcheggio, il parco, l’autodromo, l’universo, prima di giungere alla maledetta area concerti.
Quando arrivo i primi gruppi han già suonato, ma c’è il sole, poche nuvole e l’area verde su cui troneggia in fondo un palco mastodontico fanno certamente un’ottima prima impressione.
Lungo tutto il perimetro ci sono parecchi stand di cibo e birra, per quanto omologati ad un solo marchio e a una ristretta tipologia di panini. Ci sono anche schiere infinite di bagni chimici divisi per sesso per sopperire agevolmente alle necessità di scarico birra. Tutto sommato il prezzo della birra è decente, peccato che non ci sia acqua potabile da nessuna parte e l’unico modo di dissetarsi per tutto il giorno sia spendere ogni volta due euro per una bottiglietta da mezzo. Gli animali al pascolo hanno più comfort di noi, a quanto pare.
Infine, concedetemi un’ultima lamentela prima di passare ai gruppi: il golden circle per i biglietti vip. Premetto che non andavo a grossi festival da molti anni, quindi per me è stato il primo confronto con l’area riservata sotto al palco. Nelle mie ottimistiche aspettative si trattava di una piccola zona, ma la realtà è che arrivati alle transenne per i comuni mortali il palco era ancora mezzo chilometro più in là. No, per me è no. Rabbia e frustrazione nel finire contro una transenna e tendere le braccia verso musicisti lontanissimi senza la possibilità di fare un unico grosso pogo sotto al palco e chi sopravvive sopravvive. Perché siamo tutti una grande famiglia unita nel metal o no? Parrebbe di no.
Ma sarà meglio passare ai gruppi.
THE SHRINE
Il trio statunitense va giù di hard rock sparato a palla ed energia pura. Nonostante mezzo parco sia impegnato in pranzi pic-nic sull’erba la band riesce a coinvolgere il pubblico sfoggiando brani orecchiabili e piuttosto immediati. Godibili senza dubbio, anche se personalmente non li ho trovati così eccezionali da meritare un palco tanto ambito.
HALESTORM
E’ ancora primo pomeriggio quando salgono sul palco i fratelli Hale. Il titolo di Hottest Chicks in Hard Rock calza a pennello a quella gran fanciulla di Elizabeth “Lzzy” Hale, che domina il palco con innata attitudine e manda fuori di testa alcuni metallari deboli di cuore che arrivano persino ad alzare cartelloni in suo onore come fossero ragazzine ad un concerto dei Take That. Ma Lzzy non è solo bella, non ha solo un carisma pazzesco e un’ottima capacità di interagire con il pubblico: la ragazza ha soprattutto due corde vocali grosse tanto. Lasciatevelo dire da una che studia canto: Lzzy ha fatto delle cose mostruose con la voce. Padroneggia a perfezione e sporca il giusto, coinvolge il pubblico a più riprese e lascia anche la scena al fratello quanto basta per farci apprezzare le sue doti di batterista tanto talentuoso quanto esibizionista. Arejay Hale fa veramente i numeri, e mi riprometto di vederli dal vivo in solitaria appena sarà possibile per apprezzare meglio nell’interezza il loro show. Con gli Halestorm l’indice di qualità delle band del festival si alza già di parecchio e il pubblico sembra apprezzare, cantando a squarciagola le hit della band come “Apocalyptic” e “I Miss The Misery”.
GAMMA RAY
Con i Gamma Ray arriva repentina la svolta power metal, con una band tanto storica quanto forse un po’ provata dagli anni che pesano sul groppone. Un po’ tutti speravamo di sentire Kay Hansen al microfono, invece si è limitato ad intervenire di tanto in tanto, lasciando l’esecuzione principale delle linee vocali a Frank Beck. Quest’ultimo non eccelle per doti canore ma se la cava discretamente, anche quando è ora di fare canzoni degli Helloween come “I Want Out”. Tutto sommato fanno un bello show pomeridiano e sono anche gli unici a beccarsi due gocce di pioggia in tutta la giornata. Alla faccia delle previsioni meteo e della mia borsa in cui non ci stava più nulla per far posto a impermeabile ed ombrello.
SIXX AM
Arriva il momento della goduria femminile (anche se personalmente me ne chiamo fuori), dato che sul palco ci sono ben due maschioni dallo storico sex appeal: il leggendario Nikki Sixx e il carismatico DJ Ashba. A coronare il tutto il frontman James Michael che ha dato prova di gran doti canore e di personalità da vendere. Per la parità dei sessi, a regalare il contentino pure ai maschietti ci pensano due coriste aggressive in minigonna. Il momento glam sembra infiammare il pubblico che si sta facendo sempre più numeroso e l’energia della band non fa certo rimpiangere i Motley Crue.
I ragazzi si dimostrano esuberanti e teatrali on stage, ma si danno da fare anche una volta scesi dal palco, visto che si concedono ampiamente per meet and greet sia ufficiali che improvvisati.
MEGADETH
Partono le note di “Hangar 18” ed è già pogo sparso qua e là tra i veri nostalgici del vecchio thrash Bay Area.
Il terzetto iniziale “Hangar 18”, “Wake Up Dead” e “In My Darkest Hour” è violento quanto apprezzatissimo, ed inizia alla grande quello che è forse lo show migliore della giornata fino a questo momento. Suonano per una settantina di minuti circa, molti i classici ma anche le nuove proposte estratte dall’ultimo “Dystopia”. Dave accusa qualche difficoltà vocale ma è decisamente in forma, come i suoi compagni di band tra i quali sembrano esserci gran sinergia ed affiatamento. Il livello tecnico è mostruoso, la performance fila via che è un piacere e quando finisce sembra sempre troppo presto.
Il pubblico dimostra di godersi lo show, il pogo si scatena qua e là anche se molto meno di quanto mi aspettassi, con tanto di occhiatacce ripetute e lamentele da parte di personaggi inchiodati nel loro metro quadrato esistenziale che forse pensano di essere ad un concerto a teatro. Ma questo è thrash, signori, e per chi se lo sa godere sudando e fracassandosi le ossa insieme ai propri fratelli è una goduria che non si può descrivere.
Verso la fine Dave chiede al pubblico un minuto di silenzio in onore del batterista Nick Menza da poco scomparso e un silenzio irreale domina l’intero parco di Monza, dopo che i più testoni ancora urlano per non aver capito una sola parola ma vengono zittiti dagli amici.
KORN
L’arrivo sul palco dei Korn mi provoca un leggero scompenso spazio temporale e per qualche minuto mi autoconvinco di esser ritornata adolescente.
Aprono con “Blind” e già fanno ben sperare per un concerto pieno di classiconi. Speranze ben riposte, dato che la scaletta presenta la stragrande maggioranza di canzoni datate almeno dieci anni e più, che il pubblico conosce a perfezione e canta a squarciagola. I pezzi danno l’idea di una band con un sound compatto, perfettamente riconoscibile, marchiato a fuoco con il loro nome. C’è anche lo stacco con la cornamusa e un’improvvisata “One“ dei Metallica. E c’è un pubblico scatenato che salta e si diverte confermando l’assoluta modernità di brani così datati. “Falling Away From Me”, “Freak On A Leash”, “Somebody Someone” sono solo alcune chicche di un concerto stratosferico, senza dubbio riuscitissimo.
RAMMSTEIN
Sugli schermi parte il conto alla rovescia e l’ingresso in scena dei nostri tedesconi è spettacolare come solo a loro si addice. Till arriva ballando il tip tap, si toglie il cappello a cilindro e lo fa esplodere mentre tutto intorno impazza lo spettacolo pirotecnico. I Rammstein sono potenti, imponenti, spettacolari, magnifici. Che piaccia o meno la loro musica è impossibile non restare a bocca aperta davanti ad uno show magnificente che poche altre bands possono permettersi, soprattutto nella scena metal. Le trovate pirotecniche e il massiccio uso del fuoco ammaliano il pubblico, mentre ci godiamo le sonorità martellanti e al tempo stesso così peculiari e accattivanti. Per chi li ha già visti dal vivo alcune cose sono prevedibili, come le bocche di fuoco su “Feuer Frei”, le fiammate su “Du Hast” e i fuochi d’artificio su “Ich Tu Dir Weh”, ma come non sentirsi dei bambini al circo davanti alle piattaforme mobili su cui i chitarristi sono entrati in scena, la bomba umana Till Lindemann alla fine di “Zerstören” e le nuove ali di fuoco utilizzate in chiusura su “Engel”? C’è da dire che dietro alla meraviglia ci sono anche problemi tecnici con le basi e con alcune macchine del fuoco, ma il pubblico sembra non accorgersene e lo spettacolo vince su tutto. Anche se dura poco, o meglio, meno di quanto ci si aspettava, e un po’ di delusione è inevitabile.
