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10/09/2017 : Metalitalia.com Festival 2017 – Day 2 (Trezzo, MI)
Seconda giornata del Metalitalia.com Festival! Mettiamo da parte il power metal e l’allegria per calarci nel lato più oscuro della nostra musica preferita.. black metal in apertura con Shores Of Null e Necromass, ma anche musica “occulta” come quella degli storici Mortuary Drape, passando per i Goblin di Claudio Simonetti, una vera chicca con le loro musiche horror che tanti tuffi al cuore ci hanno dato unite agli splendidi film di Dario Argento..
Largo poi ai Samael, gruppo abilissimo per aver saputo cambiare pelle nel corso degli anni mantenendo una forte credibilità, poi ancora i Moonspell, amatissimi dal pubblico italiano e conclusione in grande con uno show speciale dei Death SS che festeggiano i 40 anni di attività! Una giornata lunga e carica di emozioni, raccontanta nel nostro live report!
Non avevo mai sentito nominare nè ascoltato nulla di questa formazione romana, tali Shores Of Null, prima di questo Metalitalia.com Festival. Collocati in apertura di giornata e col difficile compito di intrattenere il pubblico presente in sala (non molto numeroso a dire il vero, dato l’orario di primo pomeriggio, complice un tempo da lupi fuori, con pioggia e vento incessante), gli Shores Of Null sono riusciti appieno nell’impresa, convincendo e coinvolgendo con il loro stile metal un po’ indefinito, ma anche variegato, molto metal goth ed oscuro, che strizza l’occhio anche al metal moderno, senza tuttavia esagerare con la tecnologia o altre soluzioni “alternative”.
A tratti ricordano i Paradise Lost dei primi tempi, a tratti nel growl urlato gli Amon Amarth, ma senza mai scopiazzare o fare il verso a nessuna delle due band, suonando in modo molto personale e libero.
Quello che più si è distinto degli Shores Of Null è stato senza dubbio il vocalist Zippo, capace di passare con molta semplicità e disinvoltura dal cantato più aggressivo a quello più tranquillo. Non seguo questo tipo di band e questo sound non è certamente nelle mie corde, ma quando la proposta è valida ed interessante va comunque apprezzata e applaudita, a prescindere dai gusti personali. Mi sento, in definitiva, di promuoverli a pieni voti.
I fiorentini Necromass sollevano un muro di suono bianco all’interno del Live Club, una misantropica nebbia che ci riporta alle sonorità black anni ’90. Dal vivo questa band ha una qualità sorprendente. Si muovono da veterani del palcoscenico, violentando le nostre orecchie con padronanza e carisma.
Trovo sia un vero peccato che non facciano molti concerti, soprattutto all’estero dove, a mio parere, potrebbero essere davvero apprezzati.
Questa band dalla lunga esperienza riesce a dare alla musica quel fascino di un serpente che ipnotizza per poi strangolare. Pezzo dopo pezzo è inevitabile restare ammaliati.
Il trucco di scena fa sembrare i membri della band (batterista a parte) tutti uguali, delle anime oscure prive di sentimenti.
Per i Necromass quindi un’ottima performance che ripercorre attraverso i brani i loro 25 anni di carriera. Dopo tanta attività meritano davvero di portare il loro spettacolo su palcoscenici al di là delle Alpi.
A breve partiranno per un tour in Messico dove auguro loro di trovare dei contatti per suonare nel resto dell’America Latina e oltre. I Necromass hanno davvero qualcosa da dire. Come italiani dovremmo sentirci orgogliosi per questa band e dare loro il massimo supporto.
Setlist:
Vacuum
(An Animal) Forever
His Eyes
Dawn Of Silver Star
Fair Of Blasphemy
Scarlet Void Of Lust
Unpure Mysteria Mystica Zothyriana 666
Sadomasochist Tallow Doll
Band storica alessandrina, attiva dal lontano 1986, i Mortuary Drape sono dediti ad un black metal canonico “vecchio stampo“, caratteristica che sicuramente me li rende simpatici e da stimare sin da subito. Con i Death SS sono senza dubbio i migliori a livello di impatto ed immagine, vincendo il confronto diretto con bands più blasonate nel bill di oggi. Incappucciati e avvolti in un saio, truccati da morte, rendono al meglio la loro “aura satanica” cospargendo di incenso il palco prima del loro show fino a creare una nebbia da “messa nera” in piena regola, in stile perfetto con lo show dei Death SS a fine serata.
Il gigantesco vocalist, con tanto di drappo viola da prelato appeso sul fianco, da un pulpito rigorosamente blasfemo che ricorda molto quello utilizzato da A.C. Wild dei Bulldozer, inizia a intonare le sue lodi a Satana con un growl molto incisivo e tagliente. Sugli assoli poi, dove si fanno evidenziare ed apprezzare le grandi capacità del chitarrista solista e della sezione ritmica, il pubblico va in delirio, creando nelle prime file un headbaging generale.
I Mortuary Drape non inventano nulla e forse neppure loro hanno la pretesa di farlo… ma hanno il pregio di sapere come coinvolgere i fans e dare loro quello che vogliono, i quali dimostrano di apprezzare molto l’esibizione, contraccambiandoli e supportandoli incessantemente fino alla fine.
L’unico appunto che mi sento di muovere al combo piemontese riguarda una certa staticità compositiva, dove i pezzi a volte stentano a distinguersi per quanto appaiono similari, ma al tempo stesso, seppur derivativi, si apprezza nel loro sound una certa ricercatezza di personalità, cosa non sempre riscontrabile facilmente in questo genere che – a parere di chi scrive – ha sempre avuto il difetto di essere pesante e stancante su lunghi ascolti.
Personalmente l’esibizione dei Mortuary Drape mi è piaciuta di più di quella dei più blasonati Necromass, anche per intensità emotiva ed impatto. Un succoso aperitivo di mezzo pomeriggio quindi, che prepara al meglio uno dei piatti forti di questa seconda giornata del Metalitalia, ovvero l’attesa esibizione dei Goblin del Maestro Simonetti, posizionati subito dopo di loro in scaletta.
I Mortuary Drape meritano rispetto a prescindere, che si ami o si odi il black metal, perché chi fa il proprio mestiere con dedizione, professionalità e curandone maniacalmente ogni dettaglio lo merita e questi Signori dell’Oltretomba di Alessandria hanno certamente i requisiti necessari per ottenerlo.
Una cosa è certa, deve essere stata una grandissima soddisfazione per Steve Sylvester avere i Goblin di Claudio Simonetti tra i gruppi di supporto nella loro grande serata trionfale in quel di Trezzo d’Adda.
Le melodie scritte da Claudio Simonetti hanno scritto la storia dell’horror rock e sono state certamente un’ispirazione per tutte quelle band che si sono affacciate al lato oscuro della musica. La setlist della serata è un concentrato delle colonne sonore di quei film che abbiamo amato.
Un vero viaggio nell’incubo che parte dalla sempre verde e trionfale “Mater Tenebrarum” e ci porta nelle atmosfere caleidoscopiche e prog di “Roller”. Il doveroso tributo a George Romero, recentemente scomparso, non poteva mancare. Claudio lo ricorda parlando dell’incontro che ha avuto con lui pochi mesi fa, come magia i tasti del suo organetto ci portano nell’atmosfera vintage e funky di “Zombie”. Si passa all’ipnotica nenia “Non Ho Sonno” dove il suono del sinth e quello del piano danzano assieme sul ghiaccio grazie alla chitarra di Bruno Previtali e alle sue atmosfere Gilmouriane.
La sete di sangue e terrore viene accontentata con “Suspiria”. Grazie al calore del pubblico metal il lieve coro “la la la la la” diventa un inno cantato a mille voci e la sapiente batteria di Titta Tani trasforma il pezzo in una cavalcata degna di compiacere anche gli dèi del metallo.
Si va avanti all’insegna del cinema di Dario Argento, con “Phenomena”, “Opera” e la decisamente luciferina “Tenebre”: “C’hai la paura? C’hai la paura?” ecco cosa dice! Non ci avevo mai fatto caso, ai concerti non si smette mai di imparare.
Si conclude alla grande con “Profondo Rosso”, non posso nascondere che questa esperienza mi ha toccato davvero, ora andrò a riguardarmi tutta la filmografia del buon vecchio Dario Argento.
I Samael.. già… proprio loro ci sono sul palco. Ora, io rispetto il gusto musicale di tutti, sia chiaro questo concetto, ma qualcuno mi dovrebbe spiegare cosa c’entrava la loro presenza nel secondo giorno del Metalitalia?
Capisco che nel bill funereo della giornata ci fosse spazio per altri gruppi black metal o doom, ma francamente i Samael di oggi, dediti ad un industrial metal con tanto di tastiere sovraesposte e a forti tinte elettroniche (con tanto di batteria plastificata elettronica, con la quale si sono presentati sul palco), ci stanno come la marmellata nell’insalata.
Capisco, anzi trovo necessario, il rinnovamento stilistico del sound, aggiornato ai tempi attuali (come nel caso dei Death SS), del look e di qualsiasi altra cosa, ma lo snaturamento e la metamorfosi totale di una band in qualcosa di diverso, usando lo stesso monicker, assolutamente no. Gli svizzeri Samael, capitanati dai fratelli Locher, erano dediti ad un black metal molto oscuro ed introspettivo agli esordi, cosa che ha fatto guadagnare loro stima e molti fans nel mondo, capaci di intersecare e tessere melodie a refrain molto tenebrosi, riuscendo tutto sommato a buttare nel mercato un paio di album di valore. Ma poi si sono persi per strada e svenduti alle mode del momento, cosa culminata con questa scelta scellerata di “voltaspalla” al passato black a favore di una conversione all’industrial-elettronico, campionato pure dai synth, cosa che risulta, per me, incomprensibile e imperdonabile!
Il concerto è tecnicamente ineccepibile per chi ama il genere, perfetto e professionale, sia chiaro, con tutti i pezzi al loro posto, ma al tempo stesso risulta molto freddo, staccato e tremendamente impostato, sia sul cantato che sulle parti strumentali.
La band svizzera è stata di una noia mortale, non riuscendo quasi mai a coinvolgere il pubblico, che a sua volta ha reagito in modo timido e staccato, con applausi misurati e brevi, salvo il gruppetto dei soliti “fedelissimi“ – cento fans assiepati sotto il palco – a cui va bene sempre tutto basta che sui dischi e sui biglietti dei concerti ci sia stampato il nome dei loro beniamini. Ma chi ha buone orecchie per sentire e ascolta metal da anni non è caduto nella trappola, prendendo le distanze quasi subito. L’uso poi, mi ripeto, di una batteria elettronica è stato davvero quanto di peggio potessero fare in questo contesto oltremodo molto “classico” in cui si poneva la seconda giornata del Metalitalia.
Ho avuto la fortuna/sfortuna di dovermeli sorbire in una situazione imposta qual è un festival metal, ma spero vivamente di non avere più il “piacere” e l’onore di rivedere in futuro la brutta copia dei Rammstein svizzeri , chiamati più comunemente Samael.
Premetto, i Moonspell li adoro, è la nona volta che vedo Fernando Ribeiro e compagni e non sarà l’ultima. La band è davvero in forma, sa suonare e trascina la folla del Live Club con maestria. In Italia sono amati davvero. Sotto il palco calca e calore per quel romanticone del Fernando che contraccambia parlando in italiano.
Il concerto del giubileo per i 25 anni di attività è una vera cuccagna per chi ama questa band, la setlist ripercorre senza ordine cronologico la carriera della band lusitana. Mi sarebbe piaciuto sentire qualcosa anche da “Sin/Pecado”, ma sarà per la prossima volta. Ovviamente ogni volta che la band suonava dei brani tratti dai primi due album il pubblico si infiammava.
Da incorniciare l’esecuzione di “Herr Spiegelmann”, fantastica con Ribeiro al centro di un oscuro palco con guanti dotati di un puntatori laser per un fantastico effetto scenico condito dall’erotismo della sua tenebrosa voce.
Dopo una fantastica “Em Nome Do Medo” non posso fare a meno di chiedermi quando mai faranno un album completamente in portoghese (tra pochissimo, n.d.r.). La lingua si sposa così bene con le armonie necromantiche che sono in grado di creare.
Si chiude calando un poker d’assi: “Vampira”, “Mephisto”, “Alma Mater” e “Full Moon Madness”. Gli anni passano ma “Vampiria” è ancora il brano dove ogni membro della band dà il meglio di sè. “Mephisto” e “Alma Mater” fanno saltare e cantare a squarciagola tutta la sala e “Full Moon Madness” ci prende il cuore e lo straccia a brandelli.
Certo non ci si può lamentare, tuttavia se non fosse stato annunciato come concerto dei 25 anni di anniversario me lo sarei goduto di più dando meno aspettative alla loro esibizione. Nessuna anticipazione dell’incombente disco “1755” che a breve uscirà e li porterà in tour con gli amici di sempre, i Cradle Of Filth. Mi sa tanto che me li vedrò una decima volta..
Setlist:
Breathe (Until We Are No More)
Extinct
Night Eternal
Opium
Awake
Nocturna
Scorpion Flower
Everything Invaded
Herr Spiegelmann
Em nome do Medo
Vampiria
Mephisto
Alma Mater
Full Moon Madness
E sono 40 anni di Death SS! Chi l’avrebbe mai detto? Chi avrebbe scommesso un solo centesimo sulla longevità della band fondata da Steve Sylvester nel 1977 a Pesaro, alzi la mano! E invece nonostante cambi continui di line-up, vicissitudini, sfortune di vario tipo, annunci di scioglimento, morti e resurrezioni, stasera Stefano Silvestri festeggia il 40esimo compleanno dei Death SS in compagnia dei suoi numerosi adepti, accorsi per la storica occasione in gran massa.
La location scelta per l’occasione speciale (il Live Club) risulta essere perfetta, la migliore attualmente in Italia, sia da un punto di vista acustico che logistico, il contesto (Metalitalia) idem… in cui i nostri idoli vengono chiaramente collocati in chiusura di cartellone come headliner.
Stasera ci sono davvero tutti a celebrare questo evento… tutte le grandi ”vecchie glorie” e firme prestigiose della carta stampata giornalistica nazionale e internazionale (riconosco subito, tra i tanti, il grande Stefano Ricetti per citarne uno a caso), i giornalisti più giovani attuali e moltissimi Fans Old School, giunti da ogni parte della Penisola, alcuni di sola conoscenza e altri amici di vecchia data.
Bastava inoltre girarsi attorno all’interno del Live Club e camminare semplicemente sulla superficie interna ed esterna per imbattersi continuamente con musicisti, alcuni dei quali responsabili di aver reso grande la scena Metal tricolore in questi anni.. mi vengono in mente Dark Ages, Impero Delle Ombre, Necrodeath e altre minori, con i quali mi sono intrattenuto volentieri prima e post concerto a chiacchierare e condividere impressioni ed emozioni di questa festa speciale.
Insomma, le premesse per una grande serata di metal ci sono tutte e Steve Sylvester ci ripagherà a modo suo, con un concerto pazzesco e indimenticabile, supportato da una scaletta da brividi, incentrata quasi esclusivamente sul passato (il periodo d’oro della band pesarese). Dopo parecchie lotte e sgomitando un po’ sono riuscito a ottenere (meritatamente) la transenna, che equivale alla prima fila, dove ho potuto godermi appieno lo spettacolo, assaporandone il contesto intero in modo totale… perché un concerto dei Death SS non è solo musica metal, ma anche molto teatro e spettacolo, che vale la pena di essere visto da vicino per assaporarlo appieno e coglierne ogni dettaglio.
Nel primo pomeriggio ho avuto l’onore di incontrare per la terza volta il Maestro con tutta la band al completo in occasione del classico Meet&Greet (libero e aperto a tutti), dove non ho perso occasione per farmi foto e autografare la locandina-tour limitata e numerata del concerto, per cui potete immaginare come l’adrenalina nelle mie vene fosse alle stelle!
Seguo la band fin dagli esordi e possiedo quasi tutto di loro e anche molto di più (extra Death SS), cosa che ogni collezionista “vecchia scuola” che si rispetti e si definisca tale dovrebbe fare con i propri idoli.
Con circa venti minuti abbondanti di ritardo rispetto alla tabella di marcia, finalmente a ridosso dello “scoccare della mezzanotte“ – come in ogni film horror che si rispetti – le luci si abbassano quasi totalmente, per lasciare posto all’oscurità funerea e magica che presto ci avvolgerà tutti… palco spettacolare e coreografico al massimo, in cui vengono disposte tre croci giganti come aste dei microfoni dei musicisti che rendono il tutto blasfemo e provocatorio nel modo giusto.. non dimentichiamo che stiamo assistendo a un concerto di horror metal!
“Ave Satani” introduce il rito che a breve avrà inizio, creando la giusta atmosfera ”satanica”. Al DeNoble (il chitarrista) è il primo che saluta e si presenta sul palco, seguito a ruota dal grande Freddy Delirio (tastiere), dal simpaticissimo e carismatico bassista Glenn Strange e dal drummer Bozo Wolf. E Steve Sylvester? Beh.. poteva il Maestro fare una comparsa normale come ogni “comune mortale”? Il Vampiro dorme in una bara e come tale è stato giustamente portato sul palco, trascinato da due loschi individui incappucciati.
Appena aperta, è schizzato fuori dalla sua dimora con la velocità supersonica di un pipistrello, sparandoci in faccia subito “Let The Sabbath Begin” tratta da quel capolavoro del 2000 (“Panic”) che per me resta in assoluto uno dei migliori capitoli complessivi della discografia Death SS.
Il pubblico è già in visibilio, Steve (in grande forma fisica e vocale) approfitta della cosa e senza darci tregua ci spara in faccia altri due classici – “Horrible Eyes” e “Cursed Mama” – che alzano di non poco il voltaggio!
“The Crimson Shrine”, tratta dall’ultimo studio album del 2013, l’ottimo” Ressurection“, risulta gradevole e un’ottima scelta di momentanea “rottura” tra presente e passato, in cui si vede con grande piacere riapparire sul palco Dalilha, una vera mistress “Dark Lady” e regina della scena visiva e spettacolare della band, ingiustamente esclusa in questi ultimi tour e prontamente rispolverata stasera.
Il relax dura poco, perché “Terror” e “Chains Of Death“ ci riportano a ritroso nel tempo, agli esordi in cui erano forti e presenti il genio creativo e l’ispirazione artistica di Paul Chain.
“Dionysus”,”Hi-Tech Jesus” e “Panic”, il trittico successivo, chiude di fatto l’era più recente dei Death SS, per poi lasciare spazio nella seconda parte dello show, solo ed esclusivamente a brani storici e datati, per la gioia mia e credo dei molti presenti.
Su ”Panic” Steve si presenta con tanto di mascherina bianca, molto Ghost-stile, creando una sorta di “fantasma dell’opera” moderno. Quello che piace però dei Death SS 2017 è proprio questo aspetto.. sono maledettamente horror ora come allora, ma si sono evoluti, sia nel sound musicale che nell’immagine, sia con il trucco che coi costumi di scena.. sarebbe semmai stato interessante un cambio per la parte finale, usando le parrucche e quelli dell’epoca, ma la scelta di evoluzione, anche in questo senso, mi trova completamente concorde.
In realtà oltre a questi brani meno datati, ci sarebbero pure “Baron Samedi” e “Scarlet Woman”, ma personalmente non mi sento di inquadrarli tra la discografia recente, anche perché “Do What Thou Wilt” (il disco in cui sono contenute, relativamente recente) è un disco tributo ad Aleister Crowley, grande occultista del ‘900, che per quell’aurea magica rituale in cui traspare in ogni solco del disco, mi sento di accostare più al passato dei Death SS che al presente.
In ”Baron Samedi” infatti il buon Steve, con il classico costume da sciamano, incensa letteralmente il Live Club con la polvere magica che fuorisce, creando una nebbia maleodorante e putrida, come si conviene in ogni rituale voodoo. La danza magica finale con le sexy ballerine vestite a tema stile simil-danzatrici del ventre arabe, è qualcosa di realmente eccitante.
“Vampire” è diventato negli anni un classico immancabile e anche stasera ha convinto completamente la scelta di inserirla in scaletta tra i brani più rappresentativi. Il lavaggio finale di “sangue finto“ giunto direttamente dal calice del Vampiro ai seguaci delle prime file è sembrata una sorte di “prendete e bevetene tutti… questo è il Sangue del mio calice”, come in una sorta di comunione/patto di sangue collettiva.
Ora, come per incanto e in modo del tutto inatteso, arriva il pezzo forte e la sorpresa finale, che ci ha sconvolto tutti o quasi… sul palco appare improvvisamente la sagoma del biondocrinito chitarrista storico Al Priest, quello del periodo “Heavy Demons”, di cui, non a caso, si celebra quest’anno proprio il 25esimo e da cui verranno eseguiti ben sei pezzi conclusivi!
Si inizia con “Where Have You Gone”, per proseguire con “Piece of Mind” e “Baphomet”, che mandano in frantumi cervello e orecchie. Senza nulla togliere al bravissimo Al DeNoble , autore di una prestazione maiuscola stasera, come tutta la band del resto (su cui però Freddy Delirio è emerso in modo esponenziale) Al Priest è di un’altra categoria e livello tecnico e stasera questo confronto a distanza ne ha tristemente evidenziato questo aspetto.
Il sound a due chitarre peraltro è molto più robusto e compatto e in questo senso non mi capacito della scelta di Steve Sylvester di aver optato quasi sempre per una soluzione a chitarra unica, anche se aiutato da un gran lavoro di tastiere, che però non può sopperire alla carenza, seppur Delirio sia un fuoriclasse assoluto in materia.
Il bis finale è da infarto! “Inquisitor”(con tanto di prete che punisce l’eretica posseduta, ordinandone la fustigazione), “Family Vault” che credo fosse da almeno vent’anni che i Death SS non eseguivano più dal vivo e il gran finale con l’immancabile “Heavy Demons”, con tanto di comunione finale, con ostie offerte gentilmente da sexy diavolette in calze autoreggenti, capaci di fare resuscitare i morti (stando in tema).
Che dire… concerto mostruoso in tutti sensi, che ha confermato ancora una volta che i Death SS sono stati e saranno per sempre la più grande heavy metal band italiana, idolatrata all’estero e snobbata da molti qui da noi, anche per questa storia becera che “portano sfiga”.. Ma credo che gli unici sfigati stasera siano stati gli assenti, che si sono persi qualcosa di unico ed indescrivibile.
La scritta finale “New Album” proiettata sul backdrop alla fine con tanto di titolo svelato ”Rock’N’Roll Armaggedon” ci solleva il morale in alto, perché la storia dei Death SS non finisce con questo show di stasera (come si temeva), ma avrà un prosieguo futuro… di Steve Sylvester e dei Death SS, il metal ne ha bisogno ancora, e per molto tempo.. Grazie Maestro.. In Death of SS e ora in Ressurection of Death SS… Sempre e comunque Death SS!
Live report a cura di Alessandro Masetto (Shores Of Null, Mortuary Drape, Samael, Death SS) e Davide Bonavida (Necromass, Claudio Simonetti’s Goblin, Moonspell). Foto di Rita “Rose” Profeta.
Di seguito altre foto del festival.
Shores Of Null:
Necromass:
Mortuary Drape:
Claudio Simonetti’s Goblin:
Samael:
Moonspell:
Death SS: