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08/08/2017 : Megadeth + Trivium + Last In Line (Carroponte, Milano)
La fortuna aiuta gli audaci si dice… e in effetti ne avevamo bisogno in questa torrida serata estiva milanese, viste le previsioni meteo che imperversavano sui bollettini meteo e il cielo che, oltre a confermarne le tesi, si faceva col passare delle ore sempre più cupo e minaccioso, promettendo nulla di buono, candidandosi come “guastafeste” per eccellenza di questo atteso evento per gli amanti del Metal duro, che vedeva protagonista la corazzata statutinense Megadeth capitanata dall’immortale Dave Mustaine, che per questo tour europeo aveva di supporto i Last In Line e i Trivium.
LAST IN LINE
Aprire un concerto, specie per dei colossi come i Megadeth, non è impresa facile per nessuno.. Se poi mettiamo in preventivo che molti non sapevano (a torto) che oltre ai Trivium ci fossero pure i Last In Line nel bill, e che alcuni dei presenti non sapessero manco chi fossero, la cosa diventa molto più grave, soprattutto per chi ha o avrebbe la presunzione di definirsi un True Metal o Defender.
I Last In Line sono la logica e naturale prosecuzione di ciò che fu la musica del grande Ronnie James Dio, portata avanti dalle colonne portanti della sua band, ovvero da Vivian Campbell (chitarrista solista) e Vinnie Appice (batteria), con gli innesti dei grandi Phil Soussan (basso), Erik Norlander (tastiere) e Andrew Freeman (voce). Mancava solo il compianto Jimmy Bain – recentemente deceduto come Ronnie – per completare il quadro, ma Phil Soussan è molto più che un buon sostituto a parere di chi scrive, dati i trascorsi con Ozzy Osbourne, non esattamente uno qualsiasi nell’ambiente metal.
Concerto breve purtroppo, ma molto intenso, con soli sei pezzi in scaletta, equamente suddivisi tra i pezzi di DIO e quelli del disco d’esordio “Heavy Crown”, uscito lo scorso anno, ben accolto da stampa e pubblico e che, stando alle parole del portavoce Campbell, dovrebbe vedere, a breve, un nuovo capitolo.
Si parte forte con “Stand Up And Shout”, pezzo tratto dal capolavoro “Holy Diver”, che scalda subito i pochi presenti sotto il palco e ci fa presagire che sarà una grande serata di Metallo Old school!
“Devil In Me”, ”Starmaker”, ”Martyr”, sono i pezzi scelti dal loro disco d’esordio che ci vengono proposti live stasera, e direi che oltre ad avere un gran tiro ed appeal, non hanno sfigurato a fianco dei classici del più grande cantante Metal della storia.
“The Last In Line” e la conclusiva “Rainbow In The Dark” concludono nel miglior modo possibile il loro show, lasciando molte sensazioni positive a tutti, strappando molti e meritati applausi anche ai più scettici detrattori, che avevano definito questo progetto una “brutta copia dei DIO band”.
Oltre al lavoro perfetto e impeccabile dei veterani Campbell, Soussan e Appice, vorrei evidenziare la prova maiuscola di Andrew Freeman al microfono, che aveva il difficile compito di cantare e interpretare i pezzi di Dio senza tentare di imitarlo e copiarlo, facendone una parodia di sè stesso.
In questo senso infatti, credo che Freeman abbia centrato l’obiettivo, dimostrando una grande classe e tecnica interpretativa, molto passionale e dotato pure di una discreta estensione vocale. Alla prossima… Long Live Rock’ n’ Roll.
TRIVIUM
Ammetto con grande onestà di non conoscere minimamente questa band e di non avere mai ascoltato un solo pezzo prima di stasera. Per dovere di cronaca mi sono informato prima di questo concerto e avevo letto che erano dediti a un metalcore di stampo moderno, con un sound molto pesante e un cantato growl. Purtroppo, dico purtroppo, live ho solo potuto constatare che di questo si trattava, nonostante ne riconosca indubbie capacità strumentali e una buona preparazione di base, le mie orecchie non riescono a masticare e men che meno digerire questo sound, che ha il difetto, di contro, di risultare spesso statico e monotematico, portando ad annoiare l’ascoltatore.
Francamente ho trovato azzardata e fuori luogo la scelta di abbinare una band di questo genere in un contesto molto ottantiano, cosa che ha fatto storcere il naso e mugugnare non solo il sottoscritto, ma anche la maggior parte dei presenti, che proprio durante la loro esibizione hanno trovato il momento ideale per rifocillarsi con una birra fresca nei vari chioschetti predisposti all’interno, in attesa del pezzo forte della serata.
Sicuramente a qualcuno stasera può essere piaciuta la loro esibizione, altri avranno trovata interessante la loro proposta modernista (non lo nego), ma aver tolto tanto spazio ai Last In Line, posizionandoli in apertura e con solo mezz’ora o poco più a disposizione, contro l’ora abbondante concessa invece ai Trivium, mi lascia più di qualche perplessità, se non il fatto di essere una scelta figlia delle logiche di mercato che imperversano nel mondo discografico attuale.
Nel frattempo, il cielo si è fatto sempre più nero e minaccioso, accompagnato da un ventaccio poco rassicurante che minaccia l’arrivo imminente di una tempesta… e noi non vediamo l’ora che salga sul palco Dave Mustaine a questo
punto…(fortunatamente e miracolosamente il tempo reggerà invece fino alla fine).
MEGADETH
Ho perso letteralmente il conto di quante volte ho visto in azione i Megadeth nel corso di questi ultimi venti anni della mia vita .. forse 10/11, ma molto probabilmente tra festival vari e concerti solisti anche di più. Per me Dave Mustaine è un genio e un’idolo incontrastato da sempre nel mondo metal. Personaggio discutibile a livello caratteriale certamente, scontroso, lunatico e poco incline a interviste e a regalare sorrisi, foto e autografi ai fans.. Questo aspetto però, ai miei occhi, non ha mai scalfito di una virgola il suo grande carisma innato e la sua verve compositiva e istrionica. I Megadeth hanno saputo cambiare ed evolversi nel tempo, spaziando molto, senza tuttavia mai snaturarsi troppo, anche quando hanno imboccato strade più ”commerciali“ e meno thrash del passato. “Dystopia”, l’ultima fatica discografica di MegaDave Mustaine per me è stata come una sorta di resurrezione! Erano almeno dieci anni che non centravano un lavoro così ben fatto e di alto livello compositivo, ragione per cui il concerto di stasera si presentava per me quantomai imperdibile e succulento.
L’area predisposta per il concerto di Carroponte in questione, in cui ci troviamo, è andata col passare delle ore sempre più riempiendosi, con un bel numero di spettatori sparsi un po’ ovunque, anche se sempre al di sotto delle mie attese.. D’accordo che siamo in pieno periodo ferie e con Ferragosto alle porte, ma un concerto di questo spessore e con una band icona come i Megadeth avrebbe meritato una cornice diversa di pubblico, in relazione al fatto che era pure contenuto il prezzo del biglietto d’ingresso e in pieno periodo di vacanze lavorative.
Da un primo scorcio alla scaletta mi accorgo subito, con grande piacere, che il concerto di stasera sarà incentrato quasi esclusivamente sui grandi classici del passato con l’aggiunta di alcuni episodi estratti da “Dystopia“ appunto.
Si aprono le danze nel modo migliore con “Hangar 18”, che manda subito in visibilio il pubblico e scatena il pogo
(contenuto, per la verità) sotto il palco.
Dave Mustaine si conferma in buono stato di forma fisica e vocale, anche in relazione al fatto che in questi ultimi tempi con la mano ha avuto tormenti e problemi che avrebbero fatto gettare la spugna a chiunque, ma non a un
veterano e ad un combattente come lui! Per cui la prestazione di stasera va vista anche in questa ottica .. certo, la voce in alcuni momenti ha dei cali imbarazzanti, non lo si può negare, ma con la sua timbrica particolare e graffiante al vetriolo riesce sempre a salvare tutto, aiutato molto in questo compito dal fido amico David Ellefson e da Kiko Loureiro, che è molto di più che un grande chitarrista, forse il migliore che ha avuto alla sua mercè il Rosso dopo la partenza del compianto Marty Friedman, per il quale venderei letteralmente un rene per rivederlo al suo fianco nei Megadeth.
Ma Loureiro è un grande professionista che non lascia spazio a troppi rimpianti del passato: musicista completo, responsabile di buona parte della composizione e stesura dei brani di “Dystopia”, che ha rilanciato di molto le quotazioni dei Megadeth, incapaci da anni di fare ancora grandi album prima del suo arrivo in formazione. “Trust” , “Sweating Bullets” ,”She-Wolf”, “Skin’ O My Teeth” ci vengono sparate in faccia con la potenza di un caterpillar, intervallate dalle recenti “The Threat Is Real”, “Conquer Or Die!”, e “Poisonous Shadows”, la mia preferita di ”Dystopia”, che live davvero non sfigura accanto al meglio della loro discografia anni ottanta/ novanta.
C’e’ sempre spazio nei loro show per il momento più intimistico e romantico con l’immancabile “A Tout Le Monde”, che riesce a darmi sempre tante emozioni, misti a brividi sottopelle.. Ma non c’è tempo per rilassarsi troppo, si torna a picchiare duro con ”Tornado Of Souls”, “Dystopia” e il manifesto anni ottanta “Peace Sells”, chiusura perfetta per questa prima parte di concerto, che simula un congedo finale a cui molti hanno abboccato a dire il vero. Ma sarebbe stato troppo breve (un’ora) e troppo “ freddo” per concludersi così..
Neppure il tempo di farsi domande che infatti ritornano sul palco, acclamati a gran voce e applauditi. Mustaine apprezza il gesto, applaude noi a sua volta e ci ringrazia a modo suo, con poche parole e tanta sostanza. Il trittico finale che ci riservano è per cuori forti: “Symphony Of Destruction“, l’epica “Mechanix”, e la conclusiva e devastante “Holy Wars.. The Punishment Due!”, con tanto di VIC (la celebre mascotte dei Megadeth) sul palco, dimostrando di fatto che la vecchia scuola metal non ha eguali e che difficilmente una band contemporanea riuscirà nel tempo a togliere lo scettro a questi mosti sacri e incontrastati.
Da notare inoltre l’ottima performance del drummer Dirk Verbeuren, che non avrà certo la tecnica di Nick Menza (RIP), ma è dotato però di una grande energia fisica e precisione assoluta nella battuta e rende il sound dei Megadeth attuali molto più serrato e rabbioso che in passato.
Da segnalare infine la grande organizzazione complessiva e l’ottimo lavoro del mixerista, con suoni e volumi sempre ben calibrati e mai fastidiosi, anche a pochi metri dal palco, dove fischi e rimbombi hanno lasciato spazio ad una piacevole acustica.