Rick Springfield – The Snake King (2018)

Titolo: The Snake King
Autore: Rick Springfield
Genere: Rock Blues
Anno: 2018
Voto del redattore HMW: 7
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L’importante curriculum del famoso Rick Springfield, come musicista e soprattutto come attore – negli anni ‘80 con la serie tv “General Hospital” – spero sia risaputo a tutti. Quello che giudico qui per voi, carissimi lettori, è naturalmente la pubblicazione del suo nuovo album, il ventesimo in carriera, intitolato “The Snake King”, che è un lavoro alquanto diverso rispetto al passato e che sinceramente sorprende per certi versi.
Rick esordisce da solista nei primi anni settanta per raggiungere il successo con la bellissima canzone “Jessie’s Girl” del 1981, per poi bissare, negli anni seguenti, il successo con altre hit, entrando però nell’ultimo ventennio in una fase decadente, suonando comunque del buon rock commerciale e a tratti anche un buon AOR melodico. Alla veneranda età di sessantanove anni è ancora cresciuto musicalmente, sia a livello compositivo sia esecutivo perché con questa nuova fatica si rimette in discussione. Adesso lancia sul mercato un disco prevalentemente di rock blues, con venature country molto influenzate dalla tradizione americana dei cantautori popolari, ritornando così alle sue origini quando da giovane suonava del buon genuino blues.
In “The Snake King” l’artista percorre una polverosa strada per esplorare il lato più blues del suo rock’n roll e devo dire che tutte le canzoni si ascoltano piacevolmente e scorrono lisce come l’olio e senza intoppi. Per capire dove siamo, basta ascoltare i primi tagli di coppia dell’album, “In The Land Of The Blind” e  “Little Demon”, quest’ultima con un bel sound hard rock, per comprendere che questo viaggio è carico del blues che il cantautore aveva deciso di suonare e di farci ascoltare già nelle esibizioni live degli ultimi concerti. Sinceramente avrei preferito più rock, ma in un certo senso credo di essere ancorato a un suo passato musicale che a questo punto della sua vita è difficile che ritorni in primo piano come prima.
Tra le tante sfumature e delizie di quest’album la chitarra di Rick, sempre sottovalutata dalla critica, brilla di luce propria, forse qui più di qualsiasi altro album del suo storico catalogo.
Grande pezzo l’ironica e provocante traccia in stile rhytm and blues “Jesus Was An Atheist”, dove con la chitarra ci s’innamora del suo semplice e brioso sound campagnolo. Con la sporca “The Voodoo House” il cantautore è catapultato – con la macchina del tempo – all’interno di un saloon nel vecchio e pericoloso western a bere del whisky per dimenticare il suo glorioso passato, attorniato da belle donne che gli fanno compagnia e lo rallegrano un po’ prima di ubriacarsi.
Segnalo il bel ritornello del singolo country “The Snake King”, che nei testi sembra autobiografico perché l’artista ci canta la sua insoddisfazione nel cercare la strada giusta e soprattutto la vera gioia di vivere, che ancora non ha trovato nonostante l’esistenza gli abbia dato tutto quello che poteva desiderare. Tuttavia, questo brano proposto in stile AOR, dà forza per continuare a vivere e a superare le difficoltà grazie alla pelle dell’artista, che come canta nel testo, è resistente come quella di un serpente e quindi dura a morire.
La fine del platter è la parte migliore del disco, dove nonostante si sentano brani comuni, con melodie già udite – come nella carina e folk “Blues For The Disillusioned” – riesce sempre ad attirare l’attenzione dell’ascoltatore più distratto. Colpisce in positivo il rock datato e mai dimenticato, appartenente ad altre epoche, del brano “Santa Is An Anagram”, somigliante alla hit del 1958 “Johnny Be Good” di Chuck Berry. Il suono dell’armonica e il sound in stile Bruce Springsteen della conclusiva e stradaiola “Orpheus In The Underworld”, che esalta il sogno americano di diventare famosi e ricchi, chiudono in bellezza un cd che si ascolta piacevolmente.
Ottima e originale la presenza durante tutto il disco di rumori di sottofondo che accompagnano i pezzi, come la pioggia, la folla che acclama, voci di vita quotidiana che si sentono in lontananza e portano alla vita comune di tutti i giorni, vissuta fino in fondo ma con momenti purtroppo di disperazione accompagnati da parecchi dubbi esistenziali. Il tutto integrato alla perfezione da una grande voce e da una dolce chitarra che ci fanno innamorare del sound antico e impolverato di un blues d’altri tempi che ha enormemente influenzato il rock e l’hard rock che ascoltiamo tutt’oggi.
Un disco libero a livello espressivo ma strano nelle liriche, perché racconta la storia di un uomo (sarà per caso Rick?), che minaccia il suicidio e che cerca a modo suo la verità sull’esistenza di Dio, allontanando la religione e rimanendo libero nelle proprie idee in un ambiente sonoro, però, fatto di armonia, di sentimenti sinceri che contrastano questo pensiero negativo.
Sembra tutta una contraddizione ma il polivalente Rick Springfield centra l’obiettivo, confermando la sua bravura e la sua creatività. Ama l’ironia e sono convinto che voglia, con questa sua fatica, prenderci in giro e provocarci perché in fondo se ci riflettiamo dovremmo vivere più spensierati, farci meno domande e avere meno pensieri per la testa perché spesso la vita ce la complichiamo noi stessi.
Album consigliato solo a chi ama il rock e il blues alla follia e non si aspetta nulla di metal, perché potrebbe rimanere deluso e depresso da un sound troppo lento e antiquato per la propria assetata anima metallica.

Tracklist:

1 – In The Land Of The Blind
2 – The Devil That You Know
3 – Little Demon
4 – Judas Tree
5 – Jesus Was An Atheist
6 – The Snake King
7 – God Don’t Care
8 – The Voodoo House
9 – Suicide Manifesto
10 – Blues For The Disillusioned
11 – Santa Is An Anagram
12 – Orpheus In The Underworld

Line-up:

Rick Springfield – voce, chitarra

Sito ufficiale: http://rickspringfield.com/
Facebook: https://it-it.facebook.com/rickspringfield/
Etichetta Frontiers Records – http://www.frontiers.it

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