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La voce e il sound di Ronnie James Dio mancano maledettamente nell’heavy metal di oggi e nonostante un gran numero di gruppi moderni siano stati influenzati dall’ex Black Sabbath, nessuno è riuscito a raggiungere i suoi livelli musicali. Forse qualcosa sta cambiando, perché il suo ex chitarrista Craig Goldy cerca di riconquistare e proporre, con questo nuovo super gruppo targato Frontiers, la magia degli anni passati.
I Dream Child, con questo album di debutto intitolato “Until Death Do We Meet Again”, optano per uno stile uguale a quel suono di Dio che è rimasto nei cuori di tanti metalheads di tutto il mondo. Goldy, per l’esperienza accumulata in questi anni di carriera, trova semplice scrivere del nuovo materiale, usando tutto ciò che ha imparato lavorando a fianco del maestro americano, scomparso prematuramente nel 2010, che sicuramente sarebbe stato molto orgoglioso di questo disco!
Il nome della band è stato ispirato da uno dei testi dell’album “Dream Evil” e al soprannome che Ronnie James Dio diede all’epoca al grande chitarrista britannico. La forza di questa band di eroi sta nell’essere composta da veterani e musicisti di altissimo livello, come il bassista Rudy Sarzo (ex-Quiet Riot, Ozzy, Whitesnake, Dio), il batterista Simon Wright (ex-AC/DC, Dio, Operation: Mindcrime), il funambolo Wayne Findlay (ex- MSG) su chitarre e tastiere e la grande scoperta del cantante argentino Diego Valdez, che possiede una voce potente, da pelle d’oca!
Molti penseranno che questo sia un disco heavy metal fatto di soli ricordi, legato a un grande passato ormai improponibile date le mode, ma in realtà credo che alla fine debba sempre trionfare la vera e buona musica che non ha tempo e che non dovrebbe essere condizionata dai gusti commerciali del momento. Il singer, pur possedendo una bella voce con delle tonalità altissime, canta imitando alla perfezione Dio e purtroppo non si spinge oltre. Le canzoni seguono uno stile classico già collaudato negli anni ’70 e ’80, con alcuni brani – per fortuna inaspettati – dove la tastiera dà un tocco moderno, come nella titletrack “Until Death Do We Meet Again” e soprattutto nella quasi prog metal “Washed Upon The Shore”, dove i cambi di tempo e la tecnica dei cinque artisti la fanno da padrone.
Ottima l’apertura delle tastiere in stile horror del platter, con la robusta e al vetriolo “Under The Wire”, che trascina l’anima dell’ascoltatore direttamente all’inferno con i suoi riff spontanei e con i suoi cori velenosi. La successiva e bellissima “You Can Not Take Me Down” è alimentata da riff e assoli potenti di Goldy e con ritmi rock solidi, come se fossero delle rocce vulcaniche. Il lavoro di chitarra dell’americano e quello della tastiera di Findlay sono eccezionali in tutta l’opera perché i loro suoni danno emozioni e brividi, come per esempio nell’epica hard rock “Games Of Shadows”.
“Playing With Fire” contiene un grande groove, mentre la misteriosa “Light Of The Dark” vede la band diventare un po’ progressive, con un sound oscuro e drammatico che crea un’atmosfera particolare, grazie anche alla tastiera di Findlay in pieno stile Rainbow. La conclusiva, teatrale e lunghissima “One Step Beyond The Grave” porta con sé tutta la robustezza dell’album, con un connubio di tastiera e chitarra che a tratti si scontrano, permettendo alla voce del frontman di mettersi in evidenza, dimostrando ancora una volta tutta la sua bravura.
Questo inizio dei Dream Child non è fatto solo di rose e fiori perché sarei di parte amando queste sonorità. Ci sono dei difetti evidenti: il disco è troppo lungo, anche se composto di bei pezzi che sembrano non finire mai, poca o nessuna personalità che li porta a sembrare a tratti una cover o una tribute band di Ronnie James Dio e non credo che questo sia l’obiettivo principale di questi fantastici musicisti.
Si può e si deve fare di più, sperando che i Dream Child non siano un disegno estemporaneo, in modo che il vecchio e tradizionale heavy metal possa ancora avere quella linfa vitale per dire la sua in un business musicale pieno di stili che alla fine, nella maggior parte dei casi, prendono spunto dagli anni d’oro di questo importante e basilare genere.
I “figli dei sogni” sono tornati e ci accompagneranno fino alla fine placando i nostri bei ricordi e soprattutto facendoci amare ancora di più il nostro intramontabile heavy metal.
Tracklist:
1 – Under The Wire
2 – You Can’t Take Me Down
3 – Games Of Shadows
4 – It Is What It Is
5 – Playin’ With Fire
6 – Light Of The Dark
7 – Midnight Song
8 – Until Death Do We Meet Again
9 – Washed Upon The Shore
10 – In A World So Cold
11 – Weird World
12 – One Step Beyond The Grave
Line–up:
Craig Goldy – chitarra
Rudy Sarzo – basso
Simon Wright – batteria
Wayne Findlay – tastiera
Diego Valdez – voce
Facebook: https://www.facebook.com/DreamChildRock/
Etichetta Frontiers Records – http://www.frontiers.it