Visualizzazioni post:227
Progenie del rigurgito settantiano che Svezia e Norvegia conobbero, in varie fasi, lungo buona parte dei Novanta, gli Horisont, furono presto adocchiati dall’infallibile Rise Above e per quest’ultima, dopo aver esordito per l’indigena Crusher (2009), il quintetto rilasciò tre album e due singoli. Siamo ora al secondo capitolo su Century Media – etichetta leggendaria, che negli ultimi anni ha recuperato terreno artistico pur mantenendo una solida posizione commerciale.
La strada intrapresa, quella del rock d’annata, è già evidente sui primi lavori: spesso più rocciosi e quadrati di oggi però con – altrettanto di frequente – alcuni episodi lasciati un po’ troppo a sé stessi. Sarà Time Warriors (2013) ad inaugurare i primi sviluppi compositivi, ulteriormente manifestatisi, in seguito, nei brani che compongono il quinto ellepì (2017). Insomma, un percorso solido, lineare e sensato, ora giunto ad ulteriore, naturale svolta.
Qui tutto ha il meraviglioso olezzo di vero. È il risultato di legno e valvole, dell’inconfondibile sferragliare di Sua Maestà Gibson, di una ridda di tastiere analogiche e di registrazioni realmente avvenute; e non mi stupirei se scoprissi che è catturato quasi completamente dal vivo e poi rimaneggiato col contagocce.
Con gli Horisont di oggi navighiamo nelle vaste acque di un rock ad ampio spettro, spaziando senza indugio tra anni sessanta, settanta e ottanta.
La musica di Sudden Death è di drammatica bellezza e dubito che sia eccessivo andare a scomodare Kansas (per la cura di tastiere e voci) o Wishbone Ash (per certe soluzioni chitarristiche) per inquadrare un po’ più da vicino una piccola parte della tavolozza alla quale attingono gli svedesi. Perfezione e compostezza. La batteria supporta e completa ogni secondo del disco, con invidiabile naturalezza. Il basso alterna diligenti pulsioni ritmiche a felici pennellate melodiche. E finalmente due chitarre che riescono nel non banale compito di lavorare insieme ma separatamente e che conferiscono colore e profondità, risultando, al contempo, indipendenti e complementari.
Un’esplosione di grazia e muscoli. Voci e pianoforte in sublime sintonia, armonie chitarristiche, sezione ritmica palpitante, poche e brevi toccate di organo e di sassofono. Tutto questo è “Revolution”, il pezzo d’apertura. Brian Wilson potrebbe forse ascoltarla con un sorriso compiaciuto.
Il disco è un susseguirsi di soluzioni governate da buon gusto e lavoro di squadra. Riuscitissimo, nella sua fondamentale semplicità, l’impianto compositivo di “Free Riding”: aperta da un piano incalzante che fa a sua volta strada a vocalizzi sognanti sostenuti dall’acustica e da nervose pennate all’elettrica, ha a metà canzone un intermezzo che, a chiudere gli occhi per un attimo, si direbbe gentile concessione della «F.lli Nocenzi & Soci»; per tornare infine sui propri passi e chiudersi sul giro pianistico di cui sopra.
L’influenza della cricca The Hellacopters (periodo High Visibility e B.T.G.O.G.) emerge invece in “Pushin’ The Line” e, un po’ più timidamente, “Standing Here” e l’irresistibile “Runaway”. Quest’ultima è, a dir poco, travolgente; irrequieta. Tesa, a momenti. Armata di un fraseggio impetuoso e brevi, fulminanti assoli alternati. Non sarà facile togliersela dalla testa.
C’è spazio anche per un brano decisamente disteso, “Gråa Dagar”: atmosfera quasi bucolica, testo e titolo orgogliosamente svedesi (lodevole abitudine dei nostri) ed un finale che riporta alla mente la sensibilità di [inchino di reverenza] Peter Green. L’altro episodio meno hard è la lunga e frastagliata “Archaeopteryx In Flight”, splendido acquerello di chiusura, la cui ninna-nanna finale cala il sipario su questi preziosissimi cinquanta minuti.
Undici tracce. Tutte da ascoltare. I pochissimi secondi di stanca non inficiano il merito di un album in grado di fare davvero la differenza.
Bella pure la copertina, che – piuttosto che il trito ed iper-colorato disegno digitalizzato a vari livelli – inganna con un soggetto invece alquanto metal: un casco da hockey trafitto più volte da un coltello a serramanico.
L’ho sempre detto che dei musicisti coi baffi ci si può fidare.
Tracce:
1 – Revolution
2 – Free Riding
3 – Pushin’ The Line
4 – Into The Night
5 – Standing Here
6 – Runaway
7 – Gråa Dagar
8 – Sail On
9 – Breaking The Chain
10 – Hold On
11 – Archaeopteryx In Flight
Formazione:
Axel: voci e [non dichiarato] tastiere
Charles: chitarra
David: chitarra
Magnus: basso
Pontus: batteria
[non dichiarato]: saxofono
www.horisontmusic.com
www.facebook.com/horisontmusic
https://www.centurymedia.com/