Visualizzazioni post:517
I Landfall sono una nuova band che proviene dal Brasile ma le origini del combo carioca iniziano qualche anno fa con la formazione brasiliana creata e fondata dal batterista Felipe Souzza e dal chitarrista Marcelo Gelbcke, che suonano insieme sin dalla loro adolescenza. Il bassista Thiago Forbeci si unisce ai ragazzi pochi anni dopo e la stessa cosa avviene per Gui Oliver ex cantante degli Auras che da l’input per la nascita di questa nuova formazione.
“The Turning Point” è una buona raccolta di pezzi hard rock melodici e classici, infarciti di un buon AOR ottantiano. Grazie alla nostrana Frontiers Music, la band rilascia il suo album di debutto, lanciando la sfida alle migliaia di band che popolano il genere. Quest’album di debutto, concepito per essere un viaggio notturno attraverso le tante sfaccettature di una grande città, porta attraverso un paesaggio sonoro vario, fatto da ritornelli e linee vocali estremamente melodici e, orecchiabili.
Il vocalist Gui Oliver è paragonato dalla nostra etichetta, al leggendario Steve Perry dei Journey per le alte tonalità che riesce a raggiungere e la sua potente timbrica, mente il sound della band può essere descritto come un classico rock melodico influenzato sempre dagli statunitensi Journey ma anche dall’hard rock dei vecchi Dokken. La band ha autoprodotto l’album, ma i co-produttori Marcelo Gelbcke e Felipe Souzza hanno anche co-prodotto alcuni degli album dei Semblant e partecipato alle registrazioni di altre band negli MGC Studios di Curitiba, mettendo così tutta la loro esperienza su questo lavoro discografico.
Non tutte le canzoni del disco però sono ugualmente notevoli, con alcune di esse che sembrano troppo influenzate dai maestri del genere e poco originali. A questo punto saliamo in macchina e cominciamo questo viaggio urbano con i Landfall. L’Ora di punta scatta proprio con un brano hard rock anni ’80, “Rush Hour”, che si apre dopo l’ascolto del traffico caotico di auto con un’introduzione composta da riff veloci, sulla scia del mitico Paul Gilbert, e con un’energia leggermente tipica dei Journey. La song è un buon punto di partenza, con un ottimo lavoro di Marcelo alle chitarre, così come la sezione ritmica di Felipe alle bacchette e Thiago al basso. L’interessante “No Way Out”, cattura l’attenzione e non da vie d’uscita per i suoi bei riff di chitarra e i perfetti cori, che ricordano sempre i super citati Journey.
La successiva “Jane’s Carousel”, è il momento più significante del platter. Grande melodia, fantastico ritornello, per un hard rock robusto e con il miglior assolo di Marcelo dell’intera raccolta. Qui Gui si esalta con le sue calde corde vocali e con una entusiasmante interpretazione, trasmettendo passione e emozioni da far venire i brividi. Dopo aver attraversato le vie iniziali troviamo “Across The Street”, pezzo ancora energico nonostante i tanti arpeggi che circondano la composizione, con un ritornello molto ben curato e con una moderna personalità.
La performance generale proposta da Landfall è comunque di ottimo livello anche nel successivo tragitto, “Don’t Come Easy”, una semi ballata caratterizzata da un ritornello carico di passione, magistralmente interpretato dal superlativo cantante, dal pianoforte e dalla chitarra acustica prima di espandersi e salire per un tragico finale. Segnalo poi lo stupendo assolo di basso in “Taxi Driver” che è uno dei momenti strumentali più salienti dell’opera e anche una via di trasporto che permette di proseguire il giro e portarci nella più entusiasmante via della city intitolata: “Road Of Dreams”, un singolo che mostra ancora una volta l’abilità vocale del singer, oltre ai potenti groove e i robusti riff del gruppo brasiliano.
La traccia fa sentire il connubio tra l’AOR e il rock melodico più pesante molto vicino ai leggendari Mr Big. Nessuna imitazione ma solo influenze stilistiche per trovare un proprio stile artistico prendendo spunti dai veri talenti del genere. Poi, “Distant Love”, permette di dare un occhio sulla strada da percorrere e un occhio sullo specchietto retrovisore per guardare ai chilometri percorsi dai magnifici anni ‘80, per una perfetta canzone romantica di puro AOR. Qui gli arrangiamenti sobri e ordinati e le parole poco impegnative sono il pane per i denti del cantante, che mostra tutta la sua bravura e tutta la sua sensibilità umana.
Nessuna band vuole essere conosciuta solo come perché suona come un gruppo famoso e in effetti i sud americani si sforzano a ritagliarsi una propria nicchia di ascoltatori, provando a creare qualcosa di personale. Non ci riescono del tutto ma la traccia “Hope Hill” prende un percorso alternativo. Il rumore della pioggia e un pianoforte introducono un grande inno di AOR, in alcune parti robusto ma con un cuore gospel nell’arrangiamento vocale e nel ritornello.
Alleluia! La conclusiva, “Sound Of The City”, è la fine del nostro itinerario in giro per la città, ancora una volta con molti degli elementi che fanno risaltare Landfall come band. Riff adrenalinici alla “west coast”, per una delle canzoni più suggestive del disco in termini di A.O.R. e di hard rock melodico. Una chiusura di lusso per questo album. I quattro musicisti, non cercano nemmeno di nascondere la loro passione per ciò che i Journey hanno fatto durante la loro grande carriera. Atmosfere sognanti dominano tutta l’opera ma in molte song sono prevedibili e se da un lato è la scomoda assenza di soluzioni compositive personali pesa in quasi tutta la scaletta, dall’altro lato si nota la capacità di aver saputo cogliere il giusto insegnamento dalle icone storiche di questo meraviglioso genere.
Tracce:
1. Rush Hour
2. No Way Out
3. Jane’s Carousel
4. Across The Street
5. Don’t Come Easy
6. Taxi Driver
7. Distant Love
8. Roundabout
9. Road Of Dreams
10. Hope Hill
11. Sound Of The City
Formazione:
Gui Oliver – voce
Marcelo Gelbcke – chitarra
Thiago Forbeci – basso
Felipe Souzza – batteria
https://www.facebook.com/landfallofficial
http://www.frontiers.it