FROST* – Day And Age

Titolo: Day And Age
Autore: Frost*
Nazione: Regno Unito
Genere: Progressive
Anno: 2021
Etichetta: Inside Out Music

Formazione:

Jem Godfrey – Tastiere, Railboard, Voce
Nathan King – Basso, Tastiere, Voce
John Mitchell – Chitarre, Basso, Voce
Con gli ospiti:
Kaz Rodriguez – Batteria
Darby Todd – Batteria
Pat Mastelotto – Batteria


Tracce:
  1. Day And Age (11:49)
  2. Terrestrial (05:13)
  3. Waiting For The Lie (04:31)
  4. The Boy Who Stood Still (07:33)
  5. Island Life (04:14)
  6. Skywards (04:13)
  7. Kill The Orchestra (09:27)
  8. Repeat To Fade (06:14)

Voto del redattore HMW: 7,5
Voto dei lettori: 7.4/10
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Scrutato con stupore sin dagli inizi, inattesa meteora di ghiaccio nel cielo canicolare del progressive moderno, il collettivo Frost* ha in realtà la forma sinuosa d’una fulgida cometa… si mostra di rado ed ogni volta sorprende con traiettorie solo a tratti prevedibili, scomparendo oltre lo sguardo per riapparire chissà quando.

Dopo appena tre avvistamenti, la chioma iridescente dell’astro di Jem Godfrey, precursore della fusione rock colto/elettronica, è già perfettamente riconoscibile, nonostante alcune alterazioni dovute ad inevitabili aggiustamenti nell’assetto; persa la spinta di Craig Blundell, ne riceve ben tre, super-propulsive: Pat Mastelotto (Mr. Mister, King Crimson), Darby Todd (The Darkness, Martin Barre) e Kaz Rodriguez, apprezzato maestro e turnista, ruotano attorno ad un nucleo oggi compatto, formato dall’ex Re Mida del pop britannico, dal chitarrista di Arena, Kino e It Bites John Mitchell e dal fratellino di Mark King (sì, quello dei Level 42), Nathan.

L’orbita descritta dal nuovo “Day And Age” corre parallela a quella del precedente “Falling Satellites” (2016) senza indugiare nelle divagazioni sperimentali che ne insidiavano la scorrevolezza, toccando nuovamente suggestioni new prog, grandeur da colonna sonora e musicalità british. Un rock progressivo futuristico, come i synth di Jem, iper-compressi e spaziali, bombastici od ovattati a seconda delle esigenze, sommersi da cascate di melodia e sporadicamente scalfiti dalle sferzate metalliche di Mitchell.

Le ruberie ai danni di The Police, Genesis, Rush e Pink Floyd resteranno impunite, tanto aggraziata e furtiva è l’azione del trio: momenti di cupa introspezione e soavità pop sinfoniche vanno a braccetto, pompati da un dinamismo ritmico totale, che tocca l’acme nella coda della pianistica “Waiting For The Lie”, nelle sequenze recitate di “The Boy Who Stood Still” (chi ha detto “Roll The Bones”?) e nei sincopati di Pat in “Skywards”.

Composto in stagioni diverse (si sente), nel clima neurotonico della Cornovaglia e sulla costa ventosa dell’East Sussex, “Day And Age” non raggiunge però la coralità drammatica di “Experiments In Mass Appeal” (2008), per chi scrive apogeo del gruppo inglese, girando a vuoto nell’inconcludente, ancipite “Kill The Orchestra” e nella seguente, boriosa “Repeat To Fade”, che fa esattamente ciò che il titolo promette.

I Marillion di “Marbles” e i Porcupine Tree di “Fear Of A Blank Planet” sono ancora lontani, ma la cometa di Jem potrebbe sfiorarli al prossimo passaggio, prima di riaffacciarsi, con un tragitto inedito, alle nostre coordinate celesti.

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