Visualizzazioni post:293
Dov’eravamo rimasti, coi Melvins? Che hanno fatto, fanno e faranno tutto quello che gli salta in mente? Che non gliene importa un fico secco di risultar particolarmente graditi? Già, sì. Vero. Tutto vero. Prendiamo questo Five Legged Dog adesso. Vero pure che certe cose le han fatte, altre rifatte e altre persino strafatte, e lo è altrettanto anche che forse iniziano a giocarci un po’ su (ma su cosa poi?). Va’ tu a capire cosa davvero gli passa per la testa.
Riletture di brani proprî: già fatto. Riletture di brani altrui: già fatto. Più di “qualche” lavoro entro lo stesso anno solare: già fatto. Grafica/he e/o titolo/i a tema faunistico: già fatto. Disco con strumenti a corda non elettrici (Buzzo): già fatto [a proposito: Dale, perdonaci di non aver parlato del tuo Rat-A-Tat-Tat!, uscito quest’anno || NdR]. Però, un attimo, trentasei canzoni (che son poi trentotto) in un unico album di studio e registrate ex novo? Mhm… mi sa che “non ancora fatto”.
Chitarra acustica (ma non solo), basso acustico (solo?), batteria suonata a fruste, banjo, voce. È forse la selezione a colpirmi. Ci sono pezzi dai miei loro dischi preferiti, pezzi dagli album su Atlantic, pezzi accorpati, pezzi dei cui originali non ho ancora neppure avuto il tempo materiale di impossessarmi, pezzi che non ho probabilmente ipotizzato mai che qualcuno potesse o volesse azzardarne un rifacimento.
L’inindovinabile “Woman” dei Free incastrata in un brandello della già minimale “Eye Flys”. La cangiante “Halo Of Flies”, degli Alice Cooper, qui (ri-)resa con scrupolo. Una “Prig” che non ho ancora capito/ricordato quale parte della folle originale (su The Bootlicker) dovrebbe rappresentare. La comunque bella “Suicide In Progress”. Quella “Sway” (da Sticky Fingers, èra Mick Taylor) che, a pensarci proprio, è adattissima ai Melvins più quadrati e rock. Impossibile non notare che mancano i Kiss e che il pachidermico Lysol è ampiamente rappresentato. Chi il mondo indipendente lo seguiva tutto-ma-proprio-tutto, sappia che i tre hanno tributato pure (gl)i (s)fortunati Brainiac: è loro infatti “Flypaper”, sul secondo dischetto.
Segnalazioni particolari sono quella “Everybody’s Talkin’” che fu un altro successo di Nilsson (artista già omaggiato su Working With God) – ma qui la firma è di Fred Neil, che pure la incise uno o due anni prima – e che ora ha perso un apostrofo in favore di una G; nonché tale “Bad Move”, pescata nel repertorio solista di Crover.
Non meno piacevolmente sgradevole di un qualunque altro disco dei Melvins. Astenersi perditempo e, dopo due ore e mezza, ricordatevi di respirare.