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Il bizzarro titolo del nuovo album della Premiata è tratto da un’importante opera letteraria del filone fantascientifico/distopico di Philip K. Dick, ovvero “Do Androids Dream Of Electric Sheep” del 1968 (nella nostra lingua venne tradotto più semplicemente come “Il Cacciatore Di Androidi”), da cui fu successivamente tratto il film “Blade Runner”: il tema, oggi non troppo originale, è quello di un mondo dominato dalla tecnologia (attualmente non si tratta più di fantascienza, ma di realtà!). Musicalmente l’album trova delle similitudini con il precedente Emotional Tattoo e se, da un lato, ci sono ulteriori miglioramenti dal punto di vista strettamente strumentale, dall’altro si denotano, in alcuni momenti, linee vocali più scialbe e una voce, quella del leader e batterista Franz Di Cioccio, che non sempre si adatta perfettamente al contesto generale.
Dopo l’introduzione dal flavour prog-metal di “Mondi Paralleli”, con un Marco Sfogli in gran spolvero, il concept prende il via con “Umani Alieni”, canzone decisamente riuscita, caratterizzata da un incipit soffuso che dopo un paio di minuti cambia decisamente ritmo ed è contraddistinta da festose tastiere dal sapore folk.
Se “Ombre Amiche” è una parentesi più romantica, “La Grande Corsa” torna su coordinate prog-metal, con un ottimo lavoro dei due tastieristi e del solito Sfogli, ergendosi come uno dei migliori episodi dell’album.
Il successivo “AtmoSpace”, scelto, stranamente, anche come primo singolo, è uno dei pezzi che funzionano meno, in quanto poco incisivo e piuttosto noioso; pure “Pecore Elettriche” non convince pienamente, in virtù di melodie vocali decisamente sottotono. L’ironica “Mr. Non Lo So”, dal ritmo ballonzolante, risulta piacevole, ma lontana anni luce dal prog anche se ben caratterizzata dal violino di Fabbri, mentre “Il Respiro Del Tempo”, pur dilungandosi troppo, appare meglio strutturata e ha il pregio di ospitare il flauto di Ian Anderson (Jethro Tull) e la chitarra di Steve Hackett (ex Genesis). La breve e strumentale “Transumanza” è una ripresa di “Pecore Elettriche”, con tanti di campanacci nel finale, mentre la conclusiva “Transumanza Jam”, come recita il titolo, è una jam collettiva sempre su quel tessuto strumentale, impreziosita dalla presenza al Mini Moog dell’ex Flavio Premoli e di Luca Zabbini dei Barrock Project, che partecipa anche ad altri pezzi, sia come musicista aggiunto che come arrangiatore.
Come anche per il precedente lavoro in studio, è disponibile un secondo CD con la versione in inglese dell’album e pure qui l’anello debole risulta sempre sempre Di Cioccio, in certi frangenti addirittura in affanno: ora, visto il buon livello compositivo del nuovo corso della storica band, la domanda sorge spontanea: perché non assumere un cantante di ruolo?
Ai posteri l’ardua sentenza ma, intanto, godiamoci questo nuovo lavoro targato P.F.M.