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A Gentleman’s Legacy è il sesto album degli svedesi The Murder Of My Sweet. Il disco riprende un tema inaugurato da un altro gruppo, i prog rockettari Mind’s Eye (del batterista e produttore Daniel Flores), i quali pubblicarono la prima parte, A Gentleman’s Hurricane, nel lontano 2007. Oltre a Daniel, anche il chitarrista svedese Mike Palace è un appassionato di quell’album e l’intreccio di idee, progetti e passioni si ritrova qui in questa nuova opera.
Il disco dei Mind’s Eye è incentrato su Adam Evangelista (traditore ex agente della CIA) ed è una sua canzone, “Ashes To Ashes (In Land Lullaby)”, ad introdurre in scena Pandora, la figlia di Evangelista, una ragazza messicano-americana che sta cercando di trovare il padre. Oggi, in A Gentleman’s Legacy, Pandora è diventata adulta e medita vendetta contro coloro che danno ordini a suo padre, gli Illuminati. La bellissima cantante Angelica Rylin interpreta Pandora alla ricerca della verità e collabora con Daniel Flores, creatore della storia trattando temi quali il senso di colpa e il rimorso. Flores lo troviamo anche dietro alle pelli, in onore alle sue radici prog; Palace alla chitarra e il bassista Patrik Janson (ex Platitude) completano la formazione. Peccato che la Frontiers Music, non passandoci i testi, non ci permetta di capire fino in fondo la trama. Lo stile è vicino a quello dei Queensrÿche, pur non raggiungendo assolutamente i livelli del gruppo statunitense.
“L’album ha richiesto circa tre mesi per essere scritto e circa cinque mesi per essere registrato. È probabilmente la quantità maggiore di tempo che io abbia mai trascorso in uno studio di registrazione”, afferma Daniel Flores. “Temevo che avrei impiegato troppo poco tempo per fare un disco degno non solo dei fan dei Mind’s Eye ma anche di quelli dei TMOMS, che hanno reso possibile tutto questo!”
Le armonie appiattite e oppressive di “Six Feet Under” sono l’inizio, operistico, della vendetta di Pandora, impreziosite dall’iniziale atmosfera misteriosa del racconto. Pezzo molto simile allo stile di Operation: Mindcrime (e sinceramente la cosa non dispiace), grazie anche alla bellissima e pulita voce della cantante.
L’intrepida “A Ghost Of A Chance” mette in luce sentimenti oscillanti come il dolore e l’allegria della protagonista. La tastiera e la chitarra elettrica proiettano con rabbia nella composizione placandosi solo con le soavi e melodiche corde vocali di Angelica che stranamente non mostrano cambi di tonalità, come avviene invece con la musica. L’assolo di Palace e il ritornello sono in compenso molto coinvolgenti.
Con l’heavy metal di “Damnation” la voce cambia di tono e si fa potente e arrabbiata, seguendo bene le robuste sonorità espresse da Palace e compagni, anche se la canzone non decolla più di tanto e lascia un po’ l’amaro in bocca. La successiva “The Wheels Of Time” è puro rock sinfonico con un pizzico di prog (molto vicino ai Genesis) e caratterizzata da una possente linea di basso e un ripetuto effetto di chitarra. Si prosegue con la rilassante “Winged”, dall’armonia cadenzata ed entusiasmante nel ritornello. Il ritmo e la velocità esecutiva sono la forza di “Kill Your Darlings”, dal raffinato ritornello, con i sintetizzatori in evidenza e con la Rylin protagonista coi suoi acuti.
La tastiera continua ad essere il trait d’union di tutti i brani e la musicalità dei pezzi, al primo impatto, sembra essere quasi sempre la stessa, richiedendo pertanto un ascolto più accorto. “Father’s Eyes” continua questa tendenza con un ritornello abbastanza vivace e semplice che non entusiasma più di tanto. Segnalo il bel pianoforte in “Rise Above”, brano ricco di sofferenza e di forza, nonché il migliore dell’album, impreziosito pure dall’assolo struggente di Palace. “Trick Of The Devil” mantiene inizialmente ancora i ritmi lenti, che poi aumentano progressivamente con la chitarra elettrica e la voce di Angelica sempre all’altezza della situazione; il ritornello è abbastanza gioioso, così come i riff di chitarra e l’assolo.
Un suono più duro ritorna con l’hard rock di “Heads Or Tails”, con Angelica purtroppo troppo pacata per il tipo di umore sprigionato dagli strumenti. Lo stesso ritornello perde un po’ di grinta, con cambi di tempo e un gusto lieve e semplicione. La penultima traccia, “Please, Don’t Wait Up”, è una grande ballata con un’atmosfera emozionante e romantica, con una perfetta orchestrazione e un imponente cambio di tempo, dove la chitarra aumenta prepotentemente la sua incisività. Le tonalità sviluppate dalla cantante sono spirituali e allo stesso tempo tristi e cupe. Si chiude bene con l’ultimo brano “Finding Closure”, di durata forse eccessiva per via delle sezioni strumentali troppo prolungate, e dal ritornello più tenebroso rispetto alla media del resto della scaletta. Brano che dovrebbe concludere la vendetta personale di Pandora.
Onestamente mi aspettavo di più da questo album, che in teoria avrebbe dovuto evocare più suspence sonora per meglio supportare l’intricato racconto, ma in realtà possiede uno stile poco coinvolgente, complice anche la pur volenterosa Angelica che purtroppo non riesce a interpretare al meglio l’andamento della storia.