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Loro si definiscono un gruppo di “death metal atmosferico” e in linea di principio ci siamo, laddove sia ovvio e assodato che l’atmosfera in campo metallico è creata da un atteggiamento progressivo-sperimentale (due termini invero gemelli) e pertanto che attinge da mondi extra-metal. Qualcuno è forse più a proprio agio se viene usato “avanguardistico”? Nessun problema.
Ma come descrivere sentenziosamente trentaquattro minuti di progressività adagiati lungo due composizioni? Si potrebbe tentare dicendo che Fanges è una miscela ben riuscita di Gojira, Opeth, alcune formazioni prog metal, Ulcerate e Anathema; miscela calibrata con gusto e misura. Doti che Stu Gregg dell’Aesthetic Death dovrà forse proteggere dalle grinfie degli scopritori di talenti di Season Of Mist o di Relapse? Il modo di eseguire le sezioni ferrigne, quello in cui certe parti morbide confluiscono in quelle ruvide e viceversa, la foga con cui le prime vengono nevroticamente tese ogni qualvolta lo richieda lo spartito, il calore freddo che sottende la gestione di alcune sezioni scure.
Il suono piuttosto organico è poi notevolmente funzionale alla fruizione del lavoro, e ci si riferisce particolarmente, ma non solo, al secondo pezzo, registrato in diretta in sala prove e non gravato da manipolazioni posteriori.
Il disco sarebbe dovuto uscire il trentuno di dicembre ma, INCREDIBILMENTE!!!, inizia da qualche tempo ad essere palpabile nel quotidiano il concetto di “Giorno Del Sovrasfruttamento” sicché c’è stato ritardo nel confezionamento del prodotto. Qui di seguito c’è il solito estratto anticipatorio. (Ri)scoprite il gusto dell’attesa e della sorpresa; del desiderio e della scomodità di soddisfarlo.