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Carissimi navigatori di Heavy Metal Webzine, fan accaniti ed irriducibili del deathcore, esultate e preparatevi a gustare il quarto lavoro discografico degli statunitensi Enterprise Earth, gruppo nato nel 2014 dall’unione dell’ex cantante degli Infant Annihilator, Dan Watson e dell’ex chitarrista dei Takeover, Byron James “BJ” Sampson, ai quali si unirono poi i chitarristi Cliff Wagle e Kevin Rogers, il bassista Conner Schneberger ed il batterista Ryan Folden.
Dopo aver dovuto affrontare i cambi di formazione che li hanno costretti a rinunciare al bassista Rob Saireh, al batterista Aaron O’Toole e ad uno dei membri fondatori, il chitarrista Byron James“BJ” Sampson, il gruppo è riuscito a dar vita al disco che mi accingo a recensire. Disco che vede il cantante ed unico membro fondatore superstite Dan Watson, il nuovo batterista Brandon Zackey, il bassista Rob Saireh ed il chitarrista Gabe Mangold.
Siamo dinnanzi ad una distruzione sonora che già viene annunciata dalla terrificante copertina, in cui compare una vetrata raffigurante la Sacra Famiglia che piange sangue in mezzo ad una cerchia di dèmoni. Ma la vera apocalissi è quella operata dai membri odierni che hanno notevolmente ampliato ed aggiornato le sonorità, offrendo alle povere orecchie del malcapitato ascoltatore un deathcore tecnico e progressivo che potrei definire 2.0 in quanto, nonostante non disdegni di essere crudo, sfacciato e senza fronzoli, risulta evoluto e contaminato da ricche ed interessantissime influenze di death metal più classico ed oltranzista, di prog e di thrash metal. Il risultato di tutto questo è un assalto sonoro che, prendendo in prestito una frase dei Megadeth, “Take No Prisoners… Take No Shit”, grazie ai mirabolanti ed iper tecnici assoli che ci regala Mangold, il quale riesce anche a tessere giri che trasudano, come accennato, prog e thrash senza disdegnare di toccare i lidi dell’heavy classico: il tutto impreziosito da interessanti e sorprendenti momenti acustici che completano, come suol dirsi, la quadratura del cerchio. Senza dimenticare l’ottima prova vocale di Dan Watson, che riesce ad alternare imperiose linee growl ad un cantato pulito sempre grezzo e perforante.
Anche se siamo di fronte ad un lavoro tecnicamente perfetto e praticamente privo di momenti di stanca, non posso esimermi dal citare “Where Dreams Are Broken”, mazzata di deathcore tecnico con voci ruvide e grezze che risultano anche molto attraenti; la camaleontica “Reanimate // Disintegrate”; lo tsunami sonoro di “Unleash Hell”; l’epica “I Have To Escape”; il bel thrash di “They Have No Honor”; “Overpass”, che ci delizia con quasi otto minuti di melodia, momenti acustici e sfuriate ipertecniche; e infine “The Chosen”, quasi nove minuti in cui gli Enterprise Earth dimostrano quanto possano essere camaleontici nelle proprie sonorità.
Nonostante l’album non sia proprio diretto, si fa apprezzare per la qualità sonora e stilistica delle varie tracce, che, nonostante siano mediamente lunghe, riescono ad evitare di essere noiose e sanno ipnotizzare l’ascoltatore e costringerlo a terminare l’ascolto.
Speriamo di poter apprezzarli anche dal vivo così da essere travolti dal loro terremoto sonico. Mai come adesso ne abbiamo davvero bisogno.