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Sembra ieri che volarono da quel palco di provincia alcune copie di Divided We Fall e Murder, unici due dischetti fino ad allora stampati dietro casa da quei ragazzi esili e asciutti come solo i ventenni hanno la sfacciataggine di essere. Avevano appena sputato l’anima davanti a un pubblico a macchia di leopardo e poco interessato al solito riempitivo capitato su assi il cui unico onore quella sera sarebbe stato di farsi calpestare dalle tennis sdrucite di Max Cavalera. Mi chiedo se oggi – oggi che, prima ancora di fondare un gruppo, l’Occidente intero è al corrente di chi dipingerà gli angoli di ciascuna facciata di tutti i formati in cui ne saranno stampati i primi sei album, chi ne masterizzerà ciascuna delle tracce audio e quali saranno le attesissime scalette di ciascun indimenticabile concerto spaccaossa suonato magnificamente di spalla ai migliori gruppi di sempre in locali per forza iconici – qualcuno si prenderebbe briga maggiore e vi presterebbe attenzione per curiosità artistica e non per via dello stato di famiglia del cantante.
Ricacciàti in tasca questi pensieri e tenuto conto dell’innegabile realtà che la proposta era comunque quella che era, non posso certo strapparmi i capelli per essermi concessa finora l’unica eccezione di Up In Hell, terzo dei sei album che seguirono le due autoproduzioni in apertura di articolo.
Pur sommariamente fedeli a un filone che è arido per scelta ed autocelebrativo per natura, gli Incite colpiscono diritto e duramente e lo scopo è senza dubbio raggiunto. Parliamo di thrash metal e post-thrash metal ovvero, quest’ultimo, il thrash secondo i Pantera: chitarra dal modo ritmico esasperato e dal suono iper-compresso, voce mutuata dall’hardcore, batteria devota al thrash newyorkese e una produzione che fu di lì in poi determinante, invadente e massificata. A distanza di trent’anni, senza sviscerare in questa sede gli sviluppi innescati da quel maremoto, possiamo dire che si tratta di uno stile ben masticato, digerito, parte assimilato e parte espulso e rimasticato. Wake Up Dead mostra un gruppo capace di assestare tutte le stilettate che può nella strettoia in cui è incastrato; solido e credibile – a tal punto da rivolgersi a Steve Evetts e non a un criminale qualunque. A fianco di pezzi ordinarî e spesso più propriamente groove si battono altri che sollevano la media in forza di qualità e diversificazione – diversificazione che Evetts si prodiga per mantenere e NON per abbattere. “Fuck With Me (Wake Up Dead)”, “Deadbeat”, “Stagnant”, “Fallen” e “The Slaughter” sono canzoni valide e tutte a proprio modo differenti le une dalle altre, che piaccia o meno il genere/sotto-genere. Tra un giro thrash maligno, un assolo panteroso senza la ritmica, un accenno a Painkiller, un brano con voce meno sporca, un fraseggio semplicemente azzeccato … e una coesione che sa di amicizia prima che di spirito di squadra.
È vero che l’onestà conta più di ogni altra cosa così come lo è che gli Incite non oltrepasseranno mai di molto la sufficienza. Però, gente, non è una gara … e che sia maledetto chi pensa il contrario.