RONNIE ATKINS – Make It Count

Titolo: Make It Count
Autore: Ronnie Atkins
Nazione: Danimarca
Genere: AOR
Anno: 2022
Etichetta: Frontiers Records

Formazione:

Ronnie Atkins: voce e cori
Chris Laney: chitarra ritmica e tastiera
Alla Sørensen: batteria
Ponto Egberg: basso
Morten Sandager: tastiera
Linnea Vikström Egg: cori
John Berg: chitarra
Olliver Hartmann: chitarra
Pontus Norgren: chitarra
Anders Ringman: chitarra acustica


Tracce:

01. I’ve Hurt Myself (By Hurting You)
02. Unsung Heroes
03. Rising Tide
04. Remain To Remind Me
05. The Tracks We Leave Behind
06. All I Ask Of You
07. Grace
08. Let Love Lead The Way
09. Blood Cries Out
10. Easier To Leave (Than Being Left Behind)
11. Fallen
12. Make It Count


Voto del redattore HMW: 8,5/10
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Ogni giorno della nostra vita è un miracolo e non va sprecato! Questo è proprio quello che sta facendo il danese Paul Christensen, in arte Ronnie Atkins (Pretty Maids, Nordic Union), che sta cercando di vivere al meglio gli ultimi giorni della propria esistenza, divertendosi con la propria musica in questa nuova versione da solista intrapresa proprio l’anno scorso. Mi è piaciuto moltissimo One Shot del 2021 ma il nuovo Make It Count, dato alle stampe poche settimane fa, mi soddisfa ancora di più. Ronnie, al quale è stato diagnosticato un cancro incurabile, è ancora attivo e non intende assolutamente fermarsi e mollare per darla vinta a questa tragedia personale che gli si è abbattuta addosso inaspettatamente come un macigno. Il nuovo album, realizzato dal produttore e tastierista svedese Chris Laney (Pretty Maids), dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che Atkins è un cantautore ancora in forma smagliante, molto riflessivo, incavolato quanto basta, ma soprattutto energico e convincente con le sue squisite e sincere melodie.

“Io e il mio fantastico gruppo di musicisti abbiamo seguito esattamente la stessa procedura di One Shot, dal momento che mi sento ancora un po’ come se stessi andando contro il tempo (per via del mio stato di salute). Quindi in pratica ho inviato le mie canzoni a Chris Laney, che poi le ha rese in un demo. Quando siamo stati finalmente soddisfatti degli arrangiamenti, abbiamo registravo la voce e poi i singoli musicisti. Avevo già un bel po’ di idee, sin da quando è stato pubblicato One Shot, e ho continuato a scrivere a intermittenza per tutta la primavera e l’estate del 2021. L’album è stato quindi registrato tra aprile e ottobre del 2021”, afferma Atkins.

Mi viene difficile descrivere e criticare questo disco – che potrebbe essere anche l’ultimo di Atkins – perché oltre all’aspetto musicale ci si trova al cospetto di un artista che da più di quarant’anni avvicina tantissime persone al metal e regala tanta gioia ed energia. Purtroppo con i suoi Pretty Maids non ha avuto quel successo mediatico e commerciale che meritava, però Ronnie se n’è sempre fregato altamente perché al primo posto ha sempre messo la sua professionalità e l’amore per questa incredibile musica. Non è il trionfo che ti rende migliore di un altro cantante o di un altro gruppo bensì la creazione di bella e buona musica, che emozioni e che lasci il segno nei cuori dei fan, diventando immortale e a disposizione di tutti.

Per quanto riguarda l’opera, Ronnie continua: “Ancora una volta è stato un processo abbastanza facile. Alcune delle canzoni sono state scritte al pianoforte e alcune alla chitarra. Scrivo a modo mio, il che significa la mia priorità sono le melodie e le linee. Se sento di avere una buona canzone con la giusta struttura di accordi e una melodia forte che mi rimane in testa, allora so che sto lavorando a qualcosa di buono e da quel punto in avanti può solo migliorare. Poi mando il tutto a Chris Laney, il quale l’ascolta con orecchie fresche e mi consegna il suo contributo all’arrangiamento e ai piccoli frammenti aggiuntivi. Dal punto di vista dello stile, sono fondamentalmente canzoni melodiche di pop rock e hard rock che trasformiamo in qualcosa di adatto a coloro che ci hanno seguito in tutti questi anni. Per me una canzone buona è una canzone bella, poi bisogna anche vedere come la concludi”.

Oltretutto, lavorare da soli a un proprio progetto è più facile di farlo in gruppo; mettere d’accordo tante teste è sempre difficile e a volte limitante. Ronnie non ha tempo da perdere e quindi il futuro dei suoi Pretty Maids sembra ormai segnato (il Danese non ha contatti con gli altri membri addirittura da circa tre anni, quando uscì l’ultimo Undress Your Madness). Ma ne ha bisogno, Ronnie, dei Pretty Maids? Probabilmente non più, perché adesso ha il controllo creativo delle sue idee e non scende a patti sulla sua musica.

“La cosa bella di fare un disco solista è che non devo discutere con nessuno se sia troppo pop o troppo leggero ecc. Faccio quello che voglio perché è quello che mi piace e sono il capo dei miei album da solista e quindi anche l’unico ad assumersi la responsabilità di dischi eventualmente non all’altezza delle aspettative del pubblico. Ma questo è quello che voglio fare in questa fase della mia vita e penso di essere convinto che Make It Count sia un album di rock melodico favoloso. Spero che i fan non rimangano delusi”.

Lo stile è sempre uguale: melodie rock super orecchiabili ed energiche, ma in alcune parti velate da un briciolo di sconforto, che non elimina la voglia di resistere e vivere ancora. Insomma, al contrario di chi pensava ad un disco cupo e buio, l’artista nordico non si piange addosso. Anzi!

Per quanto riguarda i testi, Atkins dice: “I testi sono sempre la parte più difficile di un album, secondo me. Per me è molto più facile scrivere una canzone di un testo, se devo dir la verità. A volte ho già il titolo e l’argomento, altre volte sono a corto di idee. Questa volta è stato difficile poiché i miei problemi di salute sono in qualche modo nel mio subconscio tutto il giorno e tutti i giorni. Qualunque cosa io faccia, è ogni giorno una sfida in un modo o nell’altro. Alcune delle canzoni toccano questo problema, ovviamente, e non posso farne a meno. Detto ciò, sto anche cercando di impormi una svolta positiva, che significa anche che devo sfruttare la vita al meglio e amare la persona con cui sto finché sono qui. È semplicemente impossibile scrivere di sesso, droghe e rock’n’roll o qualsiasi altra cosa avendo una malattia mortale, perché è come avere un pugnale appeso sopra la testa. O almeno lo è per me”.

I’ve Hurt Myself (By Hurting You)” è una canzone straordinariamente melodica che mette subito in campo tutto il meglio del cantante con una armonia tipicamente AOR di vecchia scuola. Le corde vocali di Ronnie sono perfette, piene di grinta ed insolenza proprie del rock. La ritmata “Unsung Heroes” è un omaggio a chi si sacrifica per salvare vite umane ed ha un ritornello trascinante, eccitante e ricco di cori – forse troppi! La successiva Rising Tide è più veloce e arrabbiata (rispetto ai due pezzi precedenti) ma non perde mai di vista la melodia, sembrando un brano dei Pretty Maids. Qui le chitarre e la sezione ritmica hanno un ruolo predominante, frenate solo dagli arpeggi melodici di una tastiera capace di creare un’atmosfera di ribellione che culmina con gli acuti di Ronnie. Lo stesso si può dire della robusta e ottantiana “Blood Cries Out”, carica di elettrizzanti riff elettrici con Atkins quasi irriconoscibile per via della voce rauca e a tratti filtrata nonché sovrastata da assoli al fulmicotone. La meravigliosa ballata “Remain To Remind” è semplice quanto basta per rilassarsi sotto le calde e illuminanti note della tastiera e delle chitarre. Piace pure “The Tracks We Leave Behind”, con i suoi suoni cadenzati e il ritornello che porta subito a canticchiarla. Anche “All I Ask Of You” non scherza, grazie a una grande sezione ritmica, alle taglienti sei corde e a un ritornello orecchiabile e adrenalinico che si stampa immediatamente nel cervello.

L’intensa “Grace” è semplicemente un vortice di puro AOR e di emozioni guidate dalle chitarre, con un’atmosfera di serenità e di pace interiore che Ronnie canta divinamente, con una voce pulitissima. Delude un po’ il lento “Let Love Lead The Way”, soprattutto all’inizio perché troppo sdolcinato e fiacco, ma pian piano si riprende nel ritmo grazie alla tastiera di Laney che tesse una tela molto convincente. “Easier To Leave (Than Being Left Behind)” è un favoloso pezzo di pop rock con belle armonie guidate dalle chitarre e dai cori, nello stile in cui inizia l’album.

Le canzoni sono quasi tutte accattivanti e spaziano dall’hard rock al rock melodico, al pop e in minima parte all’heavy. La chiusura con “Make It Count non si esime da questo miscuglio ma, a differenza delle altre, il suono del pianoforte ci porta dentro i pensieri e le preoccupazioni di Ronnie, che spalanca la porta ai propri sentimenti e alla sua innata forza di vivere giorno per giorno gustandosi la vita. L’arrangiamento è sfarzoso, quasi orchestrale, con un bel coro femminile e chitarre morbide, per una volta quasi messe da parte e che emergono con dei prolungati assoli solo verso la fine della composizione. Spiccano alcuni intermezzi acustici di Anders Ringman e naturalmente il tono del cantante danese che fornisce ancora un’interpretazione maiuscola, cantando un testo autobiografico.

Ronnie è ancora in forma e con coraggio, ancora una volta, dà il meglio di sé! Se amate l’AOR degli eighties, il rock melodico e i Pretty Maids, allora dovete correre a comprare questo disco. Chi non lo conoscesse, non perda tempo e amplii le proprie conoscenze partendo proprio dagli ultimi due lavori solisti del danese. Spero che Dio gli conceda ancora per un bel po’ di deliziarci con la sua musica. Io, nel mio piccolo, ci spero e pregherò per lui!

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