Visualizzazioni post:434
Come anticipato nell’articolo di quindici mesi fa, la strada intrapresa da Wardruna è già commercialmente rivolta ad un uditorio più esteso di quanto risiede(rebbe) nella natura della sua musica. Sicché un anno fa arrivò anche per lui il momento del concerto per un pubblico che esiste solo all’altra estremità della linea wi-fi: una diretta in rete. Iniziative squallide, che solo tempi squallidi come i correnti hanno potuto partorire; pandemia o non pandemia. Ma tant’è.
Wardruna vende tuttavia cara la pelle ed ha mantenuto intonse le tracce della registrazione, senza magici ritocchi posteriori, ed è dunque possibile condividere (PER UNA VOLTA contestualizziamo questo verbo correttamente, vi va?) al meglio i sentimenti, i movimenti e le vibrazioni degli artisti che consegnano una porzione di sé.
La scaletta di quel ventisei marzo 2021 colse brani da ciascun album di Selvik e, Signori miei, con un repertorio del genere, Voi capite bene che è improbabile andare a vuoto. La musica risucchia in un vortice fumoso di liturgia pagana, di Natura umida e odorosissima. Un’adunanza di sciamani distilla secoli di ritualità in settanta minuti scarsi di incensi obnubilanti.
La magnetica “Kvitravn” e la muschiosa “Skugge”, il rituale di “Solringen” – sciaguratamente castrata di buona parte della sua lunga introduzione – sino alla lunga fascia forse più intensa del programma, fascia che si apre con “Voluspá”, eseguita nella versione di Skald (ergo dal solo Selvik), e si chiude con “Rotlaust Tre Fell”. Ahimè, “Isa” e “UruR” risultano anch’esse imperdonabilmente scremate di minutaggio prezioso.
P. S.
Pur se la promozione pare star evidenziando questo disco solamente come la stampa audio della suddetta esibizione, trattasi in realtà di una variante di Kvitravn con un secondo dischetto, riservato al concerto. Indi il titolo doppio: questo è Kvitravn più First Flight Of The White Raven.