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… la notte è passata.
Pochi minuti e si leveranno le luci di un altro giorno da buttare. Pochi minuti e la percezione dell’inaccettabile diverrà scontrosa e deformata. Mentre la bruma e le nebbie basse cedono il posto al proliferare dell’idiozia, ancora vibra il sottosuolo. Per un breve momento, sarà la follia ad opporvisi fintamente. Necessaria; agognata follia. Timișoara è a un passo – ed è un incanto. Anche lì, grazie alle medesime forze, l’alba è alle porte. Anche lì, sotto un esercito di torpore, brulicano trasmissioni ctònie.
Se Palindrome è stato un lungo incantesimo, Chtonian Transmissions è album denso e progressivo, ricco, dolce ed ermetico, intricato, armato di una tensione serena. Le influenze norvegesi della fine del XX secolo sono ancora lì e ci sono alla grande, ora si aggiunge la Gran Bretagna di venti, trent’anni prima. Un po’ di Canterbury, un po’ di Mel Collins, un po’ di Ian McDonald, ma anche un po’ di progressività del tipo abbracciato da alcuni nordici nel nuovo secolo (Enslaved?). Duro quando serve, munito di discreta varietà vocale – la femminile, gentile e ammaliante, la maschile, acre ed urlata, il parlato, il recitato – e lunghe parti strumentali. Il batterista si conferma spettacolare in ogni circostanza e il sassofonista conquista la scena senza colpo ferire, mentre spiega e distorce lo strumento, mentre ci soffia dentro il buio, con i bronchi, e ci soffia dentro la luce, con la grazia. Il ruolo delle chitarre e delle tastiere è di esserci senza strafare, senza esserci, stendere un tappeto senza quasi srotolarlo. Notevolissimo. Notevolissime.
La durata della maggioranza dei brani è fatta per chi ha ancora voglia di ascoltar musica, non di maneggiare un telefonino come questo fosse la sua unica ancora di salvezza (è esattamente il contrario). Se tutto ciò è quanto vi risuona dentro, questo è un gruppo da ascoltare – da sentire – da assecondare e da assimilare. Fuori ancora non piove… sarà per un’altra volta…