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Attivi dal 2003 e autori di sette album più qualche pubblicazione minore, i Wo Fat sono a ragion veduta una delle istituzioni della scena doom-stoner underground americana; classico, considerando lo stato di provenienza di questo roccioso trio, ovvero l’assolato e desertico Texas. Il loro stile incarna appieno l’ideale del genere proposto originariamente a ridosso dell’ultimo decennio del secolo scorso, considerando la profondissima vena blues, con molte derive psichedeliche, che contraddistingue le loro creazioni musicali condite da muri di suoni fuzzosi e tanta veemenza esecutiva.
Con il nuovo The Singularity, corredato da una splendida copertina raffigurante un essere meccanico a forma di dinosauro sputa-fuoco, il gruppo continua il suo cammino, pavimentato da riff insistiti e un approccio da jam session, perlomeno a giudicare dagli assoli presenti nelle sette canzoni, tutte molto lunghe come da loro tradizione, che lo compongono.
Tra i momenti più riusciti si trovano sicuramente l’iniziale “Orphans Of The Singe“, anche grazie alle parti vocali particolarmente azzeccate, “Overworlder” e “The Unraveling“, per via dell’energia che riescono a comunicare. Al contrario, invece, una buona fetta dell’elevato minutaggio non fluisce come dovrebbe nello stereo dell’ascoltatore; “The Singularity” e la conclusiva “The Oracle” (superiore ai quindici minuti di durata) non si appoggiano su basi così solide da riuscire a giustificare una lunghezza estrema.
Questa pubblicazione sembra potersi ascrivere tranquillamente alla lista dei dischi pubblicati più per necessità o voglia di ripartire con i tour, piuttosto che per esprimere un’ispirazione particolarmente vincente, anche in considerazione dei precedenti Midnight Comet e The Conjuring, superiori di livello. Tutto ciò non rappresenta per forza un male e consiglio comunque l’ascolto di The Singularity a quella fetta di lettori amanti del rock più stonato.