JANI LIIMATAINEN – My Father’s Son

Titolo: My Father's Son
Autore: Jani Liimatainen
Nazione: Finlandia
Genere: Metal Melodico
Anno: 2022
Etichetta: Frontiers Records

Formazione:

CANTANTI
Pekka Heino
Tony Kakko
Timo Kotipelto
Jani Liimatainen
Anette Olzon
Antti Railio
Bjorn Strid
Renan Zonta

STRUMENTISTI
Jani Liimatainen: chitarra, tastiera e programmazione
Jonas Kuhlberg: basso
Rolf Pilve: batteria
Jarkko Lahti: piano
Jens Johansson: tastiera
Janne Huttunen: sassofono

CORI
Petri Aho
JC Halttunen
Tony Kakko
Jani Liimatainen
Anette Olzon
Antti Railio
Bjorn Strid
Lassi Vääränen
Renan Zonta


Tracce:

01. Breathing Divinity
02. All Dreams Are Born To Die
03. What Do You Want
04. Who Are We
05. Side By Side
06. The Music Box
07. Into The Fray
08. I Could Stop Now
09. Haunted House
10. My Father’s Son


Voto del redattore HMW: 7/10
Voto dei lettori: 5.0/10
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Jani Liimatainen, fondatore ed ex chitarrista dei Sonata Arctica, dopo essere entrato nel supergruppo dei Cain’s Offering, nei The Dark Element con la bella Anette Olzon (ex Nightwish) e negli Insomnium, è appena uscito con il suo primo disco solista, My Father’s Son.  Il chitarrista e cantautore finlandese mette in mostra in questa sua opera tutto il proprio talento insieme a una formazione di tutto rispetto di amici e colleghi. Oltre a Liimatainen stesso, che si occupa di chitarra, tastiera e scrittura, troviamo alle voci soliste Björn “Speed” Strid, Tony Kakko, Timo Kotipelto, Anette Olzon, Renan Zonta (Electric Mob), Pekka Heino (Fratello Firetribe) e Antti Railio (Celesty, Diecell). Agli altri strumenti troviamo il bassista Jonas Kuhlberg (One Desire), il batterista Rolf Pilve (Stratovarius, Smackbound), il pianista Jarkko Lahti, il tastierista Jens Johansson e il sassofonista Janne Huttunen.

My Father’s Son contribuisce ad accrescere la fama di musicista talentuoso del buon Liimatainen, offrendo nel complesso un heavy-power metal melodico fatto però anche di folk e di prog. Il chitarrista non mostra solo quanto sia abile tecnicamente e cerca di rendere facile e soddisfacente l’ascolto di tutta la scaletta. Il primo singolo, All Dreams Are Born To Die, vede dietro al microfono Tony Kakko, uno dei migliori cantanti metal in circolazione; qui il suono è veloce, pieno di melodia soprattutto nel ritornello – sostenuto da riff cadenzati e diretti, puntellati da un eccellente impianto tastieristico. La stessa formula vale per “Breathing Divinity”, canzone emozionante grazie alla voce possente e profonda di Strid, che sembra cantare un pezzo partorito dai suoi The Night Flight Orchestra.

Sul primo lato gli ospiti cantano tracce costruite su di loro, a dimostrazione che Jani è davvero un buono scrittore. Un esempio lampante ne è la dinamica “I Could Stop Now”, offerta con successo all’amica Anette Olzon, la quale trascina egregiamente questa brillante composizione folk (coadiuvata dall’ottimo piano e dalla chitarra acustica). Timo Kotipelto si esibisce invece in “Who Are We”, un brano rilassante, impregnato di AOR, di elementi orchestrali e di una grande atmosfera creata dal pianoforte nonché dalle tonalità vocali acutissime che accompagnano il bel ritornello.

Dall’altro lato, quasi tutti i pezzi sono slegati tra di loro e sembrano appartenere a contesti e gruppi diversi: forse una scelta volta a creare varietà e attirare l’attenzione e la curiosità dalla prima all’ultima canzone? Probabilmente. Fosse così, Liimatainen ci riesce in pieno ma lascia comunque l’amaro in bocca perché la maggior parte dei suoi estimatori si aspetta sempre un suono più duro e power rispetto a quel poco che si sente qui. Addirittura, canta lui stesso sul commovente lento “Haunted House”, caratterizzato dal pianoforte malinconico e la voce dimessa; l’assolo della chitarra elettrica riesce comunque a ravvivare una canzone molto lontana dallo suo usuale stile artistico.

L’heavy metal e il power metal sono relegati a Into The Fray, pezzo veloce e dal ritornello epico, e a “What Do You Want”, metal melodico infarcito tuttavia di troppi sintetizzatori benché interpretato benissimo dalla possente voce di Zonta. La vera chicca è però la prog-pop-rock “Side By Side”, che esce da ogni schema: melodia tipicamente radiofonica, impreziosita dalla melodiosa ugola di Pekka Heino, dai soliti sintetizzatori e dall’assolo del sassofono di Janne Huttunen. Infine “My Father’s Son”: un omaggio alla sua ormai ex Sonata Arctica sul quale l’estroso Liimatainen unisce brillantemente il metal melodico scandinavo al prog metal e a sprazzi di power.

My Father’s Son è la conferma quindi del talento di un buon musicista, sia in fase creativa sia in fase esecutiva, perché abbraccia tranquillamente tanti generi diversi con disinvoltura notevole. Forse il grosso limite del disco è proprio questo, anche perché su alcuni pezzi si strizza troppo l’occhiolino al commerciale mancando di quella forza ed energia che solo il puro metal può regalare.

 

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