Visualizzazioni post:101
Un minuto primo e quindici minuti secondi: tanto occorre perché si scoprano le carte. A trent’anni dal funerale della controcultura rock (coevo di altri funerali eminenti, che interessano questa rivista più in profondo), evento spartiacque nei costumi artistico-sociali dei tempi moderni, un clone dell’incolpevole ed inconsapevole gruppo che gettò quella palata di terra è sin quasi in ritardo sulle aspettative. Il momento è però giusto.
Mettendo da un canto le questioni di personalità, gli Am Samstag snocciolano tutto ciò che è lecito attendersi da tali premesse. C’è la loro idea di “Breed”, la loro idea di “Dive”, la loro idea di “Heart-Shaped Box” e quella di “Sliver”. Poi di “Molly’s Lips”, di “Frances Farmer Will Have Her Revenge On Seattle” (lo avrà poi fatto?) e quella di “School”. Qui vanno sotto altri nomi ma, seriamente, c’è davvero di che gongolare se siete tra coloro che rimasero interdetti – ma non sorpresi – quel mattino del 1994.
La cover presente non è “Suzie Q” (questa non ha a che vedere col brano dei Creedence) bensì quella “Hardly Wait” dell’eroina P J Harvey; a proposito di gente cui sono bastati cuore e valvole a scavare dentro l’anima di chi ha avuto il coraggio di farcisi scavare. La Varela poi stira la laringe che è una bellezza e come si fa a non pensare all’estensione disperata di padrini e madrine?
Ah… e, cari giovani e meno giovani, non temete: quando sentirete un certo qual frastuono, ignoti riverberi ed insoliti rumori che non si macchiano di vergogna, sappiate che si tratta semplicemente di strumenti musicali. Quelli che l’oggi vi ha insegnato ad evitare e deridere in un lago di umiliazione. Strumenti suonati da persone in carne e ossa, catturati dall’ormai vecchio Jack Endino. Benefattore, artista. Quelle vibrazioni sono ora qui per noi, per loro stessi, per lui stesso e per chiunque abbia bisogno di un po’ di amore e di poesia.
P.S.: un gran peccato che si scelga tanto spesso di eliminare gli accenti delle parole che li richiedono, odiosa devozione modernista all’appiattimento anglo-global-informatico.
Per i meno giovani un calligrafismo fatuo, almeno quanto il formalismo di ZZ.