Visualizzazioni post:2180
Premessa: negli ultimi anni sono aumentate in modo esagerato le pubblicazioni musicali (in ogni settore). Solo nel genere heavy, che include una miriade di sottogeneri ed un quantità esagerata di gruppi underground, sono decine di migliaia i demo, gli EP, gli album… Impossibile seguire tutto? Certo, soprattutto se ci si allontana dai gruppi TOP e si scende verso l’oscurità. Ci sono artisti validi che passano in secondo piano e potevamo noi forse dimenticarli? NO!
Da qui la necessità di creare una serie di articoli/pubblicazioni oltre la classica recensione, che prevede ascolti e tempi di realizzazione più lunghi. Una sorta di breve presentazione di artisti ed uscite, come una volta si poteva trovare sulle riviste di settore.
Ricordatevi di ascoltare il nostro Dottore. Benvenuti a Pillole D’Acciaio!!!
DOOMSTER REICH – DRUG MAGICK (Old Temple; Aesthetic Death; The End Of Time Records)
… e niente… oggi al lavoro è andata com’è andata e, tra una cosa e l’altra, al ritorno è finito nello stereo un album dal reparto più affumicato. Voglia di obnubilazione e obnubilamento. Non so cosa stiano facendo oggi i Doomster Reich a Łódź (in Polonia) ma so che Drug Magick cinque anni fa ci sballò per un’ora e poi un’altra ora e poi un’altra. Dei Nebula più diretti e meno acidi, più quadrati. Sempre intossicati e intossicanti. Nessuna chitarra acustica, nessuna percussione se non la batteria. Un album che è anche metal dei primi anni Settanta e/o tardi anni Sessanta, se proprio lo volete sapere; tanto che Metal Archives dedica loro un capitolo – oddio, non che M.A. sia particolarmente diligente nello scegliere cosa sia metal e cosa no (anzi…). Un paio di episodi leggermente sotto una media ragguardevole – e la media è data anche da quel paio. “Round The Bend Satan” ha uno stacco che è una martellata, “Rites Of Drug Magick” risucchia che è un piacere, “Black Earth, Red Sun” è … eh. Registrato in diretta in studio sicché ciao ciao, me**osi del montaggio digitale. (ZZ)
Casa discografica – Bandcamp – Facebook
REGNANT – TRANSVISCERAL (Awakening Records)
In questo bizzarro 2022 l’etichetta Awakening Records pubblica questa raccolta dei cileni Regnant, intitolata Transvisceral. Il disco raccoglie i brani che componevano la demo del ’96, l’album omonimo (Transvisceral, appunto) del ’97 e due canzoni extra, datate 1995, per un totale di diciassette pezzi. Il suono del gruppo è duro e crudo e rispecchia pienamente quella che era l’attitudine di chi praticava quel genere all’epoca: diretto, pochi fronzoli e nessun virtuosismo fine a sé stesso. Brano dopo brano, sono coinvolto da questi alfieri del metal che ricordano gli anni d’oro (almeno secondo il sottoscritto) di una delle mie correnti preferite. Sono passati diverse decenni dall’esordio del gruppo, ma chi ha amato il death metal di quegli anni non potrà non apprezzare questo album, che ha il pregio di far scoprire, a chi non ne avesse avuto l’occasione, un gruppo cazzuto e brutale. (Nicola Nencini)
Casa discografica – Bandcamp – Facebook

HANORMALE – THE CATHARTIC ANOINTING OF HETERODOXY IN RESILIENCE (A Black Metal Rhapsody) (Zero Dimensional Records)
L’etichetta giapponese Zero Dimensional Records pubblica nel 2022 l’album di unconventional black metal degli italiani Hanormale. Perché il corsivo ma, soprattutto, che genere sarebbe? Bisogna mescolare black metal, jazz, industrial, ambient, dungeon synth e del rumore vario per ottenere questo disco, un concentrato di pazzia e sperimentazione a partire dal lunghissimo titolo dell’opera, che non lascia dubbi sulla complessità del prodotto. Un gruppo con una formazione complessa, otto brani che spiazzano l’ascoltatore con sfuriate violente e passaggi soft perfetti per una serata tranquilla; e la loro “Black Metal Rhapsody”, rivisitazione del brano dei Queen con una serie di soluzioni che farebbero sorridere persino Mr. Bad Guy. Non è un disco semplice e va ascoltato con calma per assaporare l’infinità di materiale presente, dai giri agli strumenti poco convenzionali, in un prodotto che dovrebbe rientrare nel settore estremo. Impossibile non restare affascinati da brani come “The Salaryman (With A Metal Drill Penis)” con il suo inizio sognante che si trasforma in un delirio rumorista: si parla di un brano da quasi undici minuti, quindi attenzione a non distrarvi o vi perderete belle cose. Il jazz con un tocco di heavy doom di “Mamedanuti”, le badilate in faccia di “Meal Of Justice”, l’epicità di “Kioku No Rekka, Sonzai No Owari” (semplicemente meraviglioso). Fatevi ammaliare da questo disco e consumatelo, l’unico modo per capire il lavoro degli Hanormale è perdersi nella loro pazzia… ehm… volevo scrivere “musica”. (Lele Triton)