Visualizzazioni post:352
I danesi Taboo esordiscono con questo loro primo disco per Frontiers Records e sono composti da alcuni elementi ben conosciuti nel panorama metal europeo: il cantante Christoffer Stjerne, già negli H.E.R.O e il chitarrista Ken Hammer, fondatore dei danesi Pretty Maids. Proprio i Pretty Maids, capeggiati da Ronnie Atkins dietro al microfono, sono un gruppo noto in tutto il mondo per le proprie sonorità, da oltre quattro decenni, ma qui Ken si allontana volontariamente dal suo passato, provando un nuovo percorso musicale orientato soprattutto al successo.
Completano la lista di ospiti: il famoso bassista Mat Sinner (Primal Fear, Voodoo Circle), il collega Claus Langeskov, pure lui alle quattro corde e il batterista Anders Kirkegaard. Da questo duo così esperto ci si aspetta un disco di puro hard rock melodico e invece con grande sorpresa siamo di fronte ad un prodotto pop-rock, che spiazza e per certi versi delude. Taboo, è comunque ricco di riff chitarristici e di ritornelli melodici, ma i suoni sono molto moderni e commerciali per via di un utilizzo massiccio di sintetizzatori che fanno storcere un po’ il naso. Non è un brutto pop rock, anzi ci sono pezzi che sembrano senza tempo creati tra cielo e terra ma troppo deboli per chi mastica metal e per chi conosce i musicisti coinvolti. Le canzoni sono poi molto orecchiabili e ben prodotte dallo stesso Hammer con il missaggio e la masterizzazione affidata alla leggenda del metal danese Jacob Hansen (Pretty Maids, Volbeat).
Il rock/metal melodico dei primi secondi di “Flames” inganna perché dopo pochi secondi si è avvolti da synth moderni e psichedelici che aprono gli occhi e soprattutto i timpani a ciò che verrà dopo. Spicca poi l’elettrizzante “Bleeding”, caratterizzata da un orecchiabile ritornello dal sapore AOR e da un robusto groove, dove Hammer per fortuna esce alla ribalta con la potenza sonora della sua metal guitar. Purtroppo, in generale, prevalgono le canzoni più melodiche e quasi pop, come “Into The Sun”, dove lo stile AOR resiste ma senza le componenti metalliche che avevano salvato e abbellito le tracce precedenti. Peccato! Lo stesso si può scrivere per l’ultima in scaletta: “Daydream”, semi ballata di rock melodico senza sussulti che strizza l’occhio alle classifiche. La voce del cantante Christopher è comunque sempre fantastica, coinvolgente e sinceramente molto emozionante, indipendentemente dallo stile interpretato. La sua timbrica melodica e appassionante è l’elemento, insieme alla dolce chitarra elettrica di Ken, che salva l’album dalla troppa raffinatezza e sdolcinatezza di cui è intriso. La penultima e melodicissima “Sensational” è quella dove la sezione ritmica e la chitarra elettrica sono a tratti protagoniste, ma anche in questo caso le troppe atmosfere soft rallentano il ritmo della composizione.
L’opera ahimè non suscita interesse nelle altre canzoni, anche se di qualità e con un tocco di hard rock che mette in mostra l’abilità dei musicisti coinvolti. Rock moderno prevedibile, con poca ispirazione e poco sincero per i miei gusti. Consiglio al bravissimo Ken Hammer di rimettere su i Pretty Maids e di approfittare della grande vena creativa dell’amico Ronnie Atkins, prima che sia troppo tardi.