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Recensione scritta da Fabio Perf:
Se questo disco fosse uscito a metà anni ’90, probabilmente, avrebbe fatto sfaceli!
“Second Life” è il quinto album dei romani DragonhammeR che, dopo una possibile ipotesi di scioglimento, decidono di tornare sul mercato con questo nuovo album e una formazione rinnovata.
Lo stile dei capitolini, come intuibile, è tranquillamente accostabile ad un power europeo di “vecchia scuola”, non quello che si sente spesso oggi, tutto sovrastato da tastiere e orchestrazioni: benché l’elemento sinfonico sia presente anche qui, i Nostri hanno sapientemente bilanciato il suono delle chitarre con quello delle tastiere e della parte più orchestrale, atta a donare un suono più epico e maestoso. La sezione ritmica è quadrata e potete, come dettano gli stilemi del genere, con ritmi veloci, sfuriate di doppia cassa, alternati a momenti più lenti ed evocativi.
Dopo l’introduzione di rito, i DragonhammeR attaccano con un bel pezzo sparato, “Kingdom Of The Ghosts”, scelto anche come primo singolo: si mettono in mostra da subito le trame delle chitarre, che creano intrecci melodici e maestosi. La ritmica non dà tregua e il nuovo cantante Mattia Fagiolo è in grado di offrire una prestazione decisamente positiva ed efficace, riuscendo a catturare l’attenzione con un cantato pulito, perfettamente adatto alla proposta. I cori nel ritornello e le tastiere enfatizzano ancora una volta l’aspetto più epico del genere. Da manuale anche la parte solista di chitarre e tastiere: un bel duello a colpi di scale neoclassiche!
Il resto dei brani viaggia su ritmi meno forsennati, mettendo in risalto momenti più epici e solenni. “Into The Warrior’s Mind” è un brano trionfale e, a tratti, aggressivo, che ricorda, nella parte corale del ritornello, i connazionali Rhapsody.
“Fallen Brother” è un pezzo lento, dalle tinte drammatiche, ottimamente interpretato dal cantante Mattia Fagiolo, che raggiunge vette di intensità notevoli, grazie anche ad un sentito solo di chitarra.
“The Rising” si apre con un motivo medievaleggiante che introduce un cantato quasi soffuso, fino all’esplosione del ritornello, ancora una volta dal sapore epico e maestoso. Una melodia che rimane in testa fin da subito.
Se dovessi trovare un difetto (veniale) a questo album, potrei dire che, personalmente, avrei gradito qualche altro brano dal ritmo un po’ più sostenuto; in ogni caso, tutti i pezzi funzionano e non ci sono cadute di tono.
Negli anni ’90 questo disco probabilmente avrebbe conquistato il favore di molti; ora siamo nel 2022 e il treno del Power Metal è bello che passato e “Second Life” non vuol essere solo un disco per nostalgici, ma un lavoro maturo, ben costruito e altrettanto ben interpretato, che potrà sicuramente regalare momenti di gaudio agli amanti delle sonorità qui descritte.