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Finalmente gli Heidevolk, i portavoce dello spirito pagano della Veluwe (i Paesi Bassi), ci presentano il loro settimo lavoro in studio, intitolato Wederkeer. Tra racconti di miti e natura incorrotta ci addentriamo ancora una volta nel mondo ricco di tradizioni e leggende in cui il gruppo olandese è ormai solito trasportarci. Questa volta ad accompagnarci in questo viaggio introspettivo troviamo una formazione rinnovata e arricchita di nuove voci e strumenti acustici.
L’ascolto comincia da “Hagalaz”, parola che corrisponde al nome della runa “ᚺ”, che significa “grandine” e che rappresenta tutto ciò su cui l’uomo non può avere controllo. Lo stile potente di questo pezzo ben corrisponde alla descrizione operata dal titolo, cominciando con un ritmo cupo e sostenuto, lungo il quale a cori profondi e quasi minacciosi si intervallano strofe di cantato ora pulito ora sporco, che donano all’insieme un’atmosfera oscura. Sin da subito ci è quindi chiaro che in casa Heidevolk sono state messe in campo delle novità, che si ripresentano anche nella maestosa “De Strijd Duurt Voort”, una sorpresa dal punto di vista dell’eccezionale gioco di voci creato, in grado di mettere in risalto le capacità canore dei musicisti, che si conclude con un possente crescendo accompagnato dal magico tocco di violini. Non è da meno “Raidho” (anche qui il riferimento a una runa, “ᚱ”, che significa “viaggio”), galoppante brano valorizzato da frizzanti chitarre power-heavy metal.
Il singolo “Drink Met De Goden (Walhalla)” ed “Oeros” sono invece elementi travolgenti, che sembra siano stati pensati per essere gustati dal vivo e di cui si fa fatica a dimenticare i ritornelli da intonare tutti insieme. Non mancano ovviamente i pezzi che restano nelle tipiche corde degli Heidevolk, come “Klauwen Vooruit”, “IJzige Nacht” e “Holda”, ma senza mai essere troppo scontati. Un occhio di riguardo va agli intermezzi acustici e più delicati del disco, tra cui la stessa “Wederkeer”, “Der Verlangen”, la chicca a cappella “Schildenmuur” e in chiusura “Zomervuur” (“fuoco estivo”), durante la quale pare davvero di essere seduti intorno a un fuoco a suonare e cantare in cerchio. La perfetta conclusione del nostro emozionante viaggio.
Bisogna credere fermamente nel proprio messaggio artistico per poter sfornare, dopo diversi anni di carriera e molti cambiamenti, un album ben strutturato e che sia efficace su più livelli come questo. Non solo non vediamo l’ora di verificarne la forza in sede di concerto, ma siamo sicuri che si tratti di una proposta musicale versatile, da poter ascoltare in ogni momento: dalle casse in auto per darsi la carica al mattino, al divano di casa durante un momento di relax. È lampante come Wederkeer sia un album pensato e particolarmente sentito dai suoi autori, che in esso hanno condensato tutte le loro ispirazioni e stili in un risultato eterogeneo. Anche nei momenti più semplici, l’album non lascia nulla al caso e ogni sfumatura è stata misurata con sentimento.
Con qualche piccola eccezione (mi permetto di fare riferimento solo ad Eluveitie e Finntroll), era ormai da una decina di anni che nell’ambiente folk metal non vedeva la luce un disco dai contenuti strettamente a tema pagan/viking che avesse una forma così affascinante e in un certo senso anche innovativa. Questo grazie alle brillanti soluzioni compositive dei brani, che fondono le potenzialità degli strumenti acustici, puramente di stampo tradizionale, ad accattivanti soluzioni heavy metal. Con questo notevole ritorno alle origini, gli Heidevolk non ci hanno soltanto dimostrato che ci sono e che ci saranno ancora per molto tempo, ma specialmente che in quanto musicisti hanno ancora molto da sperimentare e altrettanto da raccontarci. Del resto, il titolo dell’album in olandese significa proprio “ritornare”, “rivivere”.