Visualizzazioni post:109
Gli Arctic Rain nascono in Svezia dall’unione del cantautore e tastierista Pete Alpenborg, del chitarrista Magnus Berglund e del cantante Tobias Jonsson. Dopo il debutto con The One del 2020, all’improvviso Alpenborg lascia la formazione per essere sostituito da Kaspar Dahlqvist e allo stesso tempo si aggiunge anche Richard Tonyson alle pelli completando la sezione ritmica insieme al fedele Gert Daun. Il secondo album, Unity, sempre con Frontiers Music, prende ispirazione dall’hard rock melodico targato anni ’80 offrendo però all’ascoltatore canzoni più audaci e un tocco più robusto rispetto al passato ma sempre rigorosamente melodico.
Basta ascoltare la prima traccia dell’opera, “One World”, che sembra uscita da uno dei primi lavori di Bon Jovi. L’inizio è sottile e tastieristico ma il proseguo è intenso con un fugace e melodicissimo refrain che sfocia in un ritornello a più voci incredibilmente memorabile. Il bravo Tobias continua ad avere una forte presenza vocale cantando in modo più assertivo e interpretando divinamente tutte le composizioni. Un esempio della sua abilità si ode nel brano di puro AOR, “Unity”, dal ritornello sdolcinato e dalle musiche orientaleggianti con cambi di tempo indovinati e quasi prog. L’elegante e ispirato modo di suonare la chitarra di Berglund, con i suoi lunghi e funambolici assoli, la forza determinante della tastiera di Dahlqvist e la straordinaria voce di Tobias Jonsson sono un insieme di esplosione prog metal che si traduce in “Fire In My Eyes”. La voce muscolosa del singer svedese è ancora in piena forma nel rapidissimo hard rock di “Peace Of Mind”, dove la sezione ritmica si aggiudica il merito di irrobustire fortemente una canzone che strizza l’occhio al melodic metal del Nord Europa.
La pungente tastiera del raffinato Kaspar Dahlqvist e l’assolo di Magnus Berglund sono poi da applausi infiniti. La successiva “Laughing In The Rain”, conferma come la Svezia sia la terra dorata dell’AOR europeo e non solo. Qui i ritmi sono rimbombanti e i riff spessi ma foderati da corazze, melodiose e convincenti che ricordano i connazionali di scuderia, Perfect Plan e soprattutto gli irraggiungibili maestri canadesi degli Harem Scarem. Questo deja vu sonoro se da un lato li allontana dalla originalità compositiva e interpretativa, dall’altro risulta alla lunga piacevole e convincente, come nel brano romanticissimo dal titolo: “Believe”. Il pezzo ruota attorno a un nostalgico pianoforte, a degli ottimi arrangiamenti e ad un assolo strepitoso di chitarra elettrica che insieme alla pacata e triste ugola del vocalist ne fa una delle più emozionanti canzoni dell’album.
Con la tirata, “Kings Of The Radio” i nordici cambiano pelle passando a sonorità più dure e convincenti. Spiccano i riff spigolosi della chitarra elettrica di Magnus, l’assolo chitarristico e la tastiera sinfonica del talentuoso Kaspar, ai quali si aggiunge un gradevole coro all’unisono. Il proseguo è poi il puro AOR, in pieno stile americano, dell’orecchiabile, “When We Were Young”; continuando con la leggera “Time For A Miracle”, dove la profonda e armonica voce di Tobias esalta un pezzo dai tanti cambi di tempo sostenuti dagli arazzi della tastiera, quasi progressive, del fenomenale Dahlqvist. L’ultima in scaletta è il lento “The Road Goes On”, che rispecchia il lato morbido degli Arctic Rain caratterizzato dalle sdolcinate note del pianoforte, della solita e irrinunciabile keyboard di Mr. Dahlqvist e dalla vivacità della sei corde elettrica.
Insomma, sotto il cielo dell’AOR mondiale nulla di nuovo e di eclatante ma in compenso un discreto disco di rock tradizionale e melodico che farà la gioia degli appassionati del genere.