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Il riecheggio delle sonorità tipiche dei Savatage è evidente già dalle prime note di pianoforte dell’iniziale ed epica “Wake Of Emptiness”, accompagnate dalla cupa ugola del bravissimo Zak Stevens (Savatage, Circle II Circle, Trans- Siberian Orchestra) e da pomposi cori, in un clima orchestrale che ricordano i vecchi tempi della formazione di Jon Oliva. A ben tre anni dall’esordio degli Archon Angel esce l’atteso (almeno per chi ama le sonorità della band di Oliva) secondo lavoro in studio degli americani, intitolato semplicemente: II. La formazione si è evoluta perché troviamo, oltre al già citato cantante statunitense, l’ottimo Aldo Lonobile (Secret Sphere, Edge Of Forever) alla chitarra e il batterista Marco Lazzarini (Secret Sphere), in aggiunta anche il bassista Nik Mazzucconi (Labyrinth), che sostituisce il collega Yves Campion (Nightmare), l’instancabile Alessandro Del Vecchio (Edge Of Forever, Sunstorm, Hardline) alla tastiera e Antonio Agate (Avalon, ex Secret Sphere) responsabile degli arrangiamenti orchestrali e dei sintetizzatori.
Confesso che una lacrimuccia scende già all’ascolto del secondo pezzo in scaletta, “Avenging The Dragon”, che parte in quarta con una intensa batteria, maestose tastiere, intermittenti riff di chitarra elettrica culminanti in un assolo che renderebbe orgoglioso lo sfortunato Criss Oliva, se fosse ancora tra di noi. Il tutto è poi accompagnato da una bella melodia e dalle travolgenti e penetranti corde vocali di Zak. Sono anni in cui aspettiamo una reunion della formazione di Tampa, dopo l’ultima esibizione live al Wacken Open Air del 2015 in Germania, ma materialmente nulla si è mosso fino a questo momento. Solo chiacchere e qualche proclama sotto le oscure quinte del tastierista e cantante Jon Oliva, vittima di recente di svariate disavventure. Zak Stevens e Aldo Lonobile hanno il grande merito di tenere ancora accesa la fiammella di poter vedere e udire almeno un ultimo disco dei leggendari Savatage, mantenendo vivo nel presente il ricordo di un gruppo fondamentale e importante nella scena metal mondiale.
Se il primo album Fallen ricordava il periodo di Edge Of Thorns, qui in questa nuova opera si sente anche qualcosa di antecedente, ma sempre nei limiti del possibile di un combo che mette poco di suo preferendo appoggiarsi ad un sound collaudato e tanto amato dai fan dello sciolto gruppo floridiano. Le strutture delle undici tracce, il suono della chitarra, le cavalcanti melodie, la battente sezione ritmica e le magnifiche corde vocali di Stevens riportano ai fasti di un tempo, ma senza la presunzione o il coraggio di andare oltre. Lo Nobile e compagnia sono bravissimi e intelligentissimi a non commettere questo errore anche perché gli Archon sono un progetto e un omaggio sincero a chi ha saputo creare un proprio e unico stile.
La terza “Fortress”, rafforza ancora di più il mio pensiero con il tocco sinfonico della tastiera che con la chitarra elettrica e soprattutto con la versatile voce del frontman, libera la memoria e la voglia di riascoltare i vecchi lavori dei fratelli Oliva. Con questo brano, dal ritornello molto orecchiabile, la formazione offre, tra chitarra, piano e cori, un vorticoso suono fatto di power e progressive metal in pieno stile a stelle strisce. Zak canta divinamente e melodicamente grazie alla voce baritonale e teatrale che si ritrova. Aldo è un maestro e un indiscutibile virtuoso della chitarra, ma anche un grande e perfetto produttore. Segue il velocissimo e martellante power metal di “Quicksand”, ricco di orchestrazioni, di asfissianti sintetizzatori e da momenti atmosferici che spezzano la violenza sonora della forsennata e furente chitarra elettrica di Aldo. Solo Zak con le sue capacità e la sua perfetta interpretazione vocale è in grado di portare il brano alla perfetta riuscita sonora. Per fortuna non è tutto Savatage ciò che si ascolta perché pezzi come “Afterburn” e “Shattered” hanno delle armonie e uno stile diverso dalla formazione di Tampa. Il primo è molto pesante all’inizio e nella parte centrale, grazie alle tirate e distorte corde elettriche di Lonobile e soprattutto possiede un ritornello melodico guidato dalle armoniose corde vocali. Lo stampo sonoro è quello proprio del power metal e dell’heavy metal tradizionale che diventa evidente per lo più nella seconda traccia infarcita anche di buoni elementi orchestrali.
Colpisce in positivo l’energica, “One Last Reflection”, che nei primi secondi immette in suoni prog metal ottantiani per poi evolversi in un robusto heavy metal, sostenuto dalla voce possente del solito e straordinario Stevens. Dopo, in “Bullet Proof”, i tamburi battenti e i diabolici synth del maestro Del Vecchio ributtano nei migliori anni ’80 e ‘ 90 dei Savatage, ma nel complesso i massicci riff e i prolungati assoli chitarristici di Aldo introducono gli Archon Angel a suoni più moderni e forse più opportuni per un futuro più roseo. Imitare l’ex gruppo di Zak Stevens non può portare da nessuna parte e rischia di compromettere le uscite future. La voce dell’americano cattura da subito l’attenzione perché penetra nell’anima dell’ascoltatore riempendolo di adrenalina e forti emozioni, come avviene di nuovo in chiusura con la più lunga traccia hard rock del platter, “Lake Of Fire”. Qui l’intro di piano immette in un buon ritmo sonoro per via della batteria e della chitarra elettrica, che prepotentemente entrano in scena anticipando la rassicurante e unica ugola di Stevens, accompagnato da un coro di voci stratificate e ripetute così come piace all’amico Jon Oliva. Oltre alle straordinarie performance vocali e strumentali dei cinque protagonisti del disco, si apprezza la grande produzione e il missaggio che permettono di assaporare chiaramente ogni strumento musicale e ascoltare brillantemente delle canzoni teatrali e abbastanza emozionanti.
Se il sound inconfondibile dei Savatage domina in più tracce, occorre anche ammettere che la presenza di Del Vecchio e Lonobile bilanciano il sound verso il power metal melodico europeo di cui la Frontiers Records ne è la massima ispiratrice. A proposito, spero che il mitico Presidente Stefano Perugino, così come fatto in passato con altri gruppi rock illustri, faccia il miracolo di resuscitare e mettere sotto contratto la band di Jon Oliva. Sarebbe un bel colpo per i fan, ma anche per l’etichetta stessa. Incrociamo le dita e aspettiamo!