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Il guitar hero Joel Hoekstra (Whitesnake, TSO, Iconic, Revolution Saints, ex Night Ranger) ritorna in questo scoppiettante 2023 con il suo terzo disco solista intitolato Crash Of Life. Come per i due album precedenti, il cast stellare è formato dagli amici di sempre: Vinny Appice (Dio, Black Sabbath, Last in Line) alla batteria, Tony Franklin (Blue Murder, The Firm) al basso, Derek Sherinian (Sons of Apollo, ex Dream Theater, Black Country Communion) alla tastiera e Jeff Scott Soto ai cori ma con la novità al microfono di Girish Pradhan (Girish And The Chronicles, The End Machine), cantante indiano emergente all’interno del roster dell’italica Frontiers Records.
Sul chitarrista americano si va sempre sul sicuro data la sua bravura e le sue abilità tecniche ma quello che colpisce di questo progetto è l’attenzione data al vocalist, come se questa band fosse nata più per essere una vetrina per i cantanti che per lo stesso Hoekstra. Il sound è un hard rock melodico, di stampo naturalmente statunitense, guidato da riff armoniosi e all’occorrenza anche possenti, infarciti da virtuosi assoli di chitarra e di tastiera.
L’esempio lampante è proprio l’inizio con la classica “Everybody Knows Everything”, dove un robusto riff sonoro e abbastanza melodico travolge l’udito sensibile degli amanti di questo genere. Il refrain elettrizzante è poi sostenuto dai fenomenali assoli emanati dalla chitarra elettrica e dalle grintose corde vocali di Girish, che assomiglia moltissimo a quella del compagno di scuderia, l’inglese Nathan James. Tutte le composizioni seguono per lo più questo schema collaudato, arricchito da tocchi AOR che rendono le song melodiose e piacevoli già al primo ascolto.
Basta ascoltare l’allegra titletrack, “Crash Of Life”, per averne conferma. Hoekstra è il perno e domina con la sua abilità in tutta l’opera ma senza mai strafare, perché diluisce sapientemente il tono dei suoi accordi con la struttura del brano. L’interesse dell’album è anche quello di ammirare il vocalist asiatico che sembra un vero e proprio veterano della scena metal internazionale, come quando interpreta con passione e sentimento la prima ballata della set list: la raffinata “Torn Into Lies”. Qui la sua voce, per l’occasione più pulita, incanta sia nelle strofe che nel gradevole ritornello. L’alternanza tra la chitarra acustica e quella elettrica è accompagnata da una grande lavoro di basso e di batteria.
Lo stesso dicasi per l’altro lento “Over You”, caratterizzato da una limpida chitarra elettrica e dalle morbide corde vocali di Pradhan, che comunque sovrastano una base musicale trasudante di sfumature anni 80. Questa è solo apparenza perché la produzione moderna dello stesso Joel consente a ogni membro di avere un proprio spazio ma soprattutto di non fossilizzarsi su di un determinato periodo storico, costruendo così brani freschi e attuali. A parte questa sdolcinata parentesi romantica e riflessiva il disco è una vera e propria bomba, come nel caso dell’hard rock veloce e melodico di “I Would I Cry For Love”, dalle tinte heavy metal, in cui la sei corde elettrica di Hoekstra è un martello pneumatico incalzante e vorticoso comunque capace di portare ad un ritornello orecchiabile e piacevolissimo, grazie anche al contributo della profonda ugola del singer indiano.
La successiva e fantastica “Don’t Have The Words” è un pezzo rock and blues alla Whitesnake, in cui la voce trascinata e cupa di Girish e i cori minacciosi di Soto sono scortati da una chitarra elettrica grezza e sfacciata, suonata come nella miglior tradizione della west coast. La stessa forma si nota anche nella complessa “Damaged Goods”, dove il cantante imita in parte il mitico e indimenticabile Dio, mentre le note si avvicinano allo stile virtuoso e caloroso di Ritchie Blackmore dei fondamentali Rainbow.
Il metal cadenzato e tellurico di “Far Too Deep” ipnotizza da subito con la pizzicata sei corde di Joel e l’ugola quasi gutturale di Pradhan, riportando al metal trasgressivo e senza fronzoli degli anni ’80. Ad essere sinceri, proprio da qui il platter prende il volo a livello qualitativo. Insomma, piace di più dalla parte centrale alla fine ma nel complesso tutte le tracce sono all’altezza dei musicisti coinvolti. In “Find Away” sembra di sentire i Deep Purple in azione e il vocione di Nathan James, come se l’artista britannico degli Inglorious fosse uno dei punti di riferimento del bravo Girish. L’Hammod di Sherinian riporta in parte alle sonorità settantiane, con dei tocchi prog che non dispiacciano affatto nel contesto di questo orecchiabile pezzo.
La morbida e ritmata “You’re Right For Me” cresce a poco a poco con degli attraenti riff chitarristici indirizzati dall’ottima estensione vocale del frontman, culminando poi in un ritornello di puro AOR, spezzato soltanto da un prolungato e intermittente assolo alla Joe Satriani. L’ultima “Through The Night” è un pop/rock mieloso e vacanziero, senza pretese, che chiude a sorpresa un’opera abbastanza robusta e compatta.
Quando si parla di chitarristi metal moderni, il newyorchese Joel Hoekstra si posiziona sicuramente tra i primi posti ma in Crash Of Life non c’è solo lui perché l’unione e la classe degli artisti coinvolti sono la forza dirompente di un bel disco, che pecca solo nell’ultimo pezzo, di cui avrei fatto sinceramente a meno.