NATTEHIMMEL – Mourningstar

Titolo: Mourningstar
Autore: Nattehimmel
Nazione: Norvegia
Genere: Black Metal
Anno: 2023
Etichetta: Hammerheart Records

Formazione:

C:M Botteri     Basso
S. Rothe          Batteria
X. Botteri        Chitarra
D. Carter         Chitarra
J. Fogarty        Voce, Tastiere


Tracce:
  1. Mourningstar 01:03
  2. Astrologer 05:34
  3. Each Man a Constellation 04:52
  4. Armies of Tiamat 06:29
  5. Slay the Shepherd 04:45
  6. Mountain of the Northern Kings 05:50
  7. Realm of Hades 06:23
  8. Tales of the Immortals 05:21
  9. The Night Sky Beckons 04:29

Voto del redattore HMW: 6,5/10
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Cielo stellato.
Questo significa Nattehimmel. Che altro non è che una nuova creatura dei fratelli Botteri, conosciuti ai più per aver fondato una band seminale e di fondamentale importanza come gli In The Woods…

Questi ultimi sono stati una realtà semplicemente immensa, capaci di partire dalle origini puramente black dell’esordio, fino ad arrivare a un rock progressivo molto avanguardistico, con soluzioni che sono diventate accademia per gli anni a venire. Capaci anche di creare un altro gruppo come i Green Carnation da una loro costola, anch’essi in grado di consegnare al mondo lavori che hanno fatto scuola. Probabilmente “monetizzando” entrambi molto meno di quanto realisticamente avrebbero potuto, sia in termini di danaro, sia in termini di fama e grandezza.

Detto questo, i due fratelli Botteri, orfani del compagno di chitarra Oddvar (RIP) e del cantante Jan Kenneth, dapprima fondano e portano avanti il progetto Strange New Dawn (di cui mi riprometto di parlare su queste pagine appena possibile, recuperando i due lavori pubblicati) e poi, quasi dal nulla, se ne escono con questi Nattheimmel.

Se nella prima delle due incarnazioni, i nostri si dedicano a sviluppare e nutrire la parte più rock, più progressiva e leggera, con questo lavoro continua invece il processo a ritroso all’interno del proprio percorso musicale e si torna alle origini del black metal più seminale (a tinte folk e psichedeliche) che hanno caratterizzato gli In The Woods… dell’inizio.

E, ironia della cosa, alla voce vengono coadiuvati da James Fogarty (o Mr. Fog), mente pensante del nuovo corso che la band d’origine ha seguito negli ultimi anni. Rimasti invece con il solo Anders Kobro al volante, il quale non è nemmeno uno dei membri fondatori.

Ebbene, dopo questa girandola di nomi e cognomi, veniamo al lavoro dei Nattehimmel, dal titolo Mourningstar.

Passata la breve intro, si fa da subito sul serio con il singolo “Astrologer”.
L’impatto è, sinceramente, da colpo basso. Sin dalle prime note, dai primissimi passaggi, dal suono delle chitarre, dal mix, ho avuto la tremendissima impressione di essere di fronte a un disco che poteva tranquillamente essere uscito nella seconda metà degli anni ’90. Come se l’eredità (la “legacy” come direbbero gli americani) di Heart Of The Ages e successivi fosse soltanto stata messa in naftalina per due decenni, per esplodere come nulla fosse in un caldo momento del 2023.

E sulla stessa falsariga si continua per il resto del disco. Dalla successiva “Each Man a Constellation”, passando per “Armies of Tiamat” o “Mountain of the North”, fino alla conclusiva (e un po’ ripetitiva) “The Night Sky Beckons” il lavoro si dipana sullo stile descritto. Un black metal molto melodico, espressivo, quasi ragionato, con un retrogusto folk, abbastanza compassato in termini di velocità e furia cieca e che ancora contiene quel velo di “cosmica psichedelia bucolica” tanto cara ai protagonisti.

Inutile dirvi che, tutto sommato, tornare ad ascoltare certe sonorità, infarcite di anni di esperienza, influenze inevitabilmente cresciute e coltivate, maggiori capacità compositive e tecniche, non può che far piacere. Di fatto si vanno a toccare corde che, specie per gli estimatori della prima ora dei norvegesi, vanno a colpo sicuro.

E’ pur vero che sarebbe disonesta un’analisi in cui si fa finta di nulla e si tessono lodi sperticate soltanto per la storia e la fama dei protagonisti.

Purtroppo questo è un lavoro che, pur avendo i lati positivi descritti e sicuramente una verve di sincero amore nei confronti di questa musica primordiale e cosmica, si finisce per apprezzare fino ad un certo punto. Di sicuro soffre del fatto che spesso i pezzi non “partano” mai veramente e che si somiglino tutti un po’ troppo, senza quei picchi che ti fanno cadere la mascella.
I suoni, di sicuro nostalgici, oggi potrebbero far storcere il naso a chi gli In The Woods… li ha conosciuti di meno. La voce del buon Mr. Fog, nonostante sia un buon compromesso, non raggiunge le vette di espressività e follia che il cantato di Omnio e Strange in Stereo trasmettevano.

In conclusione, un lavoro ammantato di nostalgia, che certamente scalderà i cuori di alcuni vecchi volponi, ma difficilmente passerà alla storia.
Di certo non ci aspettavamo un’altra rivoluzione stilistica (d’altra parte l’età porta consiglio, ma sicuramente ammazza quell’intransigenza e urgenza giovanile), però questo disco non sfonda, ma abbatte soltanto delle porte già aperte più di due decenni fa dagli stessi protagonisti.

Un gradito ritorno, ma con la condizionale.

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