TYRANEX – Reasons For The Slaughter

Titolo: Reasons For The Slaughter
Autore: Tyranex
Nazione: Svezia
Genere: Thrash/Speed Metal
Anno: 2023
Etichetta: GMR Music Group

Formazione:

Linnea Landstedt – Voce e chitarra
Will Tomao – Chitarra
Martin Petersson – Basso
Pontus Pettersson-Gull – Batteria


Tracce:

1. Overture (1:23)
2. Where Light Ceases to Exist (2:57)
3. Rise from the Dead (3:27)
4. Full Circle (4:07)
5. Megalomania (5:39)
6. Reasons for the Slaughter (4:59)
7. Pyromaniac (3:33)
8. Do or Die (3:59)
9. Wipe Out (5:26)

Durata totale: 33:30


Voto del redattore HMW: 8/10
Voto dei lettori: 9.0/10
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Qual fenomeno eccetto il fanatismo verso l’estremo in musica, può consentire una reale distruzione di ogni confine geografico e la comunione spirituale tra gli individui fino a raggiungere una sorta di “Patriottismo internazionalista”? Per il sottoscritto, nessuno.

Ogni metallaro sarà giunto prima o poi nella propria esistenza a considerare una determinata corrente stilistica quale sua preferita e a riconoscerla in un determinato luogo geografico dalla quale essa si è sviluppata storicamente. Il Thrash è classicamente un fenomeno americano così come il Death, sorti tra la West e la East Coast statunitensi. Lassù nelle gelide lande scandinave si sono gettate le sementi del Black e del Doom.

Esiste una nazione però dove vige un amore talmente incondizionato per il metal da rappresentare quasi una “Mecca” per noi borchiati musicofili: la Svezia! Pressochè ogni evoluzione estrema ha visto almeno un esponente genealogico provenire da questo paese e da circa una trentina di anni alcune delle più influenti band del panorama mondiale hanno pubblicato e rivoluzionato partendo da lì.

Concluso questo incipit che ad alcuni apparirà un esercizio ridondante di stile più che un contributo autorevole al già estremamente documentato “Universo Metal”, volgo l’attenzione al motivo di queste parole, ovvero la recensione di “Reasons for the Slaughter”, quarto episodio discografico degli svedesi (ma va?) Tyranex.

Questa creatura nata nel 2005 si è sempre dedicata ad una unica missione, ovvero quella di suonare cattiva, senza limiti e soprattutto, velocissima. L’ascolto dei precedenti “Extermination Has Begun” (2011), “Unable to tame” (2014) e “Death Roll” (2017) fornisce più di una sola prova a quanto dichiarato in precedenza ma è probabilmente con il nuovo disco che il quartetto di originario di Stoccolma ci regala il suo apice creativo.

Le 9 tracce dell’album, comprensive della intro strumentale “Overture” dal sapore classicheggiante ma allo stesso tempo apocalittico, percorrono in buona sostanza tutte le strade che nei decenni sono state pavimentate dal solco primigenio tracciato dai Four Horsemen, andando via via ad accumulare istanze di velocità parossistica, tecnicalità superbe, misantropia Black e ingerenze Groove/alternative.

Senza togliere meriti alle incisive e covincenti “Where Light Ceases to Exist” e “Rise from the Dead”, vagamente derivative sotto singoli aspetti compositivi, è con la tripletta centrale “Full Circle – Megalomania – Reasons For the Slaughter” che giustifico l’entusiasmo che spero traspaia dalla lettura di questo articolo.

La prima delle 3 presenta un attacco vorticoso che sfocia in un ritornello di pregio sul quale si
staglia la voce della bravissima Linnea Landstedt (anche chitarrista!) ed un intermezzo cadenzato davvero aggressivo con voci in semi-growl che mostra la fantasia della quale la band dispone; “Megalomania” è il brano più peculiare del lotto, introdotto da un riff di basso dal quale si avvia una canzone che potremmo definire un “climax continuo” poichè, in linea con il riff di chitarra tagliente che ne definisce le parti, si assiste ad un progressivo inserimento di sezioni di tutti gli strumenti in una maniera che ben si confà con il titolo fino a scaturire in una “ripresa” finale del ritornello con lo stesso gioco ad effetto del climax attraverso una stratificazione sonora di gran pregio; “Reasons for the Slaughter” è “banalmente” un brano furioso, degna titletrack nella quale confluiscono varianti Speed/black davvero intriganti.

La sola “Pyromaniac” risulta meno ispirata rispetto al lavoro nel suo complesso ma le conclusive “Do or Die” e “Wipe Out” sono più che sufficienti a rialzare (di molto) il livello qualitativo e porlo a pari merito con quanto ascoltato finora.

A parte il lavoro ottimo della Landstedt al microfono, vale assolutamente la pena citare gli altri attori chiamati in causa ovvero Will Tomao alla seconda chitarra per gli assoli, Martin Petersson al basso e Pontus Pettersson-Gull alla batteria: ciascuno esegue un compito di incastro strumentale che è sia puramente devoto alla riuscita dei brani, sia una gratificazione personale delle proprie indubbie capacità.

I Tyranex sono una di quelle band in grado di far distaccare un ascoltatore dalla realtà per poco più di mezz’ora e fargli persin chiedere “ma se rinascessi, in quale nazione vorrei giungere a battesimo?” America? Italia? Svezia? La risposta è personale, il risultato è oggettivo.

Concludo distorcendo una citazione tratta da un sociologo ottocentesco abbastanza conosciuto: “METALLARI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI”!

 

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