Visualizzazioni post:321
Gli olandesi Phlebotomized sono una di quelle realtà capaci di stupire, sempre e comunque.
Anche dopo decenni…
Autori di due album di notevole fattura e che qualcuno potrebbe tranquillamente chiamare capolavori (Immense Intense Suspense del 1994 e Skycontact del 1997), questo gruppo, come tutta la scena olandese, si è distinto per una produzione che conteneva dei tratti molto caratterizzanti e che consentivano all’ascoltatore di collocare geograficamente (oltre che storicamente) il disco.
Scena che, rimanendo in ambito death, ha due capisaldi come Asphyx e Pestilence a guidare l’armata e che con molte compagini è riuscita a condensare e produrre album di valore assoluto.
In questo contesto, i Phlebotomized del 2023 diciamo che c’entrano poco.
Nel senso che quella che sentiamo all’opera in questo Clouds of Confusion è, di fatto, una riesumazione di un nome fatta dal chitarrista fondatore Tom Palms accompagnato da nuovi membri.
Questo è bene precisarlo perché sarebbe inutile oggi trovarsi a fare paragoni con ciò che questo gruppo pubblicò 29 anni fa e che rappresentò un unicum nel genere, un condensato di follia e sregolatezza, una sbadilata di idee geniali missate in uno dei dischi death metal migliori di quel decennio (probabilmente avanti di anni).
La cosa che stupisce (e che ha colpito me per primo sin dal primissimo ascolto) è che anche oggi, dopo così tanto tempo e con un’età e un esperienza diversa dei partecipanti – soprattutto dell’unico superstite della formazione originale – ne esca un disco così colmo di idee, riff, arrangiamenti interessanti.
Ogni singolo pezzo ha la capacità di distinguersi per qualche particolare, per una melodia vincente, per una ritmica ben congegnata, una sfuriata ben assestata, un giro di pianoforte che non ti aspetti. Probabilmente nessuno griderà al miracolo ascoltando questo lavoro, perché si sono addomesticate le urgenze compositive, consegnandoci un lavoro al passo coi tempi, ma sicuramente meno azzardato e provocatorio di quanto non lo fosse il debutto.
Sostanzialmente si perde la componente più avanguardistica della proposta, che muta in una forma più definita di progressive a tutto tondo. Senza per questo snaturare la base death metal che rimane centrale (e ci mancherebbe).
Snocciolando la scaletta dei pezzi troviamo una certa eterogeneità, incontrando diverse atmosfere, dalla più soffusa alla più violenta, dall’epica alla soffocante, il tutto registrato ottimamente ma senza scadere nella “plasticosità” di certe produzioni moderne. Un lavoro a tre chitarre che forse poteva essere più sfruttato, una tastiera presente e protagonista quando serve, ma senza strafare, un cantato che, pur monotono sulla lunga distanza nelle parti growl, cerca di svariare quanto possibile.
In conclusione, questo Clouds of Confusion riesce a tenere alto il livello di attenzione per tutte le tracce che lo compongono, senza mai stupire come furono in grado di fare un tempo, ma anche senza mai annoiare. Probabilmente lo stupore più grande è nel constatare che un nome come Phlebotomized sia ancora in grado di offrire un lavoro così valido e sfaccettato dopo 30 anni da un capolavoro.
Non rimarrete delusi.