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Gli Edge Of Forever dell’amico Alessandro Del Vecchio continuano imperterriti, dal 2019, a pubblicare dei bei dischi di hard rock, dapprima con Native Soul e poi con Seminole, e adesso con l’ultimo Ritual. La formazione vincente dei lavori precedenti è stata riconfermata e vede di nuovo: il fondatore e frontman Alessandro del Vecchio (Hardline, Jorn, Revolution Saints) dietro al microfono e alla tastiera, Aldo Lonobile (Secret Sphere, Sweet Oblivion) alla chitarra, Nik Mazzucconi (Labyrinth, Sunstorm) al basso e Marco Di Salvia (Hardline) alla batteria. Nel giro di pochi anni si è assistito ad una crescita sostanziale e qualitativa della band sia a livello sonoro, con canzoni decisamente epiche e sia a livelli di testi in cui la sensibilità di Alessandro per i nativi indiani d’America continua anche in questo album.
Il musicista, infatti racconta la storia degli ultimi due indigeni che parlano ancora e per poco la propria lingua prima che questa venga dimenticata. I gemelli, un maschio e una femmina, sono mandati dal governo americano in due diverse scuole residenziali per dimenticare tutto ciò che potevano ricordare delle loro tradizioni, della lingua e della cultura del loro popolo. In segreto, continuano però a praticare il loro idioma, sperando di scappare e trovare il loro gemello da qualche parte nel mondo. Il ragazzo riesce a scappare da scuola e inizia un viaggio che lo porta a incontrare la sorella sul letto di morte. L’album racconta quindi una storia di orgoglio, di coraggio, di lotta nel conservare il proprio sapere e di sofferenza ma anche di gioia, forza e soddisfazione assoluta nel non dimenticare le proprie origini e il proprio passato. Ritual essendo un concept presenta molti passaggi e diverse atmosfere divisi in due parti. Le prime sei composizioni sono una hard rock melodico dai tocchi AOR ma in certi momenti anche metal, mentre la settima song in scaletta, suddivisa in sette parti, prende il nome dal titolo dell’album mischiando suoni rock, metal, prog e blues senza preconcetti e con una grande disinvoltura e classe.
Si parte con l’inizio lento di “Where Are You”, che dopo pochi secondi sfocia in un muro sonoro provocato dagli intensi riff elettrici di chitarra e da una possente sezione ritmica. Il melodico refrain e l’ugola passionale e coinvolgente di Del Vecchio trascinano energicamente e allegramente in un vortice di forti emozioni che continuano in tutti i solchi del disco. L’incredibile up-tempo bluseggiante, “Water Be My Path”, ne è l’esempio lampante perché ha un’armonia che penetra direttamente in testa e non ne esce più grazie anche al contributo di una leggera ed efficace tastiera di sottofondo e a uno stratosferico Aldo Lonobile ormai libero di suonare in scioltezza e con un’eccellente tecnica soprattutto nell’esecuzione dell’assolo chitarristico. I tamburi innescano la veloce, “Freeing My Wheel”, dallo stile power grazie alla doppia cassa di Marco Di Salvia. Piace il modo di cantare di Alessandro ormai eclettico e sorprendente nel prendere qualsiasi tonalità con il minimo sforzo, ma la sorpresa sono i micidiali assoli chitarristici e tastieristici che si intrecciano a vicenda sotto i colpi di una battente e invidiabile sezione ritmica. Il sound si indurisce con la successiva e aggressiva “The Last One”, dove la chitarra elettrica e la tastiera continuano violentemente a duettare e ad incrociarsi ma la melodia è comunque e sempre in primo piano nel coinvolgente ritornello. Un po’ di calma arriva con la romantica ballata, e super melodica, “Love Is The Only Answer”, guidata dal pianoforte, dalla tastiera e dagli acuti del bravissimo vocalist italiano ma anche dalla sdolcinata electric guitar di Aldo. Dopo questa breve parentesi di apparente tranquillità si passa alla determinata e ottantiana, “Forever’s Unfolding”, dai potenti e intermittenti riff che sono il preludio per la seconda parte del platter intitolata “Ritual”, composta, come scritto prima, da sette parti. La prima è puro e classico hard rock dagli accordi orientaleggianti e quasi ossessivi che mette in mostra degli ottimi cori ma anche l’ugola aspra di Alessandro e la maestosa tecnica strumentale dei restanti componenti del combo italico. Mazzucconi, Lonobile e Di Salvia sono fenomenali! Nella seconda parte in “Revert Destiny” e nella terza “Taunting Souls”, si ascoltano pezzi ambiziosi, solenni e persino ammalianti, dove si odono delle ottime melodie vocali cantate a cappella dal quartetto e momenti progressivi di alta qualità strumentale, che fanno degli Edge Of Forever una band molto versatile e aperta stilisticamente. Idem per la quarta parte “Baptised In Fire”, che presenta una diversa ambientazione sonora con più di un minuto di bellissime voci corali e polifoniche, spezzate solo dal ritmo tambureggiante della chitarra e della batteria. Pezzo che poi alla fine riprende la melodia udita nella prima parte.
Il culmine del concept si raggiunge invece nella penultima, leggera e cupa “Cross My Eyes”, caratterizzata da un commovente pianoforte e nella funebre e lamentosa, “Reconciliation”, che rende omaggio ai due fratelli indiani della storia che finalmente si ritrovano anche se per poco.
Siamo sugli stessi livelli dell’ottimo Seminole del 2022 per un concept che trasuda forza, coraggio e tantissima qualità per via anche di una cristallina produzione curata dal tuttofare e camaleontico Alessandro Del Vecchio. Gli italiani riescono brillantemente e facilmente ad unire potenza, leggerezza e melodia con stile e personalità, cosa rara di questi tempi.