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Apprendere dal dolore, trarne la forza per un’elevazione morale che dia giusta misura al vivere (chi ha detto πάθει μάθος?). Un’armonia meritata che è fulcro di questa decima fatica, la più intensa nel terzo evo dei brasiliani, che dopo aver mudato si librano ancora, come ara sgargianti, sugli sciami di parassiti che infestano il power progressista dell’ultimo ventennio.
Cinque anni son trascorsi da Ømni, un lustro di certo non prodigo di lucentezza: al cordoglio per la dipartita dell’amico Matos s’aggiungano conflitti e pandemie, cataclismi e recessioni che han straziato un globo già infistolito la cui bellezza s’è spenta, nell’attesa (vana?) di una cura rigenerante. Un rinnovamento che di contro ha già coinvolto la musica degli Angra, grazie alla saldatura tra i nuovi innesti e il vecchio Bittencourt, giunta con Cycles Of Pain ad una piena fusione: Barbosa e Valverde sono invidiati fuoriclasse, Andreoli un braccio destro fidato, Lione, finalmente in perno, dilaga, sfoggiando nuove palette di colori.
Dietro una copertina di terra e d’autunno che è puro sincretismo, le panie di quella bellezza avvizzita si legano in brani che vantano un curricolo trentennale, lungo il quale al metal martellante degli avi i nostri hanno sempre opposto la snellezza vigorosa di forme mutevoli e progressive, baciate dal vivace patrimonio etnico natio e da digressioni sinfoniche piene di grazia. La pariglia d’apertura “Ride Into The Storm” – “Dead Man On Display” annichilisce per potenza di ritmo e fluidità tecnica; “Tide Of Changes” è un prog-metal ondeggiante, con Andreoli al timone e un Lione proteiforme; “Here In The Now” ridesta la frugalità onirica dei momenti più quieti di Fireworks, “Faithless Sanctuary” è una nuova, giocosa unione di topos power e tradizione verde-oro che avrebbe brillato fra i meridiani di Holy Land.
Assolo laceranti e strali di melodia su percussioni e giri convulsi, un idioma progressivo che risuona senza crocchiare (fuori Jens Bogren, dentro Dennis Ward) e sa farsi linguaggio universale: “Vida Seca” brucia piano sul tropicalismo di Lenine e divampa improvvisa, tra guizzi così cocenti da incendiare il cielo sino a farlo deflagrare. S’arrischiano gli Angra, ma non riescono a stomacare, nemmeno col melò di “Tears Of Blood”.
Beata sofferenza, quanto preziosi e durevoli sono, i tuoi frutti.