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Il cantautore Ronnie Atkins (Pretty Maids, Nordic Union, Avantasia) è un uomo e un artista ammirevole perché continua instancabilmente e impeccabilmente la sua carriera solista in una lotta contro il tempo che lo ha portato già al suo terzo album in tre anni. Da quando gli è stato diagnosticato un cancro ai polmoni al quarto stadio nel 2019, non ha perso un secondo del suo tempo prezioso, componendo e incidendo due buon dischi: Make It Count e il debutto One Shot, entrambi molto acclamati dai critici e dai fans di tutto il mondo. Trinity è quindi un continuo sentimentale che presenta la stessa formazione vincente dei dischi precedenti: Chris Laney (Pretty Maids) come produttore, chitarrista e tastierista, Marcus Sunesson alla chitarra, Pontus Egberg al basso, Allan Sörensen alla batteria e Linnéa Vikström Egg (figlia di Thomas Vikström) ai cori. Jacob Hansen è il responsabile del mixaggio e del mastering di un sound sempre caratterizzato da un hard rock melodico, solido, di qualità e dalle sfumature metal, dove fa capolino un leggero ottimismo sul futuro del cantante.
“Penso che l’album sarebbe potuto risultare un po’ più pesante dei precedenti, dato che la maggior parte delle canzoni questa volta sono state scritte alla chitarra, ma soprattutto è ancora molto melodico”, dice Atkins. “Dal punto di vista dei testi si tratta più o meno di ciò che sta accadendo nel mondo di oggi ed è ciò che mi ispira. Molte canzoni sono anche piuttosto personali e sto cercando di infilarci anche un po’ di ottimismo”.
La track list “Trinity” è l’apripista del nuovo album ed è essenzialmente una canzone epica e maestosa per via delle versatili tastiere di Chris Laney, che unite alle sdolcinate chitarre elettriche culminano in un semplice e melodico ritornello. Qui il vocalist danese non si arrende al suo destino nonostante debba lottare contro qualcosa più grande di lui e la sua esperta e graffiante ugola è un incoraggiamento per tutti gli ascoltatori. Si continua ancora con un hard rock di stampo scandinavo e a tratti teutonico ma armonioso e dalle venature in AOR in “Ode To A Madman”. In questa traccia la voce di Atkins si incattivisce ed è accompagnata nel finale da sottilissime e filtrate voci metalliche. Oltre alle sue basse corde vocali ci sono in primo piano le veloci e coinvolgenti electric guitar di Sunesson e di Laney che con i loro riff e l’assolo guidano l’ottimo refrain della song. L’atmosferica e sognante “Paper Tiger”, mostra ancora la grande vena melodica di Ronnie che si fa accompagnare dietro al microfono da un grandissimo e gradevole coro. La successiva “Soul divine”, inizia con una chitarra classica seguita da un leggero pianoforte e dalla voce pulita e melodica del danese. Semi ballata, sentimentale, profonda e orchestrale con un ritornello super melodico che riporta al fantastico sound dei Pretty Maids, un tempo band principale di Atkins. La commovente “Via Dolorosa”, è una brevissima traccia strumentale, che fa pensare ai bei ricordi e alle cose importanti della vita che ritornano in mente nostalgicamente quando si sta male svanendo dopo pochi secondi perché occorre andare avanti. Il pesante e adirato “Godless” è il continuo di questo improvviso risveglio nell’amara realtà dove nessuno di noi, giustamente, può accettare la male sorte. Ronnie commuove di nuovo per la sua rabbia e il suo coraggio di non fermarsi fino a quando Dio lo vorrà in un brano ritmato e corale dai tratti metal ma sempre melodicissimo, dove prevalgono nel finale una potentissima sezione ritmica e un ossessivo, e ripetitivo ritornello. Con la speranzosa “Shine”, si rivede un po’ di positività e luce per via delle sdolcinate e iniziali chitarre elettriche. Ronnie canta divinamente su un tappeto di intermittenti note tastieristiche che illuminano con la sua voce l’intero brano. L’assolo di chitarra è la ciliegina sulla torta in mezzo ad una frenesia ultramelodica di note e rapidi ritmi che decorano il coinvolgente coro di Linnéa Vikström e le brillanti corde vocali dell’indomabile vichingo.
Se amate gli AC/DC allora la cadenzata “If You Can Dream It”, fa per voi soprattutto nel suono ritmato delle sei corde elettriche ma il pezzo in realtà è un hard rock melodico di stampo europeo, festoso e divertente che spezza con lo stato d’animo iniziale del platter. Lo stesso vale per la modulata “Sister Sinister”, dal suono soave e ambientale in cui l’artista danese canta divinamente e passionalmente accompagnato dalla solita armoniosa keyboards e da un muro chitarristico che lo copre solo nell’ammaliante e immancabile assolo. La terz’ultima e oscura “Raining Fire”, dopo ciò che si è sentito prima, cambia a livello sonoro le carte in tavola perché la band di Ronnie si orienta su un hard rock melodico di stampo americano creando un’atmosfera particolare e sinistra in cui emerge un paranoico e tirato assolo chitarristico. I campionatori introducono poi la penultima e lunatica “The Unwanted”; un moderno brano rock dalle venature AOR in cui la tastiera e l’armonioso ritornello sono di nuovo messi in risalto dallo scandinavo, che canta energicamente e in un modo più pulito del solito. La conclusiva “What if” è il commiato finale di Ronnie che condotto dal pianoforte e dai suoi fedeli chitarristi saluta con il sorriso sulla bocca i suoi fedeli fans in uno speranzoso arrivederci. Qui la sua tranquilla e riflessiva voce, unita ad un fenomenale coro fa da cornice ad un brano molto emozionante in cui il movimento swing della sezione ritmica è una delle cose più belle ascoltate nell’opera. Il carisma e la bravura di Ronnie Atkins sono indiscutibili e meritano di essere apprezzati da un pubblico più ampio perché il danese è anche un ottimo interprete e un eccellente cantautore che sa unire importanti e indovinate melodie all’interno del suo amato hard rock instaurato con i suoi non tanto fortunati Pretty Maids. Se da un lato dispiace che la sua creatura sia stata messa da parte e sacrificata per i suoi dischi solisti, dall’altro lato questa maledetta malattia, che lo ha colpito improvvisamente tre anni fa, lo ha portato a comporre della musica straordinaria che tocca il cuore e l’anima. Caro Ronnie, dal mio punto di vista canti con una forza, una passione e una delicatezza fuori dal comune che ti fanno onore e sicuramente ti rendono felice di poter lasciare nella storia dell’hard rock il tuo grande contributo qualitativo. L’unica cosa che io e i tuoi supporters ti possiamo augurare in questo momento difficile, non è il successo, che indubbiamente meriti ma la tua definitiva guarigione perché abbiamo bisogno ancora di sognare e fantasticare con te ancora per tantissimi anni!