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Sono stato folgorato dai Secret Sphere nel 2017 con l’uscita del disco The Nature Of Time vero e proprio capolavoro di power/ progressive metal con un pizzico di hard rock intriso di elementi orchestrali, con moltissime linee melodiche ma meno heavy del solito. Qui il chitarrista/produttore Aldo Lonobile (Death SS, Edge Of Forever, Archon Angel e Sweet Oblivion), ormai in scena da più di venticinque anni, sembra dare una svolta significativa e importante alla sua lunga e consolidata carriera con la sua band ma qualcosa cambia con il ritorno di Roberto Messina alla voce e con l’uscita del decimo album Lifeblood. Non in peggio, per fortuna ma lo stile ritorna quello degli esordi che li aveva fatti conoscere sulla scena metal italiana e poi internazionale facendo felici i primi supporters del combo italico. Insomma, artisticamente un passo indietro e alle origini che in un certo senso mi ha deluso perché ai tempi credevo ad un salto di qualità della formazione piemontese e ad nuovo stile. Il nuovo Blackened Heartbeat è invece ancora più duro, più heavy, più cupo e lontanissimo dallo straordinario The Nature Of Time.
“Con i Blackened Heartbeat abbiamo spinto il pedale sul metal, mantenendo fortemente le nostre radici nel suono power metal, abbiamo dato enfasi ai riff e al lato oscuro della nostra musica”, afferma il chitarrista Aldo Lonobile.
“Questo concept esplora, in un’atmosfera cupa e magica, gli angoli oscuri della mente attraverso le competenze professionali che sconfinano nel soprannaturale del Dr. Julius B”, spiega il cantante Roberto Messina. “Il brillante psicologo è alla deriva a causa di una profonda crisi depressiva; incapace di generare emozioni proprie, vive e lavora compulsivamente saccheggiando l’inconscio dei suoi pazienti per drenare la linfa vitale e sentire di nuovo pulsare nelle sue vene quel ritmo passionale ormai sopito: il battito cardiaco annerito”.
L’apripista, “The Crossing Toll”, è un brano strumentale di due minuti con la bellissima chitarra acustica suonata da Aldo che inganna sulle intenzioni del quintetto perché la tranquillità e la sdolcinatezza del pezzo sono subito cancellate dal ritmo infernale della chitarra elettrica e delle doppie casse del drums in “J’s Serenade”. Il ritmo pesante e forsennato e accompagnato dalla voce acuta di Roberto e da un refrain armonico e orchestrale. “Aura” prosegue su questa scia con alternati riff elettrici e una micidiale sezione ritmica. Spiccano i cambi di tempo, i sorprendenti cambiamenti nella tecnica vocale più gutturale di Messina e gli inserimenti tastieristici di Gabriele Ciaccia, che creano un’atmosfera epica e sinfonica. L’inquietante e power, “Bloody Wednesday”, mantiene potenza e ritmo ma lascia facilmente il passo alla convincente e gotica “Captive”, introdotta da una allegra tastiera e da molti campionatori orchestrali di Antonio Agata guidati dalla soave ugola del singer e dai virtuosismi chitarristici dell’ottimo Lonobile. La tempesta metal trova il culmine nella traccia, “Confession”, che parte in quarta con la cavalcante e veloce chitarra elettrica del guitar hero italiano, il quale insieme agli altri strumenti tuffa l’ascoltatore in un prog decorato da tocchi di thrash metal, esaltati nel micidiale assolo chitarristico di Lonobile. Merita pure l’emozionante e tirata, “One Day I Will”, dai continui cambi di tempo intervallati da parti orchestrali e in cui spicca la drammaticità vocale del cantante italiano. Dopo tanta energia e pesantezza arriva l’intima ballata del platter, “Anna”, contraddistinta da leggere chitarre acustiche, uno sdolcinato piano, parti sinfoniche e melodiche che conducono naturalmente alle sentimentali corde vocali del bravissimo vocalist. La veloce e maestosa, “Psycho Kid” e il mid-tempo prog e orchestrale, “Blackened Heartbeat”, chiudono massicciamente e brillantemente un potente disco metal che merita considerazione e apprezzamento. In quest’ultima canzone, dal vecchio sapore power, lo stridulare elettrico della sei corde e dei synth introducono in una sgargiante atmosferica sinfonia, dove le tonalità melodiche di Messina si esaltano. Qui Roberto, a tratti sembra cantare alla Rob Halford ed è appoggiato da indovinati cori, da un piacevole ritornello e da una accattivante e ipnotizzante tastiera. Il tutto poi sostenuto egregiamente da un precisissimo lavoro di basso e di batteria.
L’ultima fatica dei Sacret Sphere è sicuramente quella dalle sonorità heavy più marcate rispetto agli ultimi dischi della formazione italica e attrarrà indubbiamente nuovi e giovani simpatizzanti della band. Peccato per qualche piccolo riempitivo ma l’eccellente produzione del disco e la bellezza di alcune tracce compensano questa piccola lacuna.