THERION – Leviathan III

Titolo: Leviathan III
Autore: Therion
Nazione: Svezia
Genere: Symphonic Metal
Anno: 2023
Etichetta: Napalm Records

Formazione:

Christofer Johnsson   Chitarra (ritmica), Tastiere
Sami Karppinen          Batteria
Nalle Påhlsson             Basso
Thomas Vikström       Voce tenore
Christian Vidal            Chitarra (solista)
Lori Lewis                    Voce (soprano)

Guest/Session

Piotr Wawrzeniuk      Voce (traccia 5)
Mats Levén                  Voce


Tracce:
  1. Ninkigal 03:06
  2. Ruler of Tamag 06:44
  3. An Unsung Lament 06:58
  4. Maleficium 03:34
  5. Ayahuasca 07:57
  6. Baccanale 03:52
  7. Midsommarblot 03:04
  8. What Was Lost Shall Be Lost No More 03:59
  9. Duende 04:18
  10. Nummo 02:30
  11. Twilight of the Gods 06:23

Voto del redattore HMW: 6,5/10
Voto dei lettori: 6.0/10
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Therion : Wild Beast. Belva feroce, selvaggia.

Per dirvi quanto io sia legato a questa band avrei bisogno di fiumi di parole e questa sede non sarebbe adatta.
Vi basti sapere che ero talmente “infoiato” che ricordo di aver chiesto alla mia professoressa di latino del liceo la traduzione dal greco (al lice scientifico non usa studiarlo). Era il secolo scorso.

A distanza di un anno, il capo di HeavyMetalWebzine mi invia l’ascolto in digitale del terzo capitolo della trilogia “Leviathan” da recensire e, per meglio calarmi nel lavoro, ho riletto quanto scritto per il secondo capitolo, sono andato a risentire i due dischi precedenti. E mi sono pure rifatto la bocca andando a rispolverare le pietre miliari della loro discografia che da un po’ non facevano un giro nel mio lettore (digitale o meno che sia).

A piccoli passettini, in punta di piedi e con una notevole dose di pregiudizi e scudi alzati, mi sono quindi messo all’ascolto di questa terza (ed ultima) parte della trilogia.

Se non siete nuovi su queste pagine, probabilmente, vi ricorderete il voto di 5,5 che diedi a Leviathan II.

Ora vorrete sapere cosa penso di questo terzo tomo.
Beh vi anticipo che il risultato è “dolceamaro“.

Cominciamo con le cose positive.
I suoni. Qualcuno deve aver fatto notare che la plastica ha molteplici utilizzi, ma che per i suoni di strumenti musicali non è propriamente il più adatto. E finalmente, dopo due capitoli che escono direttamente dalla sala operatoria di un chirurgo plastico, torniamo a sentire delle chitarre degne di tale nome. O anche una batteria che non sia fatta di fustini di detersivo, come capitato nei precedenti episodi. Personalmente avrei preferito comunque un lavoro più fine e dei suoni meno “sottili” e innocui, ma più vivi e potenti.
Il missaggio. Anche qui, nonostante il lavoro fosse stato svolto da un certo Erik Martensson (che io apprezzo e adoro nei suoi lavori solisti e non), si sentivano gli strumenti molto indietro rispetto a quanto sarebbe stato d’uopo. Le chitarre erano spesso e volentieri indietro rispetto ai cori e alle liriche. Qui devo dire che c’è un bilanciamento decisamente migliore e il miglioramento è importante (premesso che non ho ancora l’informazione di chi l’abbia missato – potrebbe essere lo stesso Martensson).

Passiamo alle note negative.
Purtroppo è innegabile che si faccia sentire il fatto che il budget a disposizione non consenta di produrre un lavoro potente e mastodontico.
Mi riferisco soprattutto al fatto che tastiere, ma soprattutto, orchestrazioni e cori siano prodotti sintetici o con accorgimenti di arrangiamento che facciano sì che tutto suoni più reale. Nelle informazioni fornite da Napalm Records non ci sono dettagli per indirizzare il giudizio.
Nel 1996, Theli aveva un carico di energia nettamente superiore, pur sapendo che i mezzi tecnici a disposizione erano differenti, sia perché le possibilità tecnologiche erano diverse, sia perché era il primo album che portava certe soluzioni. Questo Leviathan III (come i due precedenti) ne escono decisamente sconfitti.
Anche gli assoli sono, a mio parere, un po’ abusati. L’impressione è che si tenti di buttar dentro qualcosa di molto metal, molto funambolico, ma che rischia spesso di risultare eccessivo o fuori contesto. Per carità, i Therion hanno sempre avuto (specie da un certo punto della loro carriera in avanti) assoli articolati e importanti, però, per dire, il gusto di Kristian Niemann li rendeva più digeribili.

Passiamo ora alle canzoni (che poi, direte, è ciò che conta).

Ebbene, malgrado la mia iniziale reticenza e le mie paure, devo essere intellettualmente onesto nel dire che, anche in questo caso, c’è un miglioramento.
Già l’apertura con “Ninkigal” mi ha lasciato stupito, quasi scazzottato da questo riff parecchio arrembante e (udite! udite!) da una voce growl che proprio non mi aspettavo. Un pezzo un po’ à la The Wild Hunt su Vovin, con il buon Ralf Sheepers alla voce.
Passato questo, da subito l’impressione è che il mastermind Christofer abbia deciso di approcciare il terzo episodio della trilogia con un piglio un po’ più calato in ciò che i Therion sono e rappresentano. I pezzi infatti denotano un livello di elaborazione e complicazione maggiori, pur rimanendo diretti e molto orecchiabili.

Come già successo, si sentono gli echi di Lemuria (Ruler of Tamag) o torna un po’ di epicità e un po’ di “cazzimma”, con pezzi più tirati (“Maleficum”) o tentativi di replicare capolavori come Voyage of Gurdjieff (Baccanale). Non mancano (purtroppo) riempitivi (“Midsommarblot” o “An Unsung Lament”un po’ confusa e con diversi cambi di atmosfere al suo interno) o la conclusiva “Twilight Of The Gods” che c’entra il bersaglio grosso, ma diciamo che è ancora lontanuccia dal centro rosso (purtroppo).
Buono il singolo “Ayauhasca”, mentre rialza l’attenzione il divertissement di “Duende”.

Pregevoli le partecipazioni del mitologico Piotr Wawrzeniuk e del mai troppo presente Mats Levén.

In conclusione, è innegabile che ci sia sicuramente un miglioramento rispetto ai due capitoli precedenti, tali da farmi azzardare che questo sia il lavoro meglio riuscito (per tanti aspetti) da almeno 13 anni. Come però dissi in occasione del precedente lavoro, purtroppo sono convinto che Christofer Johnsson (il quale ha dovuto anche fare i conti con qualche problema di troppo di salute e al quale imploro di togliersi la coppola – chiedo scusa, ma l’immagine di qualcuno che mi racconta epiche gesta di eroi e demoni cozza un po’ con il suo attuale look) possa aspirare e fare di meglio.

Ha sempre avuto la fortuna di potersi circondare di artisti e di musicisti di livello eccelso, che hanno saputo affiancare la sua follia e le sue idee. Spesso eccessive e complicate.
Ma è così che si creano i capolavori : andando oltre il proprio limite.

Leviathan III è un po’ più di un semplice compitino, ma ancora troppo poco per gridare al miracolo.
Rimane la speranza per farci stupire ancora in futuro.

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