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Come si scrive un disco di ribellione? È davvero possibile combattere contro gli aspetti più ripugnanti della nostra società e le contraddizioni del nostro tempo? E domanda ancora più importante, siamo sicuri di sapere cosa significa essere liberi?
A tutte queste domande hanno provato a rispondere gli Alma Irata che dal raccordo anulare esplodono nel loro urlo di ribellione che il gruppo romano riconfigura sotto forma di Pillole di inquietudine sociale.
Il disco si articola in vari capitoli, alcuni più eloquenti come “Sai Chi Ha Fatto La Rivoluzione?”, e la sua critica al populismo, a tracce più dirette come “Ogni Santo Giorno”, l’invettiva contro la scelta obbligata tra lavoro e salute che ancora troppe persone sono costretti ad affrontare. Ascoltando le parole di Daniele Longo Ogni santo giorno, Taranto muore, ci accorgiamo che, dopotutto, canzoni di 15 anni fa come “Vieni A Ballare In Puglia” (già molto critica in merito a tematiche come questa) non sono state recepite con la dovuta attenzione. Chissà se il cantante degli “Alma Irata” sarà più fortunato.
Dopo un’opaca “Rito Collegiale” o la meno riuscita “Sola Andata”, il gruppo romano torna a convincere sulle note di “Democricratico” e “Con Garbo”, una traccia trainata dal puntuale bassista Agustin Senatore che ne scandisce i tempi melodici donando maggiore ritmo e varietà.
Nella scrittura dei testi, il disco è per scelta estremamente diretto. Sono infatti rifiutate le metafore e le allegorie in favore di una maggior chiarezza nell’esposizione dei contenuti.
Un’operazione che rende l’opera tutt’altro che ermetica, cruda nel suo essere essenziale e schietta.
Non si tratta di un album complesso o “da scoprire” e sebbene questo possa penalizzarlo nei successivi ascolti, dobbiamo ammettere che se l’obbiettivo è la comunicazione di messaggi sociali di una certa rilevanza, un linguaggio senza fronzoli può risultare più efficace.
Il disco si conclude con “Male Nostrano”, una traccia sebbene forse appena stucchevole, che rappresenta una sostanziale autocritica che nel dipingere una serie di luoghi comuni del Bel Paese, punta a denunciarne in qualche modo l’immobilismo sociale che ne impedisce un reale cambiamento.
Con Pillole di Inquietudine Sociale, gli Alma Irata rimescolano ingredienti hard rock con il punk dei primi anni 90, all’interno di un prodotto che forse non riesce a restituire fino in fondo quell’ “inquietudine” presentataci nel titolo, ma realizzando comunque un’opera coerente con la propria identità sonora.
Un disco coerente, probabilmente senza particolari picchi (nel bene e nel male), le cui invettive seppur sincere e genuine finiscono per perdersi a tratti nel dedalo della propria esigenza espressiva a scapito di una migliore stesura stilistica.