EVERDAWN – Venera

Titolo: Venera
Autore: Everdawn
Nazione: Stati Uniti D'America
Genere: Symphonic Metal
Anno: 2023
Etichetta: Frontiers Records

Formazione:

Alina Gavrilenko: voce
Richard Fischer: chitarra
Alan D’Angelo: basso
Dan Prestup: batteria
Boris Zaks: tastiera


Tracce:

1 Cassiopeia
2 Century Black
3 Silver Lining
4 Karmic Partner
5 Northern Star
6 Justify The Means
7 The Promise
8 Crimson Dusk And Silver Dawn
9 Venera
10 Orion’s Belt
11 Images Everlasting
12 Samsara
13 Truer Words Ever Spoken
14 Beneath The Well


Voto del redattore HMW: 7,5/10
Voto dei lettori: 9.5/10
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Gli americani Everdawn, per chi non lo sapesse, sono il continuo dei defunti Midnight Eternal, che hanno pubblicato il loro omonimo album di debutto nel 2016. Dopo pochi riscontri di vendite e alcuni cambi di formazione, tre anni dopo, la band cambia il proprio nome in Everdawn, inserendo la bravissima cantante Alina Gavrilenko e il famoso bassista Mike LePond degli insuperabili Symphony X. Il quintetto del New Jersay pubblica così il secondo platter, Cleopatra nel 2021 per l’etichetta Sensory Records, facendosi notare mediaticamente con un sound che miscela sapientemente il classico metal infarcito di elementi power di stampo europeo, elementi sinfonici e tocchi prog di tutto rispetto. Oltre all’ugola accattivante di Alina, in questo nuovo capitolo artistico intitolato, Venera, troviamo Richard Fischer alla chitarra, Alan D’Angelo (Last Breed, Power Theory) al basso che sostituisce Mr. LePond, Dan Prestup alla batteria e Boris Zaks alla tastiera. L’opera è molto lunga perché comprende ben quattordici canzoni che per fortuna hanno quasi tutte una durata media di tre minuti, tranne la penultima ed epica, “Truer Words Ever Spoken”, di quasi tredici minuti. Qui la voce pacata di Alina conduce verso il futuro orchestrale e maestoso della band, fatto di uno stuzzicante suono strumentale di puro symphonic e progressive metal. L’abilità melodica e la tecnica dei musicisti è addirittura quasi paragonabile a nomi come Dream Theater, Nightwiswh e naturalmente i Symphony X dell’ex LePond. Gli Everdawn offrono anche atmosfere oscure e profonde riuscendo a miscelare bene diversi generi che ogni componente porta onestamente dal proprio bagaglio musicale.

Lo si capisce dall’apripista, “Cassiopeia”, dall’inizio meraviglioso e scoppiettante in cui le sovrapposte melodie aprano all’universo sonoro del combo, costruito su energici riff di chitarra elettrica e sull’ammaliante timbrica vocale della Gavrilenko. Le sue potenti ed emozionanti tonalità vocali sono quindi il marchio di fabbrica del quintetto americano e le fondamenta per raggiungere il massimo della popolarità. La cupa, “Century Black”, pur mantenendo le proprie basi sul metal sinfonico presenta delle scure melodie, sostenute da una galoppante sezione ritmica e da una micidiale sei corde elettrica soprattutto nel veemente assolo dell’ottimo Richard Fischer. La successiva “Silver Lining”, è invece un martellante power metal impreziosito dalla soave ugola della delicata vocalist e culminante in un melodicissimo ritornello che si stampa ossessivamente in testa per giorni. I grandiosi arrangiamenti orchestrali uniti agli accattivanti riff di chitarra e alla trascinante sezione ritmica portano ad una musica che travalica il semplice symphonic e il tradizionale metal melodico, andando a parare in quella definita oggi giorno come musica “cinematografica”. L’inquietante, “Karmic Partner”, ne è un esempio lampante perché’ oltre ad avere, per via della tastiera, sognanti linee ambientali caratterizzate dalle angeliche corde vocali della singer, offre pure un possente heavy metal di stampo statunitense. I mutevoli cambi di tempo sono pure, insieme ai rallentamenti sonori e atmosferici, un altro punto di forza degli Everdawn che con i campionatori e la keyboard di Boris Zaks riescono a creare degli accordi futuristici e fantascientifici, come nel caso di “Justify The Means”, con le pulitissime tonalità di Alina che accompagnano la carica emotiva e sentimentale del brano. “Promise”, è un altro miscuglio riuscitissimo di sinfonia e di massicci riff di electric guitar, che vedono ancora in primo piano i soliti arazzi di tastiera e la voce operistica della soprana canadese di origine russa.

Siamo a metà della raccolta e la curiosità di continuare questo viaggio di bellezza armonica continua ad essere forte nell’ascoltatore. In effetti la variegata, “Crimson Dusk And Silver Dawn”, non delude le aspettative con l’arpeggio iniziale e classico della chitarra sovrastato dopo pochi secondi da una tastiera spaziale e da una battente e melodicissima chitarra elettrica con la quale Fischer mostra tutto il suo virtuosismo. La progressive track list trasporta poi i timpani metallici dell’ascoltatore nel classico mondo di Alina, che crea volutamente un contrasto con le sonorità metal del pezzo in cui l’unico punto d’incontro è il mieloso e melodico refrain che fa risaltare ancora di più l’esibizione operistica della canadese. Se la precedente, “Venera”, rallenta in generale il ritmo del disco, la veloce, “Orion’s Belt”, riesce a svegliare dal torpore momentaneo con una valanga di stratificati synth e di incisivi riff di chitarra che sfociano in una celestiale e ipnotizzante ritmicità. La cosa che colpisce in positivo è che questi brani non stancano, anzi portano ad andare avanti e ad essere riascoltati come nel caso dell’evocativa, “Images Everlasting”, che, con i suoi assoli chitarristici al fulmicotone mischiati a quelli tastieristici, immerge nell’euforia sonora degli influenti Dream Theater, con la differenza che qui la traccia è cantata da una superlativa ed emergente divinità musicale che batte senza alibi quello che rimane della povera voce di La Brie. La terzultima e ancora power/prog, “Samsara”, si regge su un vortice variegato di note sonore che portano a riflettere sull’esistenza e sulle varie fasi di questa altalenante vita terrena. La Gavrilenko è semplicemente fenomenale deliziando l’anima e il corpo con la sua autorevole estensione vocale ma anche con la sua immensa e delicata sensibilità. Come scritto prima, la chitarra di Richard Fischer è molto presente nell’album spiccando per tecnica, potenza e linee acustiche che aggiunge brevemente anche nell’ultima “Beneath The Well”. Qui il power prog dei Everdawn raggiunse il massimo livello compositivo grazie anche all’apporto nostalgico della tastiera e dell’ugola malinconica della vocalist canadese.

Per il resto la produzione e il mixaggio di Jacob Hansen, famoso per aver lavorato con gli Amaranthe e i Delain è qualitativamente eccezionale. Non vi resta altro che ascoltare e apprezzare Venera senza tentennamenti e perdite di tempo in quanto la performance vocale della cantante è molto originale in questo contesto colmando in parte la lacuna dell’utilizzo di molti stili sonori già utilizzati nel panorama metal internazionale.

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