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Recensione scritta da René Urkus
Sulla scena power metal, i Manticora sono certamente una delle formazioni più originali, ma anche una di quelle che ha raccolto molto meno di quanto avrebbe meritato. Con una originalissima miscela di power, thrash ed extreme metal, i danesi hanno dagli inizi un sound perfettamente riconoscibile, e a giudizio di chi scrive hanno dato il proprio meglio nella seconda metà degli anni 2000, con “8 Deadly Sins”, e soprattutto con le due parti di “The Black Circus”; tuttavia ancora oggi la loro musica resta interessante, e “Mycelium”, decimo disco in carriera, è qui a dimostrarlo.
Vediamo allora la tracklist. La opener “Necropolitans” ci ripresenta l’imponente wall of sound caratteristico dei nostri: un power/thrash ansiogeno, martellante, cupissimo, con il cantato melodico eppure disperato di Lars F. Larsen a dominare il tutto. “Demonday” fa ancora ‘meglio’, sconfinando in un inquietante blackened power dove tutto sembra correre in modo maligno e rabbioso. “Angel Of The Spring” ci fa tirare il fiato: è un brano sempre molto ‘tirato’, ma non sembra in caduta libera, e a duettare con Lars c’è una voce femminile di cui la nota stampa non fornisce le generalità, ma che stempera la tensione. Si torna subito ad una estrema violenza sonora con “Golem Sapiens”, che si sposta anche sul prog, con passaggi di chitarre pesantissime alla Symphony X; “Beast Of The Fall” contiene il massimo di ‘melodia’ (si fa per dire) che possiate trovare in un disco come questo, e forse per questo motivo è stata scelta come singolo. “Mementopolis” mescola atmosfere solenni e sfuriate ancora una volta vicine al black, prima che la conclusiva “Dìa De Los Muertos” si conceda un altro refrain ‘cantabile’ (si fa sempre per dire).
Nei brani di Mycelium non ci sono più le novità sonore che lasciarono a bocca aperta i power metallers quindici (o forse venti) anni fa, e la formula è perfettamente consolidata; ma i Manticora certamente si stagliano in modo netto dal così detto ‘calderone’, con una personalità oscura e perturbante. Un disco che merita attenzione nell’ascolto, ma che lascia il segno.