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Recensione scritta da René Urkus
Quando ascoltai per la prima volta gli Skiltron, con il loro debutto The Clans Have United, mi stupii moltissimo del fatto che fossero argentini: il loro power/folk metal era così europeo (con sonorità, facile immaginarlo, spiccatamente scozzesi) che pensai di aver letto male la provenienza sul loro sito! Era il lontano 2006, e da allora i sudamericani non solo hanno composto altri quattro album, ma hanno compiuto la scelta, coraggiosissima, di trasferirsi in Finlandia, diventando così ancora più europei! Bruadarach è dunque il loro sesto disco: della formazione originale resta ormai soltanto il leader Emilio Souto, ma per la strada i nostri hanno acquisito anche un cantante italiano, il bravo Paolo Ribaldini.
Dopo la intro di cornamuse, “As We Fight” è il più classico e squillante power/folk metal d’annata: fa sempre un certo effetto, ad ascoltare queste cristalline melodie alla ‘Braveheart’, pensare che Souto sia di Buenos Aires… menzione speciale per il refrain, epico e stentoreo. Un impianto sonoro più leggero, con la parte folk ridotta al minimo, ma un altro grandissimo ritornello per “This Battle Is On My Own”; “Proud To Defend” è un inno marziale e maestoso, che grazie al suono squillante delle cornamuse e ai bei cori mantiene sempre un mood luminoso. Sostenuta e ariosa anche “I Am What I Am”, mentre l’energica “Rob Roy” celebra l’eroe scozzese e le sue gesta. La tracklist non lunghissima (44 minuti, comprensivi di tre strumentali) contribuisce alla riuscita dell’insieme, che non si disperde in divagazioni.
Quando gli Skiltron hanno iniziato, alla metà degli anni 2000, la scena pullulava di sonorità come le loro: oggi la band è quasi una mosca bianca, che dunque consiglio a tutti i nostalgici dell’ondata pagana che travolse il metal in quegli anni, quando sembrava che il folk potesse legarsi a qualunque altro genere.