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Un gradito ritorno in studio questo Hell, Fire And Damnation degli inglesi Saxon, marchio numero 24 in una carriera lunghissima che ha segnato e continua a segnare la storia della musica Heavy.
Partiamo subito dicendo che l’album è un vero motore di “New Wave Of British Heavy Metal” di cui i Saxon sono sempre stati fra i grandi portavoce, ma che sicuramente non hanno goduto della stessa gloria e fama come altre band loro conterranee, siano esse gli Iron Maiden o i Judas Priest. Ma loro, i Saxon, c’erano all’epoca, Strong Arm Of The Law, resta un caposaldo della storia della musica pesante, così come lo è la voce di Peter “Biff” Byford, 73 anni, che anche su questo ultimo lavoro riesce a tirar fuori dal cilindro una performance davvero ottima.
Va aggiunto che Paul Quinn, storico chitarrista e fondatore, è stato sostituito dal pur bravo Brian Tatler, già in forze nei Diamond Head, in accoppiata con Doug Scarrat, quindi non era scontata la stessa riuscita delle canzoni. Ma grazie sicuramente alla lunghissima esperienza i cinque anglosassoni sono riusciti a confezionare un gran lavoro, grazie anche al buon lavoro in mix e master di Andy Sneap, che sebbene non faccia brillare di modernità il sound della formazione inglese, rende giustizia a tutta la discografia dei Saxon. Chiude il cerchio produttivo la accattivate copertina ad opera di Péter Sallai (già al lavoro con Sabaton, Powerwolf e molti altri).
La traccia di apertura, “The Prophecy” vede come ospite l’attore britannico Brian Blessed, che sontuosamente introduce alla titletrack, primo marchio di fabbrica della band nata nello Yorkshire, un classico inno heavy metal con un ritornello strutturato benissimo per esser proposto live, con i cori cantati dal pubblico, nella sua semplicità riesce ad essere sempre incisivo.
L’intro di basso di Nibs Carter apre uno dei brani più particolari del disco, con una vena melodica più accentuata, ovvero “Madame Guillotine”. “The Revolution Came” canta Biff, parlando della Rivoluzione Francese e come questo brano quasi tutti i dieci che compongono “Hell Fire And Damnation” saranno incentrati sulla storia, come la pesante “There’s Something In Roswell” che se non brilla per originalità, funziona molto bene sulla sua ritmica classica. “Kubla Khan and the Merchant of Venice” risulta sicuramente una elle canzoni più convincenti, heavy fino al cuore, con un tappeto di doppia cassa mai esagerato che accompagna tutte le strofe e i ritornelli, segnati dalla storia di Marco Polo, mercante di Venezia.
Il disco non cerca mai di trovare qualcosa di nuovo nella sonorità dei Saxon e segue le orme già tracciate con i precedenti album, soprattutto “Carpe Diem” del 2022. Ma bisogna anche dare atto a Biff e soci che della costanza han fatto un marchio di fabbrica e siccome questo genere hanno contribuito a crearlo parecchi anni fa, dove con parecchi si intendono proprio le origini, possiamo confermare la bontà del prodotto e stare tranquilli su un’ottima resa live, magari proprio a Milano nella prossima data con i Judas Priest.
Intramontabili!
E’ un bel disco, ma non me la sento di osannarlo. E’ Heavy metal incontaminato, ma forse oggi Metal Church e Wolf fanno meglio. Di sicuro l’ultimo dei Judas lo batte alla grande. In ogni caso me lo sono sentito più volte perchè ha il giusto feeling e regala belle sensazioni.