METAL DE FACTO – Land Of The Rising Sun – Part I

Titolo: Land Of The Rising Sun – Part I
Autore: Metal De Facto
Nazione: Finlandia
Genere: Power Metal
Anno: 2024
Etichetta: Rockshots Records

Formazione:

Aitor Arrastia – Voce
Esa Orjatsalo – Chitarre
Mikko Salovaara – Chitarre
Sami Hinkka – Basso
Atte Marttinen – Batteria
Benji Connelly – Tastiere


Tracce:

01. Rise Amaterasu
02. Code Of The Samurai
03. Heavier Than A Mountain
04. Slave To The Power
05. Divine Wind
06. To Tame The Steel
07. Superstars
08. 47 Ronin


Voto del redattore HMW: 7/10
Voto dei lettori: 9.8/10
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Recensione scritta da René Urkus

I finlandesi Metal De Facto, che vantano fra le proprie file il bassista (e importante compositore) degli Ensiferum Sami Hinkka, si erano fatti notare qualche anno fa non solo per il loro nome, originale e accattivante, ma anche per il loro debutto, Imperium Romanum: il singolo “Conqueror” era davvero ben fatto, e mi aveva indotto all’acquisto del disco, buon esempio di quello che il power metal scandinavo può ancora offrire. Con un nuovo cantante (peccato per l’addio di Mikael Salo, che aveva un bel timbro graffiante), i nostri tentano oggi di bissare la buona riuscita del primogenito con la prima parte di un concept dedicato al Giappone.

“Rise Amaterasu” si mantiene ben sospesa fra la dimensione sinfonica, certamente preponderante, e un certo afflato epico, soprattutto nel ritornello. “Code Of The Samurai” è già nota per aver circolato come singolo, e la scelta è sicuramente giusta: il brano è diretto e incisivo senza essere scontato, e il ritornello è vincente. Intenso anche il lungo mid-tempo “Heavier Than A Mountain”, mentre “Slave To The Power” è una canzone veloce e allegra, dal galoppare maideniano. Poi purtroppo i nostri indulgono alle tendenze danzerecce del momento, che a giudizio di chi scrive stanno rovinando il power metal, e lanciano con “Tame The Steel” e “Superstars” il loro tentativo di mettersi nella scia di Angus McSix, Battle Beast e compagnia bombastica, per fortuna non esagerando nei toni e restando al di qua del ridicolo. A chiudere l’album i dodici minuti di “47 Ronin”, che forse avrebbe potuto osare qualche cambio di marcia e di atmosfera in più.

In definitiva, mi sembra si possa attestare che Land Of The Rising Sun – Part I sia leggermente inferiore al suo predecessore, pur restando un album godibile e, in un paio di passaggi, anche assai coinvolgente.

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