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Recensione scritta da René Urkus
I finlandesi Metal De Facto, che vantano fra le proprie file il bassista (e importante compositore) degli Ensiferum Sami Hinkka, si erano fatti notare qualche anno fa non solo per il loro nome, originale e accattivante, ma anche per il loro debutto, Imperium Romanum: il singolo “Conqueror” era davvero ben fatto, e mi aveva indotto all’acquisto del disco, buon esempio di quello che il power metal scandinavo può ancora offrire. Con un nuovo cantante (peccato per l’addio di Mikael Salo, che aveva un bel timbro graffiante), i nostri tentano oggi di bissare la buona riuscita del primogenito con la prima parte di un concept dedicato al Giappone.
“Rise Amaterasu” si mantiene ben sospesa fra la dimensione sinfonica, certamente preponderante, e un certo afflato epico, soprattutto nel ritornello. “Code Of The Samurai” è già nota per aver circolato come singolo, e la scelta è sicuramente giusta: il brano è diretto e incisivo senza essere scontato, e il ritornello è vincente. Intenso anche il lungo mid-tempo “Heavier Than A Mountain”, mentre “Slave To The Power” è una canzone veloce e allegra, dal galoppare maideniano. Poi purtroppo i nostri indulgono alle tendenze danzerecce del momento, che a giudizio di chi scrive stanno rovinando il power metal, e lanciano con “Tame The Steel” e “Superstars” il loro tentativo di mettersi nella scia di Angus McSix, Battle Beast e compagnia bombastica, per fortuna non esagerando nei toni e restando al di qua del ridicolo. A chiudere l’album i dodici minuti di “47 Ronin”, che forse avrebbe potuto osare qualche cambio di marcia e di atmosfera in più.
In definitiva, mi sembra si possa attestare che Land Of The Rising Sun – Part I sia leggermente inferiore al suo predecessore, pur restando un album godibile e, in un paio di passaggi, anche assai coinvolgente.