MOURNING DAWN – The Foam Of Despair

Titolo: The Foam Of Despair
Autore: Mourning Dawn
Nazione: Francia
Genere: Death Doom Metal
Anno: 2024
Etichetta: Aesthetic Death, Tragedy Productions, Depressive Illusions

Formazione:

Frédéric: chitarra
Laurent: chitarra, voce, basso, tastiera
Nicolas: batteria
Vincent: basso
[non dichiarato]: programmazione
[non dichiarato]: campionamenti
Adrien Armois (ospite): saxofono su “Tomber Du Temps”
Déhà (ospite): voce aggiunta su “Blue Pain”
Judicael Denece (ospite): programmazione aggiunta su “Suzerain”
Fabien Longeot (ospite): assolo di chitarra su “Suzerain”


Tracce:

01.   Tomber Du Temps
02.   Blue Pain
03.   Borrowed Skin
04.   Apex
05.   Suzerain
06.   The Color Of Waves
07.   Midnight Sun


Voto del redattore HMW: 7/10
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Con l’avanzare dall’età i decenni appaiono brevi.

Sebbene sia naturale patirne lo scorrere, in tutti i sensi e con tutti i sensi – in vista della fine, in virtù della sua ineluttabilità –, il tempo acquista ai nostri occhi un nuovo peso, diluito com’è nell’impietoso mare dei giorni. Io e gli altri consideriamo quantomeno recenti i gruppi in attività dal 2001 in poi. Diluita anch’essa (nel mare dell’offerta globale), la sigla Mourning Dawn esiste sicché da poco: a rappresentazione solistica dal 2002 al 2005, come complesso di lì ad oggi (con lo strapotere di Laurent mai in discussione). Un gruppo recente. Un gruppo dalle qualità, quantità e credibilità consolidate, così come consolidato è il rapporto con l’Aesthetic Death, etichetta mai paga né di brama né di vigore.

Senza insinuarsi ora in una cronologia enciclopedica del loro passato discografico, sia detto solamente che costoro hanno generato materiale sufficiente a crearsi, ne sono certa, una propria nicchia di affezionati e uno stile che, per quanto non rivoluzionario, è ormai il loro mantello ruvido che sventola sotto i rigori della notte. Un death doom dai toni taglienti, che i superficiali bolleranno come annerito abbindolati dalle alte frequenze, di retaggio ibrido.

Rispetto a Dead End Euphoria, meno parti veloci, vocalità meno corrosiva, più sintetizzatore. La disperazione s’è attenuata ed è subentrato lo smarrimento. Il portamento generale è meno austero; la produzione più inorganica.
La splendida struttura inglese di “Blue Pain” affonda i polsi nell’anima degli Anathema; imperiosa e insieme tragica, mosca grigia in un album già schiarito e forse troppo. L’annaspare di “Tomber Du Temps” lungo la rupe e il suo miglior baratro, il filarino elettronico di “Suzerain”, le dissonanze e reiterazioni di “Borrowed Skin”. Il canovaccio dei Mourning Dawn si è tinto di nuove fantasie ma è un peccato che la centralizzazione della scrittura nelle mani del maître non lasci realmente profilare i suoi compagni. Un’occasione mancata, in quello che è probabilmente il loro lavoro meno glaciale – ed io parteggio per il freddo. Un’occasione mancata che dovrà far riflettere, perché la tensione si è allentata e la distrazione è una predatrice che sa attendere.

 

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